È stato presentato pochi giorni fa alla Camera dei Deputati di Roma il Rapporto Svimez 2015 sull’economia del Mezzogiorno. Uno studio che tra luci e ancora troppe ombre illustra lo stato dell’economia nelle nostre regioni meridionali nel settimo anno della crisi economica e finanziaria del sistema Italia.
Se è vero che in Europa qualche dato migliora e che anche per l’Italia il 2015 ed il 2016 dovrebbero confermare un trend di ripresa, per il Mezzogiorno italiano, secondo Svimez, “Lo sforzo deve essere quello di concentrarsi su una positiva, forte e necessaria discontinuità”, se non si vuole perdere il treno, con focus sulle nuove opportunità che l’innovazione offre ad imprese ed enti pubblici.
Queste sono indicate dallo studio nelle fonti energetiche rinnovabili, nei progetti di rigenerazione urbana, nelle Città metropolitane, nell’industria culturale, nella valorizzazione dei beni culturali e dei tesori ambientali per una avanzata industria dei servizi nel settore turistico.
La riqualificazione ambientale, il riuso dei suoli, il raggiungimento dell’efficienza energetica tramite l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, la promozione di una mobilità sostenibile e il lancio di progetti smart city, sono solo alcuni dei fattori economici più significativi su cui soffermarsi.
Il documento sottolinea, tra l’altro, come gli interventi di rigenerazione urbana richiedono, sia il coinvolgimento del sistema istituzionale, con l’avvio di un processo di innovazione generale della Pubblica Amministrazione, sia la partecipazione attiva del tessuto economico e sociale (smart community, innovazione ed inclusione sociale), con la mobilitazione qualificata delle imprese della filiera della riqualificazione urbana e dei settori della green economy e l’apporto creativo e qualificante delle comunità locali e del “terzo settore”.
Investire nelle potenzialità di sviluppo delle energie pulite (clean energy) rappresenta il presupposto imprescindibile per contribuire a superare le debolezze dell’Italia in campo energetico e, quindi, a ridurre la sua dipendenza dalle importazioni di energia, diminuire la bolletta energetica, arricchire la filiera produttiva nazionale e favorire lo sviluppo di nuove attività in settori innovativi, compresa una solida industria manifatturiera di settore, ad oggi carente.
Per i tre settori delle nuove “fonti rinnovabili” (solare, eolico e bioenergie), diversamente dalle due fonti rinnovabili “tradizionali”, idroelettrico e geotermico, per le quali si riscontra una netta concentrazione nel Centro-Nord (con quote dell’84% e del 100%), è nel Mezzogiorno che si localizza la quota prevalente della potenza installata, che raggiunge complessivamente il 53%. Nell’eolico, in particolare, il Sud occupa un ruolo indiscusso, con la quasi totalità (96,7%) di potenza installata nella macro area.
Prendendo come spunto di riflessione il progetto di una Napoli geotermica e carbon free, su un fabbricato di 10 unità abitative, il risparmio sarebbe di circa 6600 euro all’anno per fabbricato (660 euro l’anno per famiglia), con un impatto annuo sul Pil napoletano dell’1,4%. Ipotizzando di avviare all’investimento, come primo intervento, il 25% del patrimonio residenziale della città di Napoli (10.188 edifici) la stima dell’investimento sarebbe di circa 510 milioni di euro l’anno, più 100 di manutenzione. I posti di lavoro creati potrebbero essere circa 1 5mila nei quattro anni. La riqualificazione dei fabbricati comporterebbe anche un aumento del valore immobiliare degli stessi.