L’attesa per la riforma delle norme europee sulle tlc è finita 5 giorni fa, con la presentazione, tra le altre cose, di un nuovo codice delle comunicazioni elettroniche contenente nuove norme per stimolare gli investimenti e un piano d’azione per avviare in tutta la Ue, a partire dal 2018, l’installazione del 5G.
Le aspettative erano molto alte, anche alla luce del fatto che il Digital Single Market è uno dei pilastri della Commissione targata Jean-Claude Juncker oltre che un prerequisito fondamentale per il rilancio della leadership tecnologica della Ue, delle sue aziende, amministrazioni pubbliche e per il benessere dei cittadini.
All’indomani della presentazione del nuovo ambizioso piano, gli analisti Stephen Pearson e Marcus Pepperell di FTI Consulting hanno fatto il punto sugli obiettivi e i possibili effetti della riforma su tutte le parti coinvolte.
Dove sta andando la Commissione?
Secondo la Commissione l’attuale quadro normativo delle telecomunicazioni ha funzionato bene nel promuovere la concorrenza e nel fornire ampia scelta ai consumatori; ma l’emergere di nuovi operatori e i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori per i servizi basati sui dati impongono degli aggiustamenti per consentire l’ulteriore sviluppo di nuovi servizi innovativi. La Commissione vira pertanto sulla fibra che, rispetto al rame, risulta più conveniente, in grado di garantire velocità maggiori e, soprattutto, è a prova di futuro.
Essenziali per lo sviluppo della fibra sono gli investimenti privati: per incoraggiarli, alle aziende sarà offerto un trattamento preferenziale tramite una miscela di deregulation, maggiore accesso alle reti e la promessa di creare, finalmente, parità di condizioni per tutti gli operatori che forniscono servizi simili – il tanto declamato principio “stesso servizio, stesse regole”.
Chi vince, chi perde.
“Per molti versi, la Commissione ha fatto i compiti a casa. Il processo di consultazione è stato esteso. Sono stati affrontati e riconosciuti i punti di vista di una vasta gamma di parti interessate. Non esiste un’unica soluzione. Non ci sono vincitori assoluti, ne perdenti assoluti. L’obiettivo resta quello di trovare un equilibrio tra imprese e consumatori al fine di garantire che l’Europa resti innovativa, competitiva e connessa”.
Gli operatori storici.
Saranno soddisfatti della decisione della Commissione di estendere il campo di applicazione normativo anche ai nuovi player; ma delusi dal fatto che, nel tentativo di aprire l’accesso alle reti per incoraggiare gli investimenti, rischiano di perdere la presa sulle loro infrastrutture.
I nuovi player.
Saranno soggetti a regolamentazione e, quindi, ai requisiti e agli oneri che finora erano riusciti ad evitare. Il lato positivo è che la Ue ha deciso di non intervenire a tappeto ma di prendere di mira solo i servizi equivalenti a quelli offerti dagli operatori tradizionali.
Gli Stati membri.
Saranno impressionati dalle proposte della Commissione di armonizzare lo spettro radio; molti di loro si sono ben guardati dal retrocedere dalle loro posizioni e sicuramente non rinunceranno facilmente alle loro risorse frequenziali.
Ma le aziende che sviluppano servizi innovativi saranno incoraggiati dall’azione della Commissione che dovrebbe permettere loro di offrire servizi innovativi in tutta la Ue.
I regolatori
I regolatori – in particolare il BEREC (l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche) – escono con un ruolo molto rinforzato, con la possibilità di monitorare il mercato e stabilire se vi sia necessità di un intervento normativo. I servizi attualmente non regolamentati guarderanno nervosamente in direzione del BEREC, sperando di sfuggire al suo occhio vigile.
E ora?
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente Juncker ha nominato tra le priorità l’accesso wireless universale e il 5G. Queste tecnologie permetteranno di creare oltre 3 milioni di nuovi posti di lavoro. la Commissione spera in un accordo politico entro il 2018, ma con questioni molto più pressanti in agenda – Brexit, immigrazione, sicurezza – resta un po’ di scetticismo sulla reale capacità di centrare l’obiettivo.
Diversi i nodi da sciogliere, in primis la riluttanza degli Stati membri a cedere sovranità sulla gestione dello spettro radio per finire alla riluttanza degli incumbent ad aprire le loro reti ai concorrenti
Le aziende saranno abbastanza incentivate a investire anche alla luce degli ostacoli posti dall’antitrust sulla via del consolidamento, che permetterebbe loro di raggiungere una scala più adeguata agli investimenti?
Conclusioni
Alla Commissione va riconosciuto il merito di non aver scelto la via più facile, semplicemente applicando la regolamentazione indistintamente a tutti i player. Per questo Bruxelles ha avuto il merito di riconoscere che un mix di regolamentazione mirata e deregulation è la ricetta migliore per incoraggiare investimenti e concorrenza e per sviluppare nuovi innovativi servizi.
Il pericolo è però che alcuni fattori destabilizzanti – come la Brexit e l’intransigenza del Commissario antitrust Margrethe Vestager – spingano le compagnie che vogliono investire, soprattutto quelle non europee a mettere in stand by i loro progetti.