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Riforma Rai, presto in Senato ma i tempi si allungano

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Il tempo stringe per la riforma Rai. Timing serrato per i lavori in Aula ma sarà possibile farcela entro agosto?

Il premier Matteo Renzi è convinto di sì e anche il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli è speranzoso: “Abbiamo tutta l’intenzione di farcela“.

Restano però altre questioni urgenti sul tavolo del governo, in primis il ddl scuola, che potrebbero rallentare ulteriormente l’agenda e far arrivare a ridosso della pausa estiva per poi far slittare il voto della Camera a settembre.

Possibilità già considerata da Palazzo Chigi che prospetta il mantenimento dell’attuale Cda in regime di prorogatio per evitare di fare le nuove nomine con la vecchia legge Gasparri.

Ma la strada è irta di ostacoli con il M5S pronto a dar battaglia sugli emendamenti e Forza Italia sulle barricate che ha già negato il possibile accordo Berlusconi-Renzi sui vertici di Viale Mazzini.

Oggi in audizione in Commissione di Vigilanza, nell’ambito dell’indagine conoscitiva su identità e missione del servizio pubblico, Giacomelli ha dichiarato che oltre alla riforma della governance e al rinnovo dei vertici Rai “il governo si trova ad affrontare altre due importanti questioni: da un lato la modifica del canone, del sistema di finanziamento del servizio pubblico, e dall’altro il rinnovo della concessione alla Rai che scadrebbe nel prossimo ma che – confermo – il governo ha intenzione di anticipare anche per metterlo in relazione con il lavoro fatto sul contratto di servizio“.

Il Sottosegretario ha poi assicurato che la riforma Rai “arriverà nei prossimi giorni in aula del Senato e sul canone c’è una delega al governo. Io penso che vadano valutate diverse formule. La mia opinione è che si poteva intervenire già da quest’anno: un intervento è necessario non solo per garantire certezza di risorse, ma anche perché lo stato non deve dare in nessun modo l’impressione di tollerare un’evasione così diffusa. Immagino che dall’autunno debba partire un dibattito sul nuovo servizio pubblico e sulla trasformazione di Rai”.

Passaggio anche sull’Ipo della società delle torri RaiWay, il Sottosegretario ha ricordato che “si è conclusa positivamente e consente di riflettere su ulteriori sviluppi che devono essere compiuti. Non abbiamo preclusioni – ha spiegato – a valutare l’opportunità di processi di aggregazione”.

Riguardo alle tv locali, Giacomelli ha indicato “c‘è l’esigenza di rivedere il rapporto con le realtà locali. E’ matura una riflessione sul ruolo che svolgono le emittenti locali, che io penso debba trovare una più precisa definizione di valore nell’ordinamento, con il riconoscimento di una funzione di preminente interesse pubblico”.

Il Sottosegretario ha poi sottolineato che “il modo in cui è stato applicato il contratto di servizio può essere il passo per cominciare a delineare meglio il processo di trasformazione che a nostro avviso deve riguardare la Rai e che riguarda il servizio pubblico“.

Ha un senso, ha detto ancora il Sottosegretario, che continui ad esistere il servizio pubblico radiotelevisivo “a patto che noi siamo capaci di ridefinire profondamente che cosa noi intendiamo per servizio pubblico, di attualizzare il ruolo che questa funzione deve avere”.

“Credo che il servizio pubblico, nel rispetto del pluralismo, soprattutto di un pluralismo culturale prima ancora che di altro tipo – ha aggiunto Giacomelli – debba essere in grado di fornire ai cittadini gli strumenti per valutare, per interpretare la massa di informazioni che con modalità diverse arriva a ciascuno. Debba cioè, evitando il rischio di ripetere un modello pedagogico paternalistico che appartiene al passato, fornire laicamente ad ogni persona gli strumenti per essere consapevolmente in grado di valutare autonomamente le notizie, i fatti, le dinamiche, che sembrano lontane ma che nella globalizzazione toccano invece da vicino le nostre vite”.

“Dentro a questa riflessione – ha osservato Giacomelli – c’è anche il processo di cambiamento avviato con il progetto di superamento della tripartizione dell’informazione che identificava il pluralismo con la lottizzazione e che era figlio di accordi politici nati nel 1975″.

Penso – ha concluso – che la Rai non solo debba sperimentare la contaminazione dei linguaggi delle nuove tecnologie ma che debba aiutare la popolazione in una sorta di alfabetizzazione in questa direzione. La Rai ha sempre svolto questa funzione, anche quando si trattò di unificare la lingua italiana. Le modalità con cui quel processo avvenne non sono ripetibili e il digital divide andrà affrontato in maniera diversa con modalità espressive diverse. Un processo che Rai ha comunque iniziato”.

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