Il Premier Matteo Renzi è al lavoro sulla riforma della governance Rai. A quanto apprende Key4biz il Presidente del Consiglio, aiutato da due fidati collaboratori e con l’ausilio di un comitato di esperti, sta ultimando un articolato progetto che sarà presentato al prossimo CDM per poi passare al Parlamento.
Al momento sono tre le questioni più calde, su cui il confronto appare serrato anche all’interno del Partito democratico dove le posizioni non sono unanimi: una è quella che riguarda il futuro ruolo della Commissione parlamentare di Vigilanza; l’altra è la nomina (annunciata da Renzi nella conferenza stampa di giovedì scorso) della maggioranza dei componenti del Consiglio d’amministrazione Rai da parte del Parlamento in seduta comune che solleva evidenti dubbi di costituzionalità; la terza è la possibilità di cancellare il canone.
In merito alla Vigilanza, a quanto risulta a Key4biz, c’è stato un acceso confronto nella riunione al Largo del Nazareno dove il Premier Renzi e il Sottosegretario Giacomelli hanno incontrato i parlamentari del Pd delle Commissioni di Vigilanza e Trasporti per parlare di Rai prima dell’ultimo CDM.
Il nodo della Commissione di Vigilanza
Pare che Renzi e Matteo Orfini, in controtendenza rispetto agli altri del Pd, non condividano la linea di ridisegnare il ruolo della Vigilanza, svuotandola dagli attuali poteri di controllo sulla Rai.
Il Premier e il presidente del Pd vorrebbero che la Vigilanza conservasse il compito di sorveglianza dei servizi radiotelevisivi.
Ma sembra che all’interno del partito ci sia invece la volontà di modificare l’organo per trasformarlo in una più generale Commissione Media che si occupi in modo ampio di tutti i mezzi di comunicazione.
Molto più tranchant il M5S che nella propria proposta di legge chiede invece la totale cancellazione della Vigilanza per raggiungere l’obiettivo di “tenere la politica fuori dalla Rai”.
Il nodo della nomina del Cda Rai
Per sapere cosa deciderà Renzi in merito bisognerà aspettare il prossimo Consiglio dei Ministri, quando sarà presentata la riforma, ma al momento appare certo che il Premier non voglia realizzare quello strappo tra Rai e partiti, auspicato da più parti.
Questo è emerso chiaramente dopo l’ultimo CDM, quando ha lasciato intendere che il modello che seguirà per cambiare la governance della Tv pubblica non sarà quello duale, sebbene abbia parlato di nomina in Cda Rai di un rappresentante dei dipendenti che è tipico dei sistemi duali, ma uno più ordinario che prevede la trasformazione della Rai in una SPA, la figura di un amministratore con maggiori poteri rispetto all’attuale direttore generale e un Cda più snello con riduzione dei componenti da nove a cinque, massimo sette.
La questione è: chi eleggerà i membri?
Il governo, ha detto Renzi, nominerà l’amministratore mentre “la maggioranza dei membri saranno eletti dal Parlamento in seduta comune”.
Pare che il Premier pensi addirittura a tre membri eletti dal Governo e quattro dal Parlamento ma su una simile proposta ci sarebbe una levata di scudi da parte di chi ci vedrebbe un chiaro sbilanciamento del potere a favore dell’esecutivo.
Su questo punto il Premier non potrà, però, non tenere conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 225 del 1974 sul sistema radiotelevisivo che al punto 8/a stabilisce che “gli organi direttivi dell’ente gestore (si tratti di ente pubblico o di concessionario privato purché appartenente alla mano pubblica) non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l’obiettività“.
Una bella gatta da pelare per Renzi visto che accanto a questo aspetto restano anche i chiari dubbi sull’effettiva costituzionalità di far eleggere la maggioranza dei membri del Cda Rai dal Parlamento in seduta comune. Su questo Renzi dovrà trovare una soluzione visto che l’articolo 55, comma 2, della Costituzione recita che “Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione”.
Tra questi casi ci sono l’elezione del Presidente della Repubblica, l’elezione di un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura e l’elezione di cinque membri della Corte costituzionale.
Che il Governo voglia cambiare anche questa parte della Costituzione per aggiungere l’elezione del Cda Rai?
Nelle proposte iniziali sulla riforma della governance Rai si parlava di maggiori poteri al management adesso, dopo le parole di Renzi, è chiaro che bisognerà trovare una nuova formula che assicuri comunque un bilanciamento.
Il nodo del canone
Altra questione insidiosa è quella rappresentata dal canone Rai. Renzi ha detto che intende eliminarlo.
Giacomelli aveva sempre parlato di recuperare la forte evasione con un dimezzamento del canone, circa 60-65 euro contro gli attuali 113 euro, legandolo alla bolletta elettrica.
Una possibilità messa da parte dal Governo e respinta anche dalle Associazioni dell’energia che si sono dette “assolutamente contrarie”.
Il problema resta. Parliamo di un’evasione dell’ordine del 26% circa, come ha fatto notare la settimana scorsa la Corte dei Conti, superiore di quasi 19 punti percentuali rispetto alla media europea.
Adesso il Premier vorrebbe cancellare del tutto il canone, ma questo significherebbe sottrarre 1,7 miliardi di euro alle casse Rai.
Renzi troverà un’altra soluzione per assicurare comunque questa entrata o sta pensando a una Rai totalmente finanziata dalla pubblicità?