L’iter parlamentare del Ddl Rai non sarà per niente facile. La riforma, così come concepita dal premier Matteo Renzi, non piace e non solo all’opposizione (Vai al Decreto).
A quanto apprende Key4biz crescono, infatti, le tensioni proprio all’interno del partito del Presidente del Consiglio e c’è chi è pronto a giurare che i tempi della riforma della governance non saranno così brevi, come auspicava il premier. Secondo il parere di alcuni esperti, potrebbe slittare addirittura al prossimo autunno.
Sul ddl ci sarà battaglia col rischio che non si riesca a rispettare il termine di giugno per l’approvazione del testo e per fare in modo di eleggere i nuovi vertici di Viale Mazzini (in scadenza a maggio, ndr) con le nuove regole.
Già un primo rinvio è stato determinato dal necessario passaggio del decreto al Quirinale prima dell’arrivo in Senato.
A darne notizia, ‘per cortesia istituzionale’, è stato lo stesso Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, che in Commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama ha spiegato i motivi del rinvio di circa una settimana.
Il provvedimento, infatti, deve essere controfirmato dal Presidente della Repubblica in quanto si tratta di un atto del governo, anche se non è un decreto.
Si tratterebbe di una mera formalità, che però allunga i tempi, che non dovrebbe riservare sorprese, a meno che Mattarella non faccia dei rilievi anche se, per Giacomelli, non dovrebbe essercene motivo.
Aumentano intanto le tensioni e, stando a quanto apprende Key4biz, l’approvazione non sarà di certo una passeggiata.
I problemi erano già emersi prima della presentazione della riforma Rai di Renzi.
Già nella riunione al Largo del Nazareno il Pd non era apparso compatto, specie sul ruolo della Commissione di Vigilanza che alcuni avrebbero voluto cancellare.
Ma a non convincere sono anche altre questioni, come i criteri di nomina del nuovo Cda Rai, al punto che i senatori di minoranza hanno presentato un loro disegno di legge che rilancia il sistema duale, messo da parte da Renzi, con un Consiglio di gestione e uno di sorveglianza.
Il confronto, proprio all’interno del Pd, si è acceso ulteriormente con la presentazione di questo ddl con scambio di battute al vetriolo da parte dei sostenitori di Renzi e della minoranza del Pd.
Le tensioni sembrano però alquanto evidenti.
Renzi dovrà fare i conti non solo con i partiti d’opposizione, in primis Forza Italia e il M5S, ma anche con i suoi avversari all’interno del Pd.
Un punto sembra certo, questa non riforma non piace e non si presenta come quella tanto decantata rivoluzione che avrebbe modificato alla radice la governance Rai.
Le questioni più importanti, quali il canone e il rinnovo della concessione del servizio pubblico, restano ancora sul tavolo.
Per il canone (sul quale c’è già la delega al governo), durante la presentazione del Ddl del sono emerse le differenze tra Giacomelli (‘non sono della scuola del Presidente del Consiglio’), che vorrebbe un’imposta più bassa e commisurata alla capacità di spesa degli utenti magari anche legandola alla bolletta elettrica, e Renzi che ne vorrebbe l’eliminazione, per lasciare che sia la fiscalità generale a pagare il servizio pubblico.
Sulla concessione, che scadrà a maggio del prossimo anno, ci saranno altri problemi e da lì che secondo alcuni si vedrà cosa veramente intende fare il governo per la Rai e c’è già chi grida al rischio privatizzazione.
La situazione appare molto complicata.
In ogni caso, bisognerà attendere la prossima settimana quando il ddl Rai approderà in Commissione lavori pubblici del Senato e dove ne potremo vedere delle belle.