È stata vinta una battaglia, ma non la guerra contro i giganti del web. Si può sintetizzare così il voto di ieri con cui il Parlamento europeo ha votato in modo favorevole, a larga maggioranza, la direttiva e gli emendamenti per riformare il diritto d’autore nell’Ue con l’introduzione di un nuovo diritto connesso, grazie al quale editori di giornali, giornalisti e autori di contenuti protetti dal copyright hanno il diritto di ricevere “un equo compenso” dai Big del web. Allo stesso tempo a Google, Facebook, YouTube è attribuita la responsabilità (non l’obbligo di filtri) per impedire la condivisione illegale di contenuti protetti sulle proprie piattaforme.
Il Parlamento Ue dovrà esprimere ancora il voto finale sulla direttiva
Non è detta ancora l’ultima parola, perché il Sì dell’Europarlamento ha dato l’avvio solo ai negoziati tra il trilogo Ue (Consiglio, Parlamento e Commissione) e gli Stati membri per discutere della direttiva e degli emendamenti. Poi il Parlamento Ue dovrà esprimersi di nuovo con un voto finale. “Probabilmente il voto finale sarà in primavera”, ha twittato Julia Reda del partito pirata europeo (Ppeu), uno dei parlamentari che si batte contro la proposta di riforma del copyright: “abbiamo un’ultima possibilità di respingere la Link tax e i filtri per i contenuti nella votazione finale sulla direttiva dopo il trilogo, probabilmente in primavera. Parlate con i vostri Governi nel frattempo!”.
Di Maio ‘La prossima volta che la plenaria di Strasburgo sarà chiamata ad esprimersi sulla direttiva copyright l’esito sarà ben diverso’
E uno dei Governi che la pensa esattamente come la parlamentare Reda è quello italiano. “Con il voto di ieri il Parlamento Europeo ha introdotto la censura dei contenuti degli utenti su Internet, facendoci così entrare ufficialmente in uno scenario da Grande Fratello”, ha detto il vicepremier Luigi Di Maio, “Per questo motivo continueremo con ancora più impegno a batterci per eliminare i due articoli più controversi della direttiva: l’articolo 11 che prevede l’introduzione della cosiddetta “link tax” e l’articolo 13 che mira a introdurre un meccanismo di filtraggio preventivo dei contenuti inseriti dagli utenti sul web”, ha aggiunto Di Maio, convinto che il voto finale dell’Europarlamento sulla direttiva sia un ribaltone di quello di ieri: “Ci batteremo a partire dai prossimi negoziati che vedranno impegnati i governi degli Stati membri della Ue, il Parlamento europeo e la Commissione. Sono fiducioso che la prossima volta che la plenaria di Strasburgo sarà chiamata ad esprimersi sulla direttiva copyright l’esito sarà ben diverso”.
Ovviamente il M5S, ieri, a Strasburbo ha votato compatto contro la proposta di riforma del copyright. Il No è arrivato anche dagli alleati di Governo, la Lega, che ha visto una sola defezione rispetto alla linea del partito: Sernagiotto (Enf) ha votato a favore.
Dunque tutto può ancora succedere all’Europarlamento sulla riforma del copyright. Con l’ok definitivo la direttiva diventerà legge nel 2021. Ma il voto finale, che si terrà probabilmente in primavera, sarà a ridosso della fine della legislatura europea, con la campagna elettorale in corsa per le elezioni che si terranno tra il 23-26 maggio 2019.
In questi 250 giorni che restano alle elezioni del prossimo Parlamento europeo i giganti del web, sconfitti ieri, potranno di nuovo ritornare all’attacco per “influenzare” il voto finale della plenaria sulla direttiva. La stessa EDiMA, l’associazione europea che raggruppa i big del web, da Google a Facebook, “si auspica di lavorare con tutte le persone coinvolte nella prima fase dei negoziati con l’obiettivo di un miglior esito per tutti”. Tradotto: l’art.11 e l’art.13 potrebbero essere ancora modificati a piacimento degli Ott.
E poi non bisogna dimenticare che stiamo parlando di una direttiva europea. Ciò significa che ogni Paese membro dell’Unione Europea potrà decidere in quale modo applicarla al proprio territorio. L’Italia, insomma, valuterà secondo quali criteri trasformarla in legge, il che significa che nel nostro Paese la direttiva europea potrebbe essere applicata diversamente rispetto alla Germania o alla Spagna, per esempio. Lo spirito della direttiva, comunque, dev’essere mantenuto intatto; lo spazio di manovra, quindi, è comunque limitato in merito al “taglia e cuci” a disposizione di ciascun Stato membro.