(Aggiornamento: il 12 settembre scorso il Parlamento europeo ha votato in modo favorevole, a larga maggioranza, la direttiva e gli emendamenti per riformare il diritto d’autore nell’Ue con l’introduzione di un nuovo diritto connesso, grazie al quale editori di giornali, giornalisti e autori di contenuti protetti dal copyright hanno il diritto di ricevere “un equo compenso” dai Big del web. Allo stesso tempo a Google, Facebook, YouTube è attribuita la responsabilità (non l’obbligo di filtri) per impedire la condivisione illegale di contenuti protetti sulle proprie piattaforme. Non è detta ancora l’ultima parola, perché il Sì dell’Europarlamento ha dato l’avvio solo ai negoziati tra il trilogo Ue (Consiglio, Parlamento e Commissione) e gli Stati membri per discutere della direttiva e degli emendamenti. Poi il Parlamento Ue dovrà esprimersi di nuovo con un voto finale).
Domani potrà essere un nuovo giorno storico per l’Unione europea, dopo la nascita della moneta unica. Potrà accadere solo se nello scontro tra la lobby a favore di Google–Facebook&Co. e la tutela del diritto d’autore online, esca quest’ultima vincitrice dal voto finale dell’Europarlamento, che, nella sessione plenaria a Strasburgo, è chiamata ad esprimersi sul testo che propone la riforma del copyright nell’Ue. Il voto sarà sui singoli emendamenti e sul testo nella sua nuova composizione.
Nella nuova proposta di riforma del copyright è cambiato l’articolo 13
Rispetto a quella che è stata bocciata il 5 luglio scorso, la nuova bozza scritta, dal relatore Axel Voss, contiene una novità in uno dei due articoli più discussi, ossia nell’articolo 13 – l’altro è l’11.
- Nuovo Art. 13: Non più filtri per i contenuti. La nuova proposta di riforma non prevede più l’attivazione di filtri in grado di impedire nell’Unione europea la pubblicazione senza autorizzazioni di contenuti protetti, ma resta in piedi la responsabilità delle piattaforme in caso di violazione del copyright.
Per cui l’articolo 13 della Direttiva Europea richiederà alle piattaforme online di negoziare accordi di licenza equi e trasparenti (ora sono accordi di riservatezza) con i titolari dei diritti d’autore.Chi è esentato dall’art.13
Sono esentati dall’obbligo previsto dall’articolo 13 – ecco la seconda novità:
- Enciclopedie online (come Wikipedia, che a luglio aveva oscurato il sito in segno di protesta contro la riforma).
- Meme, satira e parodie.
- Piccole e medie imprese.
- Applicazioni/siti open source e attività senza scopi di lucro.
Wikipedia salva
Quindi non c’è nessun pericolo che Wikipedia possa smettere di funzionare qualora la direttiva venisse approvata domani dall’Europarlamento. Così come possono continuare a circolare in Rete contenuti coperti da copyright, ma resi pubblici con il consenso dell’autore, come i testi delle ricerche scientifiche e i testi accademici in senso generale.
Via libera a meme e parodie
Anche i meme e le parodie, che tanto fanno divertire gli utenti in Rete, potranno continuare a circolare sul web. La riforma non rappresenta nemmeno un pericolo per i blog, le piattaforme di discussione. “Verrà garantita la possibilità per gli utenti della Rete di essere attori partecipi dei social network, produrre blog, condividere opinioni, foto e link”, ha sottolineato la Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg).
L’obiettivo dell’art.13 è garantire agli autori e artisti un equo compenso rispetto all’utilizzo online delle loro opere da parte delle grandi piattaforme: Google-YouTube, Facebook, ecc…
L’altra misura che si vuole introdurre e che non piace alle tasche dei ricchi giganti del web è l’articolo 11: Due le misure proposte più discusse:
- Link Tax. L’ articolo 11 “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale” prevede di “tassare i link”, costringendo gli aggregatori di notizie (Google, ecc…) ad acquistare licenze dagli editori per poter pubblicare i contenuti, anche in caso di semplici stralci (anteprime, snippet) o caricati dagli utenti stessi sui social (Facebook, Twitter, ecc..)
Con una lettera aperta pubblicata sui giornali italiani, la FIEG-Federazione Italiana Editori Giornali e l’ENPA, l’associazione degli editori europei, chiedono ai Parlamentari europei di votare a favore dell’introduzione di un “diritto connesso” per gli editori di giornali, così come previsto dall’articolo 11 della proposta di Direttiva Ue sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.
L’introduzione di un diritto connesso tutelerebbe l’informazione professionale, libera e indipendente in Italia e in Europa, consentendo a tutte le aziende editoriali, indipendentemente dalla loro dimensione, di ottenere la giusta remunerazione per il proprio lavoro.
L’industria creativa e della cultura nell’Ue vale 536 miliardi l’anno, più di automotive e Tlc
“L’industria creativa e della cultura nell’Unione Europea vale 536 miliardi di euro all’anno, più della somma del fatturato prodotto dal settore dell’automotive e delle telecomunicazioni e offre lavoro a 12 milioni di persone. Abbiamo arricchito la vita degli europei e ora stiamo chiedendo all’Europa un’azione concreta” ha fatto sapere Véronique Desbrosses, direttore generale dell’European Grouping of Societies of Authors and Composers (GESAC).
Conclusioni
Come si può facilmente notare dai due articoli del testo di riforma, che hanno diviso gli schieramenti politici europei, è favorevole chi punta a tutelare anche online i diritti delle opere, fino ad oggi vittime di un’anarchia sul web, e chi si dice contrario perché la riforma rappresenta “un bavaglio alla libertà di Internet”. Chi sostiene quest’ultima tesi, anche dopo l’esenzione di Wikipedia, satira, meme, parodie, piccole e medie imprese e attività open source e senza scopi di lucro, dovrà anche dichiarare pubblicamente i reali motivi della loro contrarietà. Perché ad oggi non si tutelano autori, artisti, sceneggiatori, giornalisti ed editori, ma Google e Facebook, ossia le grandi piattaforme online che sono già diventate padroni del mondo grazie sia ai nostri dati sia anche all’utilizzo gratuito di contenuti originali creati da altri.
Gli accordi di remunerazione che le piattaforme Internet hanno raggiunto con i creatori di contenuti sono poco trasparenti. Queste piattaforme, infatti, non rendono pubblici i dati rispetto a questo aspetto della loro attività e gli accordi raggiunti con i titolari dei diritti d’autore sono siglati da accordi di riservatezza. La trasparenza diventerebbe fondamentale con la riforma Ue. Così come la partità di trattamento. Le piattaforme di Internet gratuite hanno tratto vantaggio dalla mancanza di chiarezza legislativa. Servizi online simili non hanno gli stessi obblighi. Quello che è evidente, tuttavia, è che le piattaforme di streaming gratuito retribuiscono i propri creatori di contenuti 10 volte meno rispetto all’abbonamento pagato dai propri utenti.
È ora di dire basta. Domani è l’occasione giusta per farlo perché se la riforma passerà, il relatore potrà iniziare i negoziati col Consiglio. Se non passerà, il testo ritornerà in commissione Giuridica del Parlamento europeo e si riaprirà un nuovo iter parlamentare. In questa circostanza, con la riassegnazione del dossier e la legislatura ormai al termine (si vota a fine maggio 2019), di sicuro questo Parlamento non porterà a termine la riforma.
Per approfondire:
- Copyright, dalla mostra di Venezia l’appello di 165 cineasti al Parlamento Ue ‘Approvare la riforma’
- Copyright, al via la campagna Fieg e Enpa a favore della Direttiva Ue
- Nasce ‘Europe for creators’, la campagna a sostegno della direttiva Ue
- In UK l’iniziativa #LoveMusic a sostegno della nuova direttiva Ue