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Rifiuti spaziali, i più piccoli si muovono come proiettili a 3.600 km/h. I numeri del Rapporto Esa

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Servono linee guida più severe per abbattere le 12.400 tonnellate di detriti spaziali attualmente in orbita e per evitare che questo numero lieviti troppo rapidamente. A rischio i prossimi lanci commerciali e scientifici, compresa la sicurezza delle Stazione spaziale internazionale. Il lavoro dell’Esa.

L’orbita terrestre non è una discarica, ma lo sembra

Intorno al nostro pianeta sono stati individuati più di 40.500 detriti spaziali superiori ai 10cm di grandezza. Se poi si scende di dimensione, ne abbiamo circa 1.100.000 di dimensioni comprese tra 1 e 10 cm. Quasi 130 milioni di grandezza compresa tra 1 mm e 1 cm.

Sono questi i dati aggiornati relativi ai detriti spaziali forniti dallo Space Debris Office dell’Agenzia spaziale europea (Esa) presso l’ESOC di Darmstadt, in Germania.

Anche se questi oggetti sono di dimensioni ridotte, o estremamente piccole ai nostri occhi, bisogna tenere presente che l’eventuale collisione con un satellite, ad esempio, o con la Stazione spaziale internazionale, avverrebbe a una velocità relativa molto elevata: circa 10 km/s, nel caso di una collisione in orbita bassa.

Detriti sparati come proiettili

Un km al secondo equivale a 3.600km/h.
A questa velocità, una particella di solo 1 grammo equivale a un’automobile lanciata in corsa e l’effetto distruttivo è facilmente immaginabile.

Le collisioni tra oggetti spaziali avvengono a velocità relative che possono raggiungere i 14 km/s (50.400 km/h). Un impatto tra un satellite operativo e un frammento di 10 cm di dimensione può portare, a queste velocità, alla completa distruzione del satellite.

Un esempio pratico di come questi detriti possono essere prodotti è il test missilistico antisatellite cinese contro Fengyun-1C, condotto nel 2007 a 865 km di altitudine, che ha prodotto più di 3.400 frammenti di grandezza pari a circa 10cm. Detriti poi lanciati nello spazio ad una velocità relativa di 8km/s (quasi 29.000 km/h di velocità).

Complessivamente, secondo i calcoli del centro di ricerca, la massa di tutti questi detriti spaziali in sospensione nell’orbita terrestre supera le 12.400 tonnellate.

Il nuovo Rapporto dell’Esa e il capitolo dedicato ai detriti spaziali

I satelliti che offrono servizi di osservazione della Terra, per studiare il clima e l’ambiente, per garantire comunicazioni affidabili e sicure, per la navigazione e la ricerca in diversi ambiti scientifici, sono i primi bersagli di questi detriti in corsa.

In un capitolo dedicato ai detriti spaziale contenuto nel “ESA Space Environment Report 2024”, da una parte si sottolinea, giustamente, che l’ambiente orbitale terrestre è “una risorsa finita”, anche in considerazione dell’accelerazione nel lancio di satelliti, che nel 2023 hanno raggiunto un livello storico.

Soprattutto, si precisa, sta aumentando a dismisura il numero di costellazioni di satelliti in orbita terrestre bassa e presto si potrebbe giungere a saturazione.

Questo è un problema, in ottica di impatto ambientale spaziale, perché arriverà il giorno in cui questi dispositivi satellitari non saranno più in funzione e si trasformeranno in breve tempo in detriti orbitanti.

Necessarie nuove linee guida più severe e condivise dagli attori della frontiera spaziale

Uno scenario che complica anche il lavoro degli ingegneri, che devono istruire i satelliti attivi per compiere manovre anticollisione con altri satelliti o frammenti di questi.

La conquista dello spazio sta facendo emergere con forza il tema della sostenibilità di queste operazioni, che necessitano sempre più di un nuovo regolamento condiviso da tutti gli attori della corsa allo spazio.

Attualmente ci sono più di 6.000 satelliti attivi situati in un’altitudine compresa tra 500 e 600 km.

I detriti rappresentano inoltre una grave minaccia anche ai nuovi lanci. Per questo tutti i Paesi interessati alla frontiera spaziale stanno lavorando per favorire e rendere più facile il rientro controllato di molti dei loro satelliti giunti a fine vita, dei razzi e dei carichi utili.

Le buone intenzioni, però, non bastano e c’è molto da fare per mitigare concretamente il problema dei detriti spaziali. Se nel 2023 qualche riscontro positivo in tal senso c’è stato, la mancanza di linee guida avanzate, più severe e condivise non lascia ben sperare per il futuro, con il numero delle collisioni che potrebbe aumentare e rendere molto più rischioso per le imprese del settore investire in nuovi programmi spaziali.

L’approccio “Zero debris” dell’Esa

L’Esa continua il suo lavoro in conformità all’approccio “Zero debris”, aggiornando i requisiti e gli standard necessari all’abbattimento del volume di rifiuti spaziali, a partire dalla fase di progettazione di nuovi satelliti e razzi.

Nel 2023 l’Agenzia spaziale europea ha creato lo Zero debris charter, firmato da 12 Paesi e più di 100 organizzazioni e imprese di natura commerciale e non, proprio per affrontare questo problema e cercare soluzioni attraverso modelli di lavoro cooperativi.

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