Questa settimana è stata affollata di iniziative stimolanti, presentazioni di rapporti di ricerca che hanno registrato differente ricaduta mediale, ma che meritano essere segnalati tutti su una testata specializzata sì sull’economia digitale ma sicuramente attenta alla cultura del futuro, qual è “Key4biz”: si tratta di studi che affrontano tematiche sensibili in materie socio-culturali delicate e strategiche per il benessere del nostro Paese, dalle migrazioni all’infanzia. Ed esiste un “filo rosso” (in questo caso il rosso sta anche ad indicare un segnale di allarme) che connette in qualche modo le quattro ricerche che andremo qui a segnalare…
Fondazione Migrantes: oltre 100mila gli italiani che emigrano ogni anno
Procediamo con ordine temporale (discendente), ovvero dall’ultima iniziativa, presentata questa mattina venerdì 25 a Roma dalla Fondazione Migrantes (organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana – Cei), presso l’elegante The Church Palace sulla via Aurelia: si tratta dell’edizione 2019 del “Rapporto Italiani nel Mondo” (da cui l’acronimo “Rim”), curato dalla ricercatrice Delfina Licata (che per anni ha curato anche un’altra preziosa pubblicazione della Migrantes, qual è il “Rapporto Immigrazione” coprodotto da Migrantes e Caritas, giunto nel 2019 alla XXVIII edizione: vedi “Key4biz” del 28 settembre 2018 per una recensione della penultima edizione, “Rapporto Migrantes, gap sempre più ampio tra realtà e rappresentazione dei media”), edito dalla Tau Editrice di Todi.
Un tomo corposo (520 pagine), decine e decine di contributi sui vari aspetti del fenomeno migratorio, con un approccio multidisciplinare ma certamente in prevalenza sociologico, focalizzato in questo caso sugli italiani all’estero e sui connazionali che ormai da tempo in quantità impressionante decidono di lasciare il nostro Paese (oltre 100mila ogni anno!). L’approfondimento di quest’edizione è dedicato alla percezione delle comunità italiane nel mondo: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”. Il Rapporto “Italiani nel Mondo” riflette sulla percezione e sulla conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi rispetto al migrante italiano. Il fare “memoria di sé” diventa occasione per meglio comprendere chi siamo oggi e chi vogliamo essere. Sono ormai quasi 5,3 milioni gli italiani residenti oltre confine: su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data poco meno del 9 % è quindi residente all’estero.
Dal 2006 al 2019, la mobilità italiana è aumentata del 70 % passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero) a 5,3 milioni. Quasi la metà degli italiani iscritti all’Aire è originaria del Meridione d’Italia (48,9 %, di cui il 32,0 % Sud e il 16,9 % Isole); il 35,5 % proviene dal Nord (il 18,0 % dal Nord-Ovest e il 17,5 % dal Nord-Est) e il 15,6 % dal Centro.
Oltre 2,8 milioni (54,3 %) risiedono in Europa, oltre 2,1 milioni (40,2 %) in America. Nello specifico, però, sono l’Unione Europea (41,6 %) e l’America Centro-Meridionale (32,4 %) le due aree continentali maggiormente interessate dalla presenza dei residenti italiani. Le comunità più consistenti si trovano, nell’ordine, in Argentina (quasi 843mila), in Germania (poco più di 764mila), in Svizzera (623mila), in Brasile (447mila), in Francia (422mila), nel Regno Unito (327mila) e negli Stati Uniti d’America (272mila).
Oltre 128mila italiani si sono iscritti all’Aire “per espatrio” nell’ultimo anno: da 107 Province e verso 195 destinazioni diverse nel mondo. Da gennaio a dicembre 2018, si sono iscritti all’Aire 242.353 italiani di cui il 53,1% (pari a 128.583) giustappunto “per espatrio”. L’attuale mobilità italiana continua a interessare prevalentemente i giovani (18-34 anni, 40,6 %) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3 %). Il 71,2 % è in Europa e il 21,5 % in America (il 14,2 % in America Latina). Sono 195 le destinazioni di tutti i continenti. Il Regno Unito, con oltre 20 mila iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1 % rispetto all’anno precedente). Al secondo posto, con 18.385 connazionali, vi è la Germania. A seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265) e la Spagna (7.529).
Il Rapporto “Italiani nel Mondo 2019”, attraverso analisi sociologiche e linguistiche, aneddoti e storie, con un approccio plurale e pluralista e “inter-culturale”, fa riferimento al tempo in cui erano gli italiani ad essere discriminati, risvegliando “il ricordo di un passato ingiusto non per avere una rivalsa sui migranti di oggi che abitano strutturalmente i nostri territori o arrivano sulle nostre coste, ma per ravvivare la responsabilità di essere sempre dalla parte giusta come uomini e donne innanzitutto, nel rispetto di quel diritto alla vita (e, aggiungiamo, a una vita felice) che è intrinsecamente, profondamente, indubbiamente laico”. Si tratta dunque di “scegliere non solo da che parte stare, ma anche che tipo di persone vogliamo essere e in che tipo di società vogliamo vivere noi e far vivere i nostri figli, le nuove generazioni”. La Fondazione Migrantes auspica che questo studio possa “aiutare al rispetto della diversità e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato”.
Tra i dati più impressionanti di questa edizione, una innovativa elaborazione: i ricercatori hanno messo in rapporto la popolazione “residente” con quella “emigrata”, Comune per Comune. Il record a livello nazionale (che non possiamo non definire… negativo) è detenuto da Castelnuovo di Conza, in provincia di Salerno, che ha 595 cittadini che vivono nel paese e ben 2.860 che vivono all’estero, con una incidenza dei secondi sui primi del 480 % !
È intervenuto alla presentazione anche un rappresentante del Governo, il giovane (classe 1982) Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud e – ha voluto lui stesso rimarcare – per la Coesione Sociale. Sarà per il percorso professionale (è un ricercatore), sarà per l’origine meridionale e “periferica” (è nato a San Cataldo, in provincia di Caltanissetta), ma il giovane esponente del Partito Democratico (è nella squadra del Segretario Nicola Zingaretti) ha manifestato un’entusiastica adesione al lavoro di ricerca enciclopedico che conduce da anni la Fondazione Migrantes, sia studiando l’immigrazione (il succitato “Rapporto Immigrazione”) sia l’emigrazione (giustappunto il “Rapporto Italiani nel Mondo”).
Ci auguriamo che questa sensibilità possa concretizzarsi anche nella decisione di intervenire in modo organico nello studio accurato di questi fenomeni (prima ancora che nel “governo” degli stessi), dato che le più significative iniziative di ricerca in materia (emigrazione/immigrazione) sono promosse – incredibilmente – senza il sostegno dello Stato italiano (le attività della Fondazione Migrantes sono finanziate dalla Cei, e quindi soltanto in parte attraverso i fondi dell’“8 per mille”).
Idos (Tavola Valdese): “annus horribilis per i migranti”
Nella giornata di ieri, è stata presentata invece, sempre a Roma, la nuova edizione del “Dossier Statistico Immigrazione” 2019, realizzato dal Centro Studi e Ricerche Idos (che pure è nato nell’ambito della Fondazione Migrantes, per poi decidere di abbandonare la casa-madre): si tratta di un altro utile strumento di conoscenza (anche questo corposo, 480 pagine), nel quale prevale però un approccio “statistico”, e quindi, per molti aspetti, riduttivo. In effetti, la direttrice delle attività di ricerca della Migrantes Delfina Licata ha sostenuto oggi che servono ormai analisi più qualitative che quantitative: ha veramente ragione in sé, ma anche – aggiungiamo noi – perché in Italia sono assai frequenti numerologie fantasiose basate su deboli metodologie. In assenza di validazioni sulle metodiche, si è spesso costretti ad assistere (anzitutto nell’ambito giornalistico) a numeri in libertà, interpretati con ottiche distorte in funzione dell’impostazione ideologica di lettura. Anche in questo caso, si denuncia il deficit di quelle che dovrebbero essere le strutture preposte, Istat in primis.
Anche il “Dossier Statistico” di Idos non viene promosso dallo Stato bensì dalla Tavola Valdese, e dalla rivista “Confronti”: entrambe si avvalgono dei fondi dell’“8 per mille” a copertura parziale dei costi, ma è veramente assurdo che debbano essere due organismi religiosi (rispettivamente emanazioni della Chiesa Cattolica e della Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi) ad essere gli unici soggetti che studiano in modo approfondito ed appassionato queste tematiche. E lo Stato resta a guardare…
Non entriamo qui nel merito, poi, della parziale “sovrapposizione” delle due pubblicazioni (abbiamo illustrato le origini della separazione dei percorsi tra Idos e Migrantes su queste colonne: vedi “Key4biz” del 5 luglio 2016, “Caritas-Migrantes: 5 milioni di immigrati in Italia. La Cei striglia (di nuovo) la politica”): si tratta di una dispersione di risorse (intellettuali e numismatiche), e potrebbe essere giustappunto lo Stato a rilanciare ed a riportare “ad unità” queste iniziative di studio, che corrono il rischio di proporre letture parziali e parcellizzate. Manca in Italia uno studio organico, completo, approfondito sulle tante dimensioni di queste fenomenologie, in chiavi di lettura sociologica, economica, culturologica (quest’ultima è peraltro una dimensione ancora trascurata quasi completamente).
In occasione della presentazione del rapporto Idos / Tavola Valdese di ieri, presso il Teatro Orione di Roma (affollato da centinaia di studenti di scuola media superiore), ci ha colpito in particolare l’intervento, accurato ed appassionato, del priore della “Comunità di Bose” (comunità monastica formata da monaci di entrambi i sessi, provenienti da Chiese cristiane diverse, fondata a Magnano – in provincia di Biella – nel 1965 da Enzo Bianchi, un laboratorio culturale inter-religioso all’avanguardia), Luciano Manicardi, che ha focalizzato l’attenzione su “la parola, il volto dell’altro e la memoria”, come “tre elementi per ricostruire un’umanità degna di questo nome”, di fronte a quella che Ernst Bloch negli anni Trenta, a proposito del consenso di massa al nazismo, chiamava “la metamorfosi in demoni di gente comune”. E contro questo odio “dobbiamo riconoscere in noi l’alterità, lo straniero ci aiuta a restituirci a noi stessi, è una rivelazione che dice qualcosa di ‘noi’”.
Idos e Tavola Valdese hanno sostenuto che l’anno trascorso può essere definito sinteticamente come “l’annus horribilis per i migranti”. Basti ricordare la tragedia dei 1.314 morti e dispersi nella rotta centrale, su un totale di 68.845 arrivi in Europa attraverso il Mediterraneo, dal 1° gennaio al 1° ottobre 2019.
Interessanti le conclusioni di Alessandra Trotta, moderatora della Tavola Valdese: “fugare le percezioni è un obiettivo che il Dossier persegue e realizza. Percezione errata di cui anche noi, evangelici, siamo stati vittima: ci ‘accusano’ di occuparci solo di migranti. Una percezione alla quale noi resistiamo fortemente: non dobbiamo mai mettere in competizione i diritti, perché devono essere tutti tutelati. E fra le pieghe di questo Dossier, c’è un fenomeno che mi preoccupa molto, a fronte del taglio dei progetti di accoglienza ed integrazione, ovvero la mutata percezione da parte dei migranti della possibilità di vivere nel nostro Paese, una perdita di fiducia che comincia a realizzarsi. Ma c’è anche un’altra Italia, che crede nell’inclusione e nel pluralismo, che vorremmo diventasse più visibile, attraverso il dialogo paziente con chi la pensa diversamente”.
Stupisce (negativamente), nel caso della presentazione del Dossier, la assenza, totale, di rappresentanti del Governo: non è certo un bel segnale di sensibilità verso queste tematiche.
Amref Italia: l’immagine distorta dell’Africa
Mercoledì 23 ottobre, è stata presentata a Roma, presso Binario F, la prima edizione di una nuova iniziativa promossa dal “chapter” italiano della Amref (African Medical and Research Foundation), organizzazione non governativa internazionale fondata nel 1957 che si propone di migliorare la salute in Africa attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità locali. Amref Italia ha presentato uno studio (curato da Paola Barretta, Manuela Malchiodi, Mirella Marchese, Giuseppe Milazzo), curato dall’Osservatorio di Pavia, su quale e quanta Africa vediamo attraverso i media italiani. Il rapporto di ricerca “L’Africa mediata. Come fiction, tv, stampa e social raccontano il continente in Italia” di Amref Health Africa-Italia ha effettuato una ricognizione (non esaustiva ma comunque interessante) della “immagine” dell’Africa e degli africani su vari media – tv, stampa, social e fiction – nel primo semestre 2019. Lo studio si è concentrato su 30 episodi di serie televisive, 65 programmi di informazione di 7 reti generaliste, 80mila notizie monitorate sui telegiornali di 9 reti televisive, 800 notizie di prima pagina analizzate su 6 quotidiani nazionali, 21,6 mila post Facebook e 54mila tweet di 8 testate giornalistiche.
Nei primi sei mesi del 2019, l’Africa nei media italiani risulta quantitativamente poco presente. Nei telegiornali delle 9 reti prese in esame, in prima serata, la copertura dell’Africa raggiunge il 2,4 %. Ampliando lo sguardo all’Africa e agli africani in Italia (l’Africa “qui”), il dato cresce sensibilmente: al 2,4 % di notizie sull’Africa “là” si aggiunge un 10 % di notizie sull’Africa in Italia. Escludendo il tema immigrazione, l’Africa rimane poco visibile nei media.
Gli ingredienti più usati dai generi televisivi nella narrazione dell’Africa sono essenzialmente l’“afropessimismo” nelle rubriche informative, il folklore esotico nei documentari naturalistici e l’eurocentrismo e il distacco nei “talk show”.
Anche in questo caso, naturale sorge il quesito: ma perché deve essere una ong, e non piuttosto l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) piuttosto che la Rai (e, di nuovo, che dire dell’assenza di Istat?!), a promuovere ricerche di questo tipo, le quali, al di là dell’encomiabile iniziativa, inevitabilmente non riescono – anche in funzione della modestia dei budget – a proporre una visione globale, sistemica, strategica di questi fenomeni?! Crediamo che questa funzione dovrebbe essere sviluppata dallo Stato. Uno Stato (auto)cosciente e convinto (realmente) di un “policy making” basato sulla conoscenza approfondita dei fenomeni da governare.
Va segnalato il tardivo interesse anche dell’accademia italiana rispetto a queste tematiche: le università del nostro Paese hanno dedicato rara e disorganica attenzione a questi fenomeni, ed alcuni studi pionieristici non sono stati sostenuti e sviluppati come pure meritavano (ricordiamo le ricerche promosse oltre un decennio fa da Mario Morcellini – quando presiedeva la facoltà di Scienze della Comunicazione di “Sapienza” di Roma, prima di essere eletto Commissario Agcom – sulla immagine distorta dei migranti nei media italiani).
Save The Chidren: povertà educativa, deprivazione culturale, e mezzo milione di bambini debbono utilizzare i “pacchi alimentari”
Ultima ricerca oggetto delle nostre segnalazioni è rappresentata dalla X edizione dell’“Atlante dell’infanzia a rischio”, prodotto da Save The Children (organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro), curato da Giulio Cederna, presentato a Roma lunedì scorso, quest’anno con il titolo “Il tempo dei bambini”.
Ancora una volta, uno studio accurato e visivamente ben rappresentato, con una architettura editoriale-infografiche tra le migliori mai realizzate in Italia: la ricchezza dei dati si accompagna ad una visualizzazione veramente accattivante (abbiamo già elogiato la qualità di quest’opera su queste colonne: vedi “Key4biz” del 16 novembre 2018, “Bilancio Sociale Rai 2017, di male in peggio”). Ancora una volta, un set di dati e di analisi semplicemente allarmante: negli ultimi dieci anni, è triplicato il numero dei minori in povertà assoluta, oggi sono oltre 1,2 milioni. Si passa dal 3,7 % del 2008 al 12,5 % del 2018: un record negativo tra i Paesi europei!
In caduta libera il numero delle nascite, mentre, nello stesso periodo, si sono ridotti gli investimenti nella spesa sociale per l’infanzia e per l’istruzione, allargando le diseguaglianze. Il 14,5 % dei ragazzi lascia prematuramente gli studi, mentre bambini e adolescenti sono costretti in scuole non sicure: oltre 7.000 sono vetuste e più di 21.000 non hanno il certificato di agibilità. In controtendenza il protagonismo giovanile, sempre più ragazzi e ragazze impegnati per far valere concretamente i loro diritti. L’Italia continua a non avere un “Piano strategico per l’infanzia e l’adolescenza” (a proposito di quel deficit di analisi strategiche di cui scrivevamo pocanzi), investe risorse insufficienti in spesa sociale, alimentando gli squilibri esistenti nell’accesso ai servizi e alle prestazioni, condannando proprio i bambini e le famiglie più in difficoltà ad affrontare da sole, o quasi, gli effetti della crisi.
La povertà economica è spesso correlata alla povertà educativa, due fenomeni che si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione. Nel nostro Paese, 1 giovane su 7 ha abbandonato precocemente gli studi, quasi la metà dei bambini e adolescenti non ha letto un libro extrascolastico in un anno, circa 1 su 5 non fa sport. Per contro, anche la scuola è stata in questi anni colpita pesantemente dai tagli alle risorse, spesso “lineari”, che hanno penalizzato le aree già in difficoltà.
La spesa sociale per l’infanzia è oggettivamente bassa e ingiusta, e negli anni ha aggravato le diseguaglianze sociali, economiche e geografiche.
Da denunciare anche la crescente complessiva “povertà educativa” e la “deprivazione culturale” dei minori: aumentano i “disconnessi culturali” e aumentano gli “iperconnessi” alla rete.
L’impoverimento materiale ed educativo dei bambini in Italia si accompagna anche ad un impoverimento “ambientale”: i bambini che vivono in un ambiente sempre più cementificato.
Ed è impressionante osservare che nel 2018, 453.000 bambini di età inferiore ai 15 anni hanno beneficiato di “pacchi alimentari”. La povertà dei minori si riflette anche sulle difficili condizioni abitative in cui molti di loro sono costretti: in un Paese in cui circa 2 milioni di appartamenti rimangono sfitti e inutilizzati, negli anni della crisi il 14 % dei minori ha patito condizione di grave disagio abitativo…
Fotografie sconfortanti di malesseri crescenti
Dalla lettura dei 4 studi (che si consigliano vivamente a tutti coloro che seguono le tematiche del “sociale”), emergono fotografie assolutamente sconfortanti, aggiornamenti di un malessere che s’accresce anno dopo anno: come nel settore della “cultura”, come nel settore della “ricerca”, l’Italia continua a registrare dati negativi anche nel “sociale”, dati che ci posizionano nella parte più bassa nelle classifiche europee, per investimenti pubblici in queste aree strategiche per lo sviluppo sano di un Paese.
In conclusione, ci limitiamo a qui ricordare che l’Italia, ad inizio ottobre, ha confermato l’acquisto dei terribili quanto inutili ordigni volanti F35, per “rispettare accordi” (sic) con gli Usa: a marzo, sono stati effettuati bonifici per 389 milioni di euro per fatture pregresse, ma secondo alcuni analisti l’impegno dello Stato italiano veleggia ormai oltre la soglia di 1 miliardo di euro nel corso del 2019. E ciò basti. Con buona pace di quel che si poteva leggere nel programma elettorale del Movimento 5 Stelle nel 2017, laddove si prevedeva il blocco degli ordini…
(Hanno collaborato Luca Baldazzi e Carla Di Tommaso).
Clicca qui per leggere la sintesi della XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” di Fondazione Migrantes (Cei), presentato a Roma il 25 ottobre 2019
Clicca qui per leggere la scheda di sintesi del “Dossier Statistico Immigrazione 2019” di Idos/Confronti/Tavola Valdese, presentato a Roma il 24 ottobre 2019
Clicca qui per downloadare il file .pdf della I edizione de “L’Africa mediata” di Amref Italia, presentato a Roma il 23 ottobre 2019
Clicca qui per downloadare il file .pdf della X edizione dell’“Atlante dell’infanzia a rischio” di Save The Children, presentato a Roma il 21 ottobre 2019