Per millenni è stato il vento a spingere, gratuitamente, le navi in giro per il mondo. Poi c’è stata l’epoca delle navi a vapore. Perlopiù bruciavano carbone, una fonte di energia pericolosa, ingombrante e inquinante. Nel 1897 l’inventore tedesco Rudolf Diesel progettò i motori che tuttora portano il suo nome.
La prima nave a propulsione diesel prese il mare nel 1903 e da allora l’antichissima vela è rimasta soprattutto confinata alle barche da diporto. Il vento era sempre gratuito, ma la numerosa ‘ciurma’ necessaria per manovrare e mantenere il complesso sistema di vele tipico delle navi commerciali costava più del carburante e, così, i grandi velieri sono definitivamente scomparsi dalle rotte marittime.
Oggi la vela sta tornando sul mare, seppure lentamente e in forma trasformata e ‘automatizzata’. È stato da poco varato, a settembre, la prima superpetroliera ‘vela-assistita’. La M/V “New Aden”, battente bandiera cinese, è lunga 333 metri e appartiene alla classe VLCC: “very large crude carrier”. Le vele, semi-rigide e retrattili in base alle condizioni del vento, non sono più di tela, bensì di fibra di carbonio.
Le nove ‘vele’ sono manovrate in automatico da un computer e, per ora almeno, non sono la fonte principale dell’energia di propulsione. ‘Assistono’ per l’appunto, e riducono di circa il 10% il consumo di diesel della nave – permettendo una significativa riduzione dei costi e anche dell’inquinamento atmosferico. Si stima che il nuovo sistema di propulsione assistita dovrebbe ridurre di 2.900 tonnellate le emissioni di CO2 su ogni viaggio tra il Medio-Oriente e i porti della Cina – la rotta per cui la nuova nave è stata costruita.
La New Aden è pur sempre una petroliera. Trasporta circa due milioni di barili di greggio nel corso di ogni viaggio ed è dunque altamente dubbio che l’effetto netto della raffinazione e l’utilizzo del suo carico nei mercati di destinazione possa essere positivo in termini di inquinamento prodotto. È però una prova importante di una tecnologia che promette di ridurre di parecchio la produzione di gas serra da parte del trasporto marittimo. Siccome si stima che circa il 90% della merce che si muove nel commercio internazionale prima o poi viaggerà su una nave, il possibile effetto ‘green’ del ritorno dei velieri non è affatto disprezzabile.