I tempi della rete unica si allungano sempre di più, secondo Bloomberg il dossier è congelato fino a dopo le elezioni del 25 settembre. Uno stallo che vede due contendenti profilarsi all’orizzonte, da un lato Vivendi, primo azionista di Tim con il 23,75%, e dall’altro CDP, che detiene il 9,8% di Tim e il 60% di Open Fiber (il restante 40% è in mano al fondo australiano Macquarie).
Leggi anche: Rete unica, pressing per chiudere. Ma su Tim pesa in Borsa la diffidenza dei mercati
Stallo messicano
Una situazione di stasi, che rischia di trasformarsi in un vero e proprio stallo messicano, un duello dove i due contendenti si tengono sotto tiro in maniera indefinita, in attesa della prima mossa.
E’ di oggi l’indiscrezione, riportata da Giovanni Pons su Repubblica, che ben difficilmente CDP e Macquarie avanzeranno un’offerta per la rete Tim prima del 25 settembre. Un bel cambio di sentiment rispetto al weekend scorso, quando si dava l’offerta per imminente, in arrivo entro metà settembre come previsto dal MoU di maggio.
C’è chi dice che ormai ci potrebbe volere anche un altro mese perché si giunga ad un’offerta non vincolante per la rete Tim. Pochi giorni fa si diceva che l’offerta sarebbe arrivata a stretto giro.
Cosa è successo nel frattempo? Qualche intoppo a Cernobbio?
Offerta non vincolante fuori tempo massimo?
Ma con questo dilatamento dei tempi, che senso avrebbe presentare un’offerta non vincolante, dato che i tempi del MoU per arrivare ad un’offerta vincolante e quindi definitiva sono fissati entro il 31 ottobre? Che senso avrebbe presentare un’offerta preliminare a ottobre avanzato, per dire, quando quella vincolante deve per forza arrivare entro fine ottobre?
Non è quindi da escludere che, visto lo scontro in atto fra CDP e Vivendi sul valore della rete Tim (per Vivendi vale 31-34 miliardi di euro, per CDP non più di 18-20 miliardi), il passaggio intermedio dell’offerta non vincolante venga saltato a piè pari, per arrivare infine all’offerta vera e propria entro il 31 ottobre. Se davvero ci sarà. Se non dovesse esserci, vorrebbe dire che la corda delle trattative si è spezzata.
Ma quanto vale la rete?
Da quanto emerge su Repubblica oggi, lo scontro fra le parti riguarda appunto la valutazione della rete, per non parlare del perimetro della rete Tim in vendita. La valutazione di 31-34 miliardi di euro fatta dai francesi di Vivendi comprende anche la rete primaria, la dorsale in fibra oppure no? Non si tratta di un dettaglio secondario, anche perché la rete secondaria in rame dovrà prima o poi (più prima che poi) essere aggiornata in tempi piuttosto stretti, considerati gli obiettivi del ‘Piano Italia a 1 Giga’ entro il 2026.
Il clima non è dei migliori, con accuse reciproche di conflitto d’interessi fra le parti.
C’è da dire, poi, che l’intenzione di Vivendi è quella di procedere alla distribuzione di un dividendo straordinario, per rientrare (almeno in parte) delle perdite accumulate.
La proposta di FdI a prova di Antitrust Ue
La proposta di Fratelli d’Italia per arrivare alla rete unica, vale a dire l’Opa di CDP su Tim (che in Borsa vale meno di 5 miliardi) e lo spezzatino per tenere in pancia la rete da fondere poi con quella di Open Fiber, sarebbe a prova di Antitrust Ue: nessun rilievo in vista da parte di Bruxelles.
Leggi anche: Butti (FdI): “Ecco perché la rete deve essere controllata da CDP e in capo a TIM”