Passano i mesi ma la distanza fra le parti sembra immutata, con Tim e Open Fiber arroccate su fronti diametralmente opposti sull’ipotesi di rete unica: la prima contraria al modello wholesale only propugnato dal competitor controllato da Enel e Cdp (vedi l’intervento del presidente Franco Bassanini al 5G Italy dello scorso mese di dicembre), la seconda convinta della bontà del suo modello e contraria a cedere di un millimetro.
L’attacco di Tim
Per la struttura della rete unica, il modello da adottare è una rete sotto il controllo di un operatore verticalmente integrato com’è Tim, non il modello ‘wholesale only’ che si è rivelato “fallimentare” (lo stesso termine usato lo scorso mese di dicembre dall’ad Luigi Gubitosi in occasione del convegno organizzato dal Cnit 5G Italy) ovunque sia stato applicato. E’ la risposta scritta fornita da Telecom Italia in vista dell’assemblea di bilancio del 23 aprile.
“Per quanto riguarda la struttura della ‘rete unica’, a nostro parere il modello da adottare è una rete sotto il controllo di un operatore verticalmente integrato quale Tim, piuttosto che un modello ‘wholesale only’ che si è rivelato fallimentare ovunque sia stato applicato”, si legge nelle risposte pubblicate da Tim.
Tim sottolinea come “una duplicazione della rete non abbia alcun senso e non sia nell’interesse del paese “.
“Anche soprattutto in ottica di quanto stiamo vivendo riteniamo che sia assolutamente fondamentale, come per altro stiamo già facendo, compiere un’ulteriore accelerazione per andare a coprire il più rapidamente possibile le aree del Paese non ancora raggiunte dalla rete a banda ultra larga”.
Rab sì, ma con il controllo
“Siamo disponibili a parlare con governo e Agcom su modelli di remunerazione come il RAB, purché sia tutelato il valore per gli azionisti”. La società risponde così alle domande di Asati in vista dell’assemblea a porte chiuse. “Crediamo fermamente che Tim possa competere attraverso una combinazione imbattibile di reti e soluzioni tecnologiche” ribadisce Tim e ricorda di essere “a favore di una transizione verso la rete unica, ribadendo come una duplicazione della rete non abbia alcun senso e non sia nell’interesse del Paese”.
Telecom Italia è in trattative da mesi in merito alla fusione degli asset di rete con Open Fiber, l’operatore wholesale only controllato da Enel e Cdp.
Secondo la Reuters, gli azionisti di Tim Vivendi e Elliott sono entrambi favorevoli al mantenimento del controllo in un’eventuale futura fusione con Open Fiber. Il fondo attivista americano ha da poco tagliato la sua quota in Tim dal 9,72% al 6,97%.
La replica di Open Fiber: wholesale only modello più adatto
A stretto giro non si è fatta attendere la replica di Open Fiber, che in una nota ribadisce che “Con riferimento alle dichiarazioni di TIM sul modello Wholesale, Open Fiber dichiara che il modello wholesale only trova importanti riscontri sia nel nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche, in fase di recepimento da parte del Parlamento italiano, sia nelle analisi svolte dall’Agcom e dall’AGCM, sia in un chiaro orientamento espresso ad amplissima maggioranza dal Legislatore nel decreto fiscale del 2018 (art. 23-ter)” si legge nella nota. “In tutti i casi, questo modello viene indicato come il più adatto per favorire gli ingenti investimenti necessari a realizzare una nuova rete di accesso ad altissima capacità, a disposizione di famiglie e imprese. Investimenti che – al contrario – non sono stati effettuati dall’operatore verticalmente integrato causando il ritardo in cui si trova il nostro Paese”, prosegue.
“Il modello wholesale only è soprattutto l’unico a garantire l’accesso alla rete in forma neutrale e non discriminatoria a tutti gli operatori, che ne sono clienti e non concorrenti, con evidenti benefici per i consumatori in termini di pluralità e ricchezza dei servizi disponibili”, si legge ancora nella nota.
“Un modello di business che, oltre ad ottenere il gradimento di tutti gli operatori di telecomunicazione del mercato italiano ad eccezione dell’incumbent, ha già permesso ad Open Fiber in circa tre anni di diventare, con 8,5 milioni di case raggiunte, il terzo fornitore europeo di connettività in modalità FTTH (Fiber To The Home) – il primo non verticalmente integrato – alle spalle di Telefonica e Orange. Un risultato tutt’altro che fallimentare a giudicare anche dai comportamenti abusivi messi in campo dall’incumbent per ostacolarlo e il reiterato interesse dimostrato ad acquisirne il controllo”, chiude l’azienda.