Consueto appuntamento settimanale con Francesco De Leo, Executive Chairman di Kauffman & Partners (Madrid), questa volta per parlare del cambio di passo del governo Draghi sul progetto di Rete Unica, un progetto di cui si parla da circa quindici anni e che ha avuto un rilancio con il precedente governo giallorosso, in particolare per il supporto irrituale dato dall’ex premier Giuseppe Conte e dal ministro al MEF Roberto Gualtieri ai disegni di TIM. Oggi, stando alle dichiarazioni dei ministri competenti dell’attuale governo, sembra uno schema superato e l’Italia può guardare in modo diverso allo sviluppo della rete. Ecco di seguito la chiacchierata di questa settimana.
Key4biz. Oggi vorrei cambiare l’attacco della nostra chiacchierata settimanale. Che ne dice se partiamo da una notizia positiva e spargiamo un po’ di ottimismo?
Francesco De Leo. Accetto con piacere. A quasi un anno dagli inizi della pandemia, l’indicatore più importante per sapere dove siamo è quello che ci dà una misura dello stato di avanzamento dei programmi di vaccinazione. A livello globale sono state somministrate più di 420 milioni di dosi, e si viaggia ormai al ritmo di 10 milioni giorno. Non è la fine del percorso, siamo ancora in itinere e c’è tanta strada da fare. Ma almeno è un punto di partenza concreto che ci indica la strategia di uscita dall’emergenza.
Key4biz. C’è stata molta confusione in Europa, per lo stop di qualche giorno del vaccino di AstraZeneca. Era proprio necessario? Quali sono le implicazioni?
Francesco De Leo. Bloomberg ha scritto che i ritardi dovuti alla sospensione del vaccino di AstraZeneca hanno contribuito a creare incertezza sui mercati. È una valutazione, a mio parere, affrettata. Stiamo parlando della maggiore crisi epidemica che l’Europa ha dovuto affrontare dal 1900 ad oggi. In molti lamentano che l’Europa è stata in grado di vaccinare per ora solo l’8% della propria popolazione, contro il 23% della Gran Bretagna. C’è un gap di coordinamento a livello internazionale e certo non riguarda solo i 27 Paesi membri dell’Unione Europea.
Key4biz. E allora cosa fare?
Francesco De Leo. Occorre dare il tempo alla logistica degli approvvigionamenti e della distribuzione di mettersi a regime. Tutti vorremmo vedere una maggiore velocità d’azione, ma una volta messa a punto la “macchina” saremo pronti ad affrontare anche le pandemie che potrebbero emergere in futuro. Viviamo in un contesto di ipercompetizione anche fra Stati, con un’accelerazione del confronto fra USA e Cina su scala globale e con il rischio che le tensioni si scarichino sull’Europa. E’ chiaro che i governi puntino anche sull’arma della “propaganda”, per cercare di attirare il favore degli investitori. Per farsi un quadro preciso, è bene valutare tutti i dati disponibili e l’autorevolezza delle fonti. Quindi direi che occorre avere prudenza nel giungere a conclusioni affrettate.
Key4biz. Un esempio?
Francesco De Leo. Si, ma intanto di metodo. L’orientamento di “brevissimo termine” porta con sé il rischio di avere il senso “di vivere alla giornata”. E troppo di frequente si gioca con le aspettative delle persone e dei mercati, come è successo la scorsa settimana con lo stop ad AstraZeneca. Tutto questo provoca un sentiment diffuso di inquietudine a tutti i livelli, nessuno escluso. Iniziamo con il dire che si ritornerà a una “pseudo” normalità solo quando sarà vaccinato il 75-80% della popolazione mondiale. Conti alla mano, 8 miliardi di persone sul pianeta, quasi 10 milioni di vaccini somministrati al giorno, vuol dire che abbiamo davanti a noi 800 giorni, ovvero 2 anni 2 mesi e 10 giorni. Abbiamo un appuntamento con la Storia a marzo 2023. Fino a quel giorno, continueremo ad essere impegnati in un’attraversata nel deserto. La svolta non è dietro l’angolo e non possiamo ritardare di un solo giorno, perché ogni giorno perso ci allontana dal traguardo.
Key4biz. Quindi, mi pare sia tangibile il rischio di giungere a conclusioni affrettate se non si guardano i numeri con attenzione.
Francesco De Leo. Direi, di sì e non potrebbe essere altrimenti. Abbiamo degli indicatori che ci fanno pensare che siamo prossimi alla fine di un ciclo economico che è durato 80 anni, ma non abbiamo ancora maturato l’esperienza necessaria per ridurre i costi di transizione associati alla trasformazione in atto. Possiamo, quindi, andare incontro a sorprese, anche perché l’effetto complessivo della pandemia è stato quello di accelerare i tempi di questa trasformazione. È come se vivessimo in un mondo bipolare. Da un lato siamo confinati nelle nostre residenze, per via dei ripetuti lock-down, e quindi percepiamo una maggiore lentezza nel trascorrere del tempo, mentre dall’altro il mondo fuori dalla nostra porta sta accelerando e cambiando più repentinamente del previsto. Meglio non lasciarsi ingannare. Perché il tempo oggi scorre più veloce e non ci possiamo permettere di accumulare ritardi.
Key4biz. Siamo partiti con un tocco di ottimismo, ma vorrei riportarla alla criticità del momento: quali i trend e i numeri del villaggio globale?
Francesco De Leo. La settimana scorsa il numero di persone che si sono trovate disoccupate negli Stati Uniti è cresciuto di 770 mila unità, contro le 700 mila attese dai mercati. È un dato negativo, che conferma una tendenza nel mercato americano ed è bene non sottovalutarlo, perché viviamo lo stesso problema nei paesi dell’eurozona. Salute e lavoro sono le due vere emergenze, che la pandemia ha esacerbato. Detto questo, sono peraltro meno preoccupato dall’eccesso di liquidità che le banche centrali stanno immettendo nell’economia. È vero che ci sono dei rischi, ma non sarebbe stato possibile fare altrimenti. L’importante è che la liquidità riesca ad essere impiegata nell’economia reale e non finisca per essere una partita di giro fra istituzioni finanziarie, come in larga parte è successo in questi anni. L’eccesso di liquidità può comportare una distorta percezione del profilo di rischio da parte degli investitori, che potrebbe portare ad un’eccessiva esposizione, con conseguenze negative a medio termine. Ma qui siamo e da qui non ci muoviamo, perché non ci sono molti margini per optare su soluzioni differenti. Il mondo non si ferma e va avanti.
Key4biz. In che direzione?
Francesco De Leo. Due dati per tutti. Nella settimana che si è appena conclusa, si registra un’accelerazione degli investimenti verso la progressiva elettrificazione del settore automotive, con più di 100 miliardi di euro di investimenti solo in Europa, annunciati nei giorni scorsi, e la scelta di Morgan Stanley di offrire ai propri clienti l’accesso a fondi di investimento in cripto valute. Il cambiamento non si ferma e segue una direzione chiara. L’automobile è il trigger di un processo di trasformazione senza precedenti con al centro i grandi player nelle energie rinnovabili, come ENEL, e le cripto valute hanno acquisito a tutti gli effetti lo status di “nuova” asset-class. Difficile tornare indietro o tentare di riscrivere la storia. Siamo alle fasi conclusive di un ciclo economico, e all’alba di un nuovo mondo. Rimanere indietro vuol dire precludersi l’opportunita’ di rimanere in partita.
Key4biz. Velocità del cambiamento e transizione digitale globale, intanto in casa nostra c’è chi ritiene di poter ripristinare il monopolio della rete di telecomunicazioni attraverso la Rete Unica. A che punto siamo?
Francesco De Leo. Ci pensavo in questi giorni. Sono passati molti anni, segnati da altrettanti tentativi andati a vuoto nel cercare di avviare un percorso verso la realizzazione di una Rete Unica a banda larga. Il tutto aveva preso avvio nel settembre 2006 con il Piano Rovati, all’epoca del Governo Prodi, che portò alle dimissioni Marco Tronchetti-Provera da amministratore delegato di Telecom Italia. Ma vorrei ricordare che su quella vicenda cadde anche un governo… Più di recente, a luglio 2018 ci riprovò Amosh Genish, nel suo ruolo di AD di TIM. Alle sue azioni fecero seguito le dichiarazioni di Luigi Di Maio (all’epoca Vice Primo Ministro e Ministro dello Sviluppo Economico) che il 14 novembre 2018 annunciava a Reuters che il suo auspicio era quello di arrivare ad una decisione sulla Rete unica entro la fine dell’anno. Il giorno prima, il 13 novembre, Amosh Genish si era dimesso da AD di TIM. Sono passati due anni e quattro mesi e siamo ancora qui a parlarne. Nel contempo, il mondo è cambiato e l’evoluzione tecnologica ha registrato un’accelerazione senza precedenti.
Key4biz. Ma con il Governo Draghi non le sembra possibile un cambio di passo?
Francesco De Leo. Direi di sì. Le dichiarazioni della settimana scorsa di Giancarlo Giorgetti (Ministro dello Sviluppo Economomico) e di Vittorio Colao (Ministro dell’Innovazione e della Transizione Digitale) vanno in questa direzione. Può essere l’occasione giusta, e se ne sentiva il bisogno. Si è passati dalla fretta affannosa con cui sono stati vissuti questi ultimi due anni ad un senso condiviso di urgenza. Verrebbe da dire che è un cambio di metodo e non solo di stile. E il metodo, come sempre, fa la differenza: è l’impronta del Governo Draghi.
Key4biz. E in termini di metodo, quali sono i punti chiave?
Francesco De Leo. Direi che in estrema sintesi sono essenzialmente tre. Il primo è che non si può tornare a monopoli privati, verticalmente integrati, perché soffocano l’innovazione. Il secondo è che il Paese vive un’arretratezza ereditata dal passato ed un ritardo che deve essere colmato entro il 2026 in anticipo rispetto ai tempi imposti da Bruxelles (EU, Digital Compass 2030). Infine, il terzo è la necessità di garantire parità di accesso e concorrenza per tutti i soggetti coinvolti. Una scelta di forte aderenza al dettato europeo, apprezzata dai mercati finanziari che vedono nel Governo guidato da Mario Draghi un elemento di stabilità ed autorevolezza per tutta l’eurozona.
Key4biz. La rivisitazione del progetto Rete Unica può essere un’opportunità?
Francesco De Leo. Direi proprio di si. Qualche volta essere in ritardo rispetto ai propri competitor può rivelarsi un vantaggio. La progressiva elettrificazione del settore automotive ha portato ad un’accelerazione senza precedenti della convergenza fra reti elettriche e reti di telecomunicazione. Le reti in fibra ottica dei principali operatori europei non sono state studiate per supportare i servizi di mobilità di nuova generazione (MaaS, Mobility as a Service), che promettono di essere il trigger di una trasformazione profonda di alcuni dei settori trainanti delle nostre economie. L’impressione è che quando ancora oggi, ad anni di distanza, si discute di Rete Unica, il focus sia principalmente sul tema dei servizi di rete fissa. Ecco questo vuol dire che stiamo ragionando ancora sul passato, senza tenere presente che ci dobbiamo far trovare pronti fra 5-7 anni, quando il futuro sarà diventato il nostro presente. Così come è, il progetto Rete unica paventato negli ultimi 10-12 mesi non può funzionare, perché si rischia di impegnare il Paese su investimenti che dovrebbero proiettarci in avanti, ma che alla prova dei fatti sono già obsoleti in partenza. Questo è un errore di impostazione che non ci possiamo permettere. La Rete Unica può rappresentare un’opportunità irripetibile per trasformare il nostro Paese nel più importante laboratorio di innovazione in Europa: possiamo diventare un “Innovation Nation”. Ma deve essere congegnata in modo differente e senza ritorni al monopolio.
Key4biz. Possiamo entrare nel dettaglio del tema?
Francesco De Leo. Le reti in fibra ottica dei principali operatori del settore in Europa sono il risultato di una dinamica di investimenti iniziata più di 10 anni fa, quando a tutti gli effetti si pensava alla fibra ottica come un upgrade delle tradizionali reti fisse. Ma l’architettura, la topografia e la struttura dei data-center sono frutto di un’impostazione che non poteva prevedere l’accelerazione che sta oggi vivendo il settore automotive. Sono 10 anni, e forse più, di investimenti che si sono trasformati in un’eredità pesante. Per il nostro Paese è diverso, perché l’impostazione della Rete Unica può ripartire direttamente su nuove basi. L’obiettivo non può essere solo quello di collegarsi da casa in video-conferenza o scaricare le partite di calcio della Serie A o accedere ai contenuti di Netflix, Amazon o ABC-Disney più velocemente. Non voglio dire che questo non sia importante, ma si può e si deve fare molto di più, trasformando il nostro Paese in uno degli “innovation-catalyst” per l’industria, l’energia e l’automotive su scala globale. È un obiettivo alla nostra portata.
Key4biz. Ma allora quali sono gli errori di impostazione del precedente progetto di Rete unica che vanno modificati?
Francesco De Leo. In primo luogo, occorre rivedere l’impostazione della Rete Unica nel suo complesso. La visione attuale è troppo sbilanciata sull’upgrade dei servizi di telefonia fissa. Una visione moderna deve tenere presente che si corre veloci verso l’integrazione di più tecnologie ed architetture di rete che devono essere poste nelle condizioni di potere “dialogare” fra di loro in modo “seamless”, senza soluzione di continuità. In secondo luogo, occorre valorizzare i passi avanti che si sono già realizzati in tema di convergenza fra energia, telecomunicazioni ed automotive. Open Fiber è fra gli operatori all’avanguardia in Europa e sarebbe antistorico penalizzarlo, rallentandone la crescita per interessi di parte e contro gli interessi del Paese. Da ultimo, ma non meno importante, è fondamentale confrontarsi con i principali attori del settore automotive, come Tesla, Ford, Volkswagen, Stellantis, solo per citarne alcuni. Siamo un Paese che ha ancora la possibilità di giocarsi una partita importante su scala europea. Da Torino alla Motor Valley in Emilia-Romagna abbiamo tutto per potere guidare la trasformazione in corso. Ricordo solo che, quando ero in Telecom Italia, nel 1999 venne a Roma per un incontro Bill Gates. Mi disse subito che veniva in Italia solo due giorni l’anno, a gennaio dopo il World Economic Forum a Davos, per incontrare il Presidente della Repubblica. Ma gli avevano riferito qualche giorno prima dei nostri progetti sulla banda larga, e voleva saperne di più. Se si hanno idee valide, gli investitori bussano alla porta.
Key4biz. Eppure, solo la settimana scorsa sono state rivolte critiche pesanti dalla politica verso i ritardi accumulati da Open Fiber. Lei è d’accordo?
Francesco De Leo. Temo che la politica si sia dimostrata più volte molto ingenerosa con il Paese reale e fin troppo indulgente con sé stessa. Analisti e mercati tendono a non lasciarsi impressionare troppo dai giudizi frettolosi del politico di turno. Fanno parte del gioco, e quindi non c’è interesse ad entrare nelle polemiche interne a questo o a quel governo. Gli osservatori guardano ai fatti, ai numeri ed all’autorevolezza del management. Basta guardare all’andamento di Borsa di titoli di società come Enel (azionista di controllo di Open Fiber), che con 85 miliardi di euro è la prima per capitalizzazione in Europa fra i suoi pari, giusto per farsi un’idea. Direi che non occorre aggiungere altro.
Key4biz. D’accordo, ma non mi ha risposto. I ritardi ci sono o no?
Francesco De Leo. Mi verrebbe da dire, parafrasando Sergio Marchionne: “in ritardo su cosa?”, per lo streaming dal divano di casa di una partita di Champions League o sul futuro dell’automobile? Dire che una società nata solo 5 anni fa come nel caso di Open Fiber sia già in ritardo di 3 anni, come qualcuno ha fatto, è di per sé pretestuoso. Open Fiber è già oggi il primo operatore “wholesale only” di reti in fibra in Europa. Mercati ed analisti lo sanno molto bene e quindi difficilmente si lasciano influenzare da polemiche di parte. Sarebbe come dire che lo stato di arretratezza del Paese accumulato negli ultimi 20 anni nella diffusione della banda larga siano colpa dell’ultimo arrivato. È come quando si è a cena con gli amici e per scherzo si fa pagare per tutti da chi si è presentato solo al momento di prendere il caffè. Ma in questo caso, c’è davvero poco su cui scherzare. Il Paese arriva stremato da un anno di pandemia e ci si attende un maggiore senso di responsabilità ed una difesa ad oltranza delle nostre aziende di punta e degli interessi di sicurezza nazionale. Dopo aver visto al lavoro i “leoni da tastiera”, rischiamo di ritrovarci con “sovranisti da salotto”. Aggiungo che, come Italiani, siamo di frequente i peggiori critici di noi stessi. Vista la situazione, sarebbe il caso di fare quadrato intorno alle eccellenze del nostro Paese. È vero che come diceva l’avvocato Gianni Agnelli: “una cosa fatta bene può essere fatta meglio”, ma viviamo tempi difficili, che nessuno avrebbe voluto incontrare nel percorso della propria vita. Sarebbe auspicabile vedere che anche la politica è finalmente in grado di voltare pagina. Il Paese non può aspettare all’infinito.
Key4biz. Allora si fa nuovamente spazio l’ottimismo?
Francesco De Leo. È così: si è passati dalla fretta che ha segnato due anni vissuti sulle dichiarazioni, senza riscontro nei fatti, ad un senso condiviso di urgenza ed alla scelta di un metodo. È il cambio di passo che ci si attendeva dal Governo Draghi e così è stato. Una buona notizia, che ci consente di affrontare il futuro che ci attende con maggiore fiducia, con uno sguardo aperto sul mondo che cambia. Vorrei chiudere ricordando le parole di Sergio Marchionne, che traducono in sintesi quello che credo sia anche l’orientamento del Governo Draghi: “Esiste un mondo in cui le persone non lasciano che le cose accadono. Le fanno accadere. Non dimenticano i propri sogni nel cassetto, li tengono stretti in pugno. Si gettano nella mischia, assaporano il rischio, lasciano la propria impronta. È un mondo in cui ogni nuovo giorno e ogni nuova sfida regalano l’opportunità di creare un futuro migliore. Chi abita in quel luogo, non vive mai lo stesso giorno due volte, perché sa che è sempre possibile migliorare qualcosa”. Questo è l’impegno che dobbiamo prenderci nei confronti di noi stessi e delle prossime generazioni. Ma lamentarsi è solo da provinciali. Il futuro è alle porte e il nostro Paese è ancora in gioco. È tutto nelle nostre mani.