Telecomunicazioni italiane: errori governativi a cascata; dumping a gogò; separazioni delle reti bislacche. La crisi delle Tlc italiane, di cui Tim è l’aspetto più eclatante ma non certo l’unico, è un guazzabuglio. Uno stallo che dura da troppo tempo in un settore strategico per la sicurezza del Paese, e dal quale non si intravede ancora una via d’uscita. “La crisi va affrontata in ottica di sistema. Il Governo non può girarsi dall’altra parte e lasciar fare al mercato, come ho sentito dire anche da un ministro. Stiamo parlando di un settore strategico per il Paese, le reti di telecomunicazioni. Il Governo non può fare come Don Abbondio sulle Tlc”. Lo ha detto Vito Gamberale, Presidente e Fondatore presso ITEЯ Capital Partners, ex amministratore delegato di Sip prima e di Tim poi, in precedenza al timone del Fondo F2I e ancora, fra le altre cose, di Autostrade.
Key4biz. Ingegnere, come è il quadro delle Tlc in Italia?
Vito Gamberale. Il quadro delle Tlc è costituito di due macro aspetti, uno dei quali si divide in due. Il primo macro aspetto è che tutto il settore in Italia è fortemente in crisi. La crisi di Telecom Italia è la più evidente, ma non è la sola. In Italia il settore è guidato dal dumping concorrenziale. Un eccesso di offerta rispetto alla naturale dimensione del mercato e alla naturale struttura dell’offerta.
Key4biz. Cosa dovrebbe fare il Governo?
Vito Gamberale. Il Governo dovrebbe coinvolgere le authority italiane ad accettare il riassetto del settore, per poi il Governo invogliare, facilitare il settore a delle aggregazioni con una forte semplificazione.
Key4biz. Il secondo aspetto?
Vito Gamberale. Il secondo aspetto è la crisi di Tim, che a sua volta si suddivide in due aspetti: il tema della rete e il tema del debito.
Key4biz. Il tema della rete?
Vito Gamberale. Prima di tutto, bisogna puntare sulla rete unica. Prendere quello che c’è di buono e di vero in Open Fiber e unirlo a Fibercop. Quando io dico ‘quello che c’è di vero e di buono in Open Fiber’ alludo all’ex Metroweb. Un errore importantissimo è stato fatto dal management di Telecom Italia nel 2012, quando F2I e Telecom Italia si confrontarono e decisero insieme di andarsi a ricomprare Metroweb. E quindi questa operazione io la impostai con Franco Bernabè. Poi Bernabè, all’improvviso, mentre le trattative andavano avanti, e avremmo dovuto acquisirla insieme, si tirò indietro e non ha mai spiegato perché. Quindi, andammo noi di F2I a fare l’offerta per Metroweb.
Key4biz. E poi?
Vito Gamberale. Peraltro, noi F2I nel 2013 presentammo alla Commissione competente del Senato un progetto, da condividere con Telecom Italia, per replicare Metroweb, che allora era un regional network concentrato in Lombardia, in ogni regione. E per fare in modo che il debito non pesasse sulle spalle di Telecom Italia, noi proponemmo a Telecom Italia di farla entrare in minoranza in ogni regional company, a cominciare da Metroweb, e poi di darle il diritto della call a distanza di 10-12 anni. Questo progetto pure fu portato avanti con un ottimo dettaglio, però poi anche su questo Telecom Italia si ritirò. Quindi, noi di F2I abbiamo sempre operato perché Metroweb venisse portata in Italia, perché era in mani straniere, e venisse accorpata a Telecom, favorendo peraltro lo sviluppo della larga banda. Però Telecom Italia, per due volte non ci è stata, senza mai spiegare perché.
Key4biz. Quindi?
Vito Gamberale. Quindi, Metroweb è finita ad Open Fiber e rappresenta la parte buina di Open Fiber, insieme a qualche altra cosa che ha preso da Infracom. Poi però Open Fiber sembra avere più speso che realizzato. Anzi, sarebbe importante andare a fare una analisi di come sono stati spesi i miliardi investiti da Open Fiber, perché su quei miliardi investiti in maniera aggiuntiva rispetto a Metroweb e Infracom io penso che ci sia parecchio da capire, perché sono state fatte che a prima vista appaiono inspiegabili e incomprensibili.
Key4biz. Cosa pensa della separazione della rete?
Vito Gamberale. La rete di Open Fiber, la rete di Enel è soltanto una disinvoltura politica. Poi, Enel ha trovato la maniera per uscirne e fare entrare Cassa Depositi e Prestiti e Macquarie. Bisognerebbe capire chi ha fatto le valutazioni, come sono state fatte. Ma bisognerebbe capire anche i patti parasociali tra CDP e Macquarie perché non sono per niente noti.
Ma la ricomposizione della rete in Italia è un falso problema: è una cosa sana che sta dentro a Fibercop, che deve recuperare il sano che c’è in Open Fiber e lasciare da parte tutto l’eventuale perimetro ‘farlocco’.
Key4biz. Una rete unica che deve stare dentro a Tim?
Vito Gamberale. La separazione della rete Tim dal servizio è una forzatura che le Authority stanno facendo a livello italiano ed europeo e che non corrisponde ad un modello dei più grossi paesi europei. Quini, Germania, Francia e Spagna. Anche su questo bisognerebbe finirla, perché è una discussione senza fondamento industriale. Bisognerebbe poi chiarire i patti parasociali fra KKR e Tim in Fibercop, e però fare uscire questi fondi perché non preludono a nulla di buono avendo una posizione dominante e di sicuro avendo dei patti parasociali che gli garantiscono l’exit, che costerà tanto più quanto più si attenderà. Poiché quella exit sarà basata su un ritorno annuale di double digit più anni passano e più il 10%-12% si deve calcolare ogni anno.
Key4biz. Ma non c’è un problema di Antitrust europeo?
Vito Gamberale. L’Antitrust europeo si è messo in mezzo trattando però in maniera discriminata l’Italia rispetto alla Germania, rispetto alla Francia, rispetto alla Spagna. Non si capisce perché in Italia si debba separare la rete: equivale ad un downrating telefonico imposto all’Italia da un organismo europeo che dovrebbe garantire la parità di condizioni.
Key4biz. Quindi, secondo lei i fondi dovrebbero uscire?
Vito Gamberale. Sì, bisognerebbe capire come liquidarli. E per liquidarli secondo me, non potendo coinvolgere completamente le Finanze e CDP – che secondo me rischia di aver fatto degli investimenti che, col tempo, potrebbero apparire non meditati, come valori, specialmente lato Open Fiber -; bisognerebbe coinvolgere capitali istituzionali come fondi previdenziali, fondi pensione, fondazioni bancarie insieme a CDP,. Poi, volendo, anche F2I ma non aggiunta e a copertura di ciò che esiste di storto, ma in associazione ad un riassetto globale di quell’azionariato.
Key4biz. E ancora?
Vito Gamberale. Poi, c’è un problema dell’equilibrio finanziario di Tim e quindi lì, probabilmente servirà un aumento di capitale oppure una messa a disposizione di capitali non onerosi per poter ridurre il debito per lo meno di 10-12 miliardi. Per questo dico che non si può guardare a Tim stand alone. Sono certo che un progetto di questo genere, un riassetto degli operatori ma forzato come fu fatto nel ’63 per le reti elettriche, ridarebbe valore all’azienda, ridarebbe valore al settore, farebbe terminare questo dumping pericolosissimo sul settore e nello stesso tempo ridarebbe valore all’asset e potrebbe risultare di soddisfazione anche per Vivendi.
Key4biz. A proposito di Vivendi, cosa ne pensa?
Vito Gamberale. Vivendi ha fatto il suo investimento, non sappiamo chi l’ha aiutata alle valorizzazioni e perché accettò di pagare tanto. Però, a parte questo, dall’ingresso di Vivendi in Tim (l’annuncio è del 6 ottobre 2015 ndr) – è l’investitore privato di più lunga permanenza in Tim – ha visto aumentare il dumping e aumentare in maniera distorta la concorrenzaperché le authority lo hanno permesso. Ma ad esempio, che c’entra Poste Mobile?
Key4biz. Ma Vivendi da quando è entrata in Italia cosa ha fatto?
Vito Gamberale. Vivendi deve chiarire il suo progetto. Di sicuro ci ha messo soldi, si comporta da investitore industriale che difende il proprio rischio. Mi sembra che siano gli unici a non aver stipulato dei patti parasociali che ne proteggano il capitale e il rendimento. Quindi, rispetto ai fondi, è un puro e vero capitale di rischio. Però da parte sua ci sono delle ragioni che non ha mai avanzato e che sono quelle dell’aumentato dumping nel mercato perché le authority hanno permesso l’entrata sul mercato del quarto operatore. E poi di altri quattro!. Eppure, anche un ministro pochi giorni fa diceva “Noi non interferiamo in cose che riguardano aziende private”. Ma questo è il segnale dell’assenza di una politica industriale perché questo non è un settore privato, è un settore strategico per la sicurezza nazionale. Adesso la politica si occupa persino, giustamente, del prezzo della pasta. E non si occupano del dumping telefonico? Cioè, il Governo interviene su come calmierare i prezzi della pasta e non interviene sul settore strategico del Paese, che contiene anche una incidenzq notevole sulla sicurezza del Paese? E’ una cosa veramente incredibile. Il Governo dovrebbe individuare un ristretto numero di esperti indipendentie disinteressati. Gente esperta del settore che per età e interessi non è minimamente condizionabile nel pensiero e negli interessi e affidare a questi il compito di fare un progetto di riassetto e riequilibrio del settore in tre mesi.