Rete Tim? Si va verso un nulla di fatto? Il rischio che alla fine non succeda niente, che tutta questa stagione di lanci e rilanci si concluda con una bolla di sapone, diventa di giorno in giorno più concreta. Il rischio vero per la industry delle telecomunicazioni italiane è che finisca con un grande flop in stile Alitalia, dicono alcuni. Il rischio di sfascio totale c’è, perché nessuno ha espresso un’idea di strategia a lungo termine sul futuro di Tim e della industry.
Titolo Tim in ribasso
Il titolo Tim apre in ribasso dopo l’arrivo delle nuove offerte da parte di Cdp-Macquarie e KKR. Il fondo americano avrebbe alzato la proposta iniziale fino a circa 23 miliardi (nel caso vengano soddisfatte determinate condizioni sui contratti di servizi e sul debito), mentre Cdp-Macquarie avrebbe mantenuto sostanzialmente invariata la valutazione di circa 19,3 miliardi.
Le proposte verranno esaminate dal Cda il 19 e il 22 giugno, Vivendi, primo azionista della società con il 23,75%, valuta la rete 31 miliardi e avrebbe già rispedito al mittente la nuova tornata di offerte.
Vivendi non accoglie i rilanci
Di fatto, Vivendiboccia i rilanci “inconsistenti” di Kkr e Cdp-Macquarie sulla rete di Tim, a valle dei quali ritiene si possa “chiudere” in modo definitivo la “stagione delle offerte”.
I francesi, riferiscono fonti a loro vicine, si attendono che Tim, che “ha già bocciato offerte sostanzialmente uguali” confermi “questa linea”.
“La retorica per cui Tim debba vendere la rete per sopravvivere va smentita fortemente perché esistono altri piani che raggiungono lo stesso obiettivo con meno sforzo economico”.
“Occorre un cambio di passo” per “aprire un nuovo capitolo con una visione strategica industriale e non puramente finanziaria”.
Scannapieco (Cdp), per Tim tempi più lunghi del previsto
Sulla trattativa per la società della rete di Tim “i tempi saranno probabilmente più lunghi di quello che uno immagina, vedremo quello che accade ma non drammatizzerei. Ci sarà bisogno di tempo e lo scenario è in evoluzione”. Lo ha detto l’amministratore delegato di Cdp, Dario Scannapieco. Scannapieco ricorda come “l’Italia è al terz’ultimo posto in Europa per utilizzo della fibra, e abbiamo due società con sinergie che possono essere sfruttate”. “La scelta di separare la rete e sviluppare la concorrenza sui servizi mi sembra sostenibile” conclude.
Ma quanto tempo ci vorrà? L’azienda e la industry possono permettersi una guerra di logoramento? C’è una deadline almeno indicativa?
KKR contrario
Inoltre, KKR ha fatto sapere che in caso di operazione congiunta con Cdp, la Cassa depositi e prestiti dovrebbe restare in minoranza. Che fine farebbe allora la rete a controllo pubblico di cui parlava Giorgia Meloni in campagna elettorale?
Intanto, martedì è prevista un’audizione dei rappresentanti di Tim in Senato, in commissione Lavori pubblici, in merito al piano di sviluppo aziendale e sul futuro della rete nazionale. Sul versante governance invece mercoledì 14 giugno nell’agenda del colosso delle telecomunicazioni c’è un consiglio di amministrazione chiamato a integrare il board e nominare il sostituto di Arnaud de Puyfontaine, amministratore delegato di Vivendi, che ha lasciato a gennaio il consiglio. In lista il candidato spinto dal socio francese, l’ex presidente di Leonardo Luciano Carta. Ma il Comitato nomine è al lavoro e altri nomi potrebbero essere oggetto di valutazione.
Nel frattempo, il Sole 24 Ore parla della possibilità di scorporo delle aree nere di Open Fiber, che potrebbero fare gola a Macquarie per lasciare invece le aree bianche a Cdp. Un’ipotesi, quella della divisione di Open Fiber e dell’acquisizione delle aree nere da parte di un investitore privato, già avanzata su Key4biz a gennaio che potrebbe adesso diventare di attualità per risolvere lo stallo in cui si trova la vicenda della rete Tim.
Cdp non può fare un’operazione del genere perché incorrerebbe nelle maglie dell’Antitrust.
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