La privacy o la vita? In questi termini sta nascendo, in queste ore, un acceso dibattito tra chi propone al Governo l’utilizzo della tecnologia per tracciare e geolocalizzare i positivi al Covid-19 con l’obiettivo di impedirne gli spostamenti e chi, invece, sostiene che l’emergenza non deve essere l’alibi per dare vita a una sorveglianza sanitaria di massa.
Tra i principali sostenitori dell’introduzione in Italia delle tecnologie per contribuire a contrastare il virus c’è Matteo Renzi:
“Altri Paesi come Corea del Sud e ora Israele stanno investendo sulla tecnologia tracciando i contagiati con i telefonini. È la strada giusta, anche per noi”, ha scritto il leader di Italia Viva, che poi ha condiviso sui social anche questo video:
Con il telefonino oggi tu puoi utilizzare i movimenti delle persone allo scopo di ridurre i rischi del contagio. Questo uso capillare della tecnologia può permettere di ridurre il numero dei contagi e di anticipare i tempi della cura.
— Italia Viva (@ItaliaViva) March 17, 2020
Perché non copiarlo? @matteorenzi pic.twitter.com/NsIs5SQg4G
Il riferimento è a quest’app usata dalla Corea del Sud per controllare, tramite il Gps dello smartphone, il rispetto della quarantena.
Abbiamo chiesto a Renzi, siamo in attesa di una risposta, cosa propone tecnicamente: un’app? Chi la realizza e come è prevista la gestione dei dati sensibili?
A rilanciare la proposta di Renzi è Roberto Burioni:
“Non è il momento di fisime sulla privacy: c’è la vita dei cittadini in gioco. Usiamo al meglio la tecnologia che abbiamo per tracciare gli infettati e impedire i contagi. Subito”, ha scritto su Twitter il virologo.
Morelli (Lega) Presidente Commissione Tlc: ”Usare big data contro il Coronavirus, come fatto in Corea del Sud”
Anche la Lega propone l’utilizzo delle tecnologie per contrastare il virus. – “Big data contro il Coronavirus, subito un tavolo con le Telco per perseguire le best practice della Corea del Sud”, questa la strada indicata da Alessandro Morelli, presidente della commissione Telecomunicazioni alla Camera, che spiega “La battaglia, infatti, non è solo sanitaria, perché la gestione dei big data può contribuire a vincere la sfida come dimostra l’esperienza coreana”.
“Siccome non stiamo parlando di una oppressiva dittatura comunista ma di un Paese democratico”, continua Morelli, “ritengo fondamentale seguirne l’esempio anche sotto il profilo della privacy del cittadino, ricordando che, vista la situazione, la stragrande maggioranza degli italiani aderirebbe ad una campagna di screening digitale anche volontariamente”, sostiene il deputato della Lega.
“In momenti come questi”, conclude Morelli, “ogni via deve essere tentata e quella digitale è un’autostrada a disposizione che oggi non è ancora stata percorsa. Per questo siamo pronti a lanciare un tavolo con le grandi aziende del digitale che operano in Italia per contribuire alla lotta contro il virus mentre al governo tocca il compito di ‘importare’ e contestualizzare l’esperienza coreana”.
Queste proposte si possono realizzare? Il GDPR lo consente?
Il diritto alla privacy, che è un diritto di libertà, può essere limitato temporaneamente per ragioni di salute pubblica, questo lo prevede proprio la normativa europea (l’articolo 16 del GDPR e l’articolo 15 della direttiva ePrivacy). Infatti il GDPR consente l’adozione di misure emergenziali per il trattamento dei dati particolari, compresi quelli sanitari, in deroga alle regole ordinarie in caso di epidemie e di sicurezza nazionale. Ma sempre nel rispetto dei generali principi di proporzionalità, trasparenza e accountability, ci ha spiegato il Prof. Avv. Emilio Tosi, Professore Associato Abilitato di Diritto Privato – Università degli Studi di Milano Bicocca.
Proprio ieri Andrea Jelinek, presidente dell’EDPB, il Comitato europeo per la protezione dei dati, ha precisato che “…quando non è possibile trattare solo dati anonimi, l’art. 15 della direttiva ePrivacy consente agli Stati membri di introdurre misure legislative per la sicurezza nazionale e pubblica Questa legislazione di emergenza è possibile a condizione che costituisca una misura necessaria, adeguata e proporzionata all’interno di una società democratica. Se vengono introdotte misure di questo tipo, uno Stato membro è tenuto a istituire garanzie adeguate, come garantire alle persone il diritto a un ricorso giurisdizionale”.
In conclusione, il Governo con l’ok del Parlamento può introdurre, solo per lo scopo di contrastare il virus e fino alla fine dell’emergenza la geolocalizzazione per i positivi al COVID-19, ma non può dare vita a un tracciamento sanitario di massa.
Ieri sul tema è intervenuto il Garante privacy: “è possibile limitare la privacy, ma solo per l’emergenza e sotto il controllo della Protezione Civile”, ha dichiarato Antonello Soro.