Presentata la seconda relazione sullo stato dell’Unione energetica europea col fine di segnare con più decisione la strada che tutti gli Stati membri dell’Unione europea (Ue) devono seguire per promuovere la trasformazione dell’economia da ‘fossile’ a ‘green’ e inziare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio (low carbon economy).
Situazione
L’Ue è il primo importatore di energia al mondo: importa il 53% del proprio fabbisogno con un costo di circa 400 miliardi di euro all’anno. Una rete europea dell’energia adeguatamente interconnessa potrebbe generare risparmi fino a 40 miliardi di euro l’anno per i consumatori. Ad oggi, 12 Stati membri ancora non soddisfano l’obiettivo minimo di “interconnessione energetica dell’Ue”, per cui almeno il 10% della capacità installata di produzione di elettricità deve poter “attraversare le frontiere”.
Il 75% del nostro parco immobiliare è a “bassa efficienza energetica” e il 94% per cento dei trasporti dipende dai prodotti petroliferi, di cui il 90% importati.
Solo nel periodo fino al 2020, stiamo i ricercatori europei, occorrerà investire oltre 1 000 miliardi di euro per innovare e rendere sostenibile l’intero settore energetico europeo.
Obiettivi a breve termine
Il piano generale prevede di ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030, incrementare l’energia da fonti rinnovabili almeno del 27% e migliorare l’efficienza energetica almeno del 27%.
Il Vicepresidente Maros Sefcovic, responsabile per l’Unione dell’energia, ha dichiarato: “L’Unione dell’energia non si occupa solo di energia e clima, ma intende accelerare la fondamentale modernizzazione dell’economia europea nel suo complesso, trasformandola in un’economia a bassa emissione di carbonio ed efficiente nell’uso dell’energia e delle risorse, in modo socialmente equo. La maggior parte delle proposte legislative pertinenti sono ormai in corso d’esame: il 2017 dovrebbe essere l’anno dell’attuazione. È questo il messaggio che intendo proporre agli Stati membri durante le visite del nuovo tour dedicato all’Unione dell’energia, che lancerò il 3 febbraio“.
“Non ci sono alternative. E i fatti si commentano da soli: le energie rinnovabili sono ora più competitive e talvolta più a buon mercato dei combustibili fossili, danno lavoro a oltre un milione di persone in Europa, attraggono maggiori investimenti rispetto a molti altri settori, e hanno ridotto di 16 miliardi di euro la nostra fattura per le importazioni di combustibili fossili”, ha invece commentato Miguel Arias Cañete, Commissario per l’Azione per il clima e l’Energia.
L’Ue ha già raggiunto l’obiettivo fissato al 2020 per quanto riguarda il consumo di energia finale. Lo stesso vale per le emissioni di gas a effetto serra: nel 2015 erano del 22% inferiori ai livelli del 1990. Siamo inoltre sulla buona strada anche nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, dove – in base ai dati del 2014 – la quota di energie rinnovabili ha raggiunto il 16% del consumo lordo di energia finale dell’Unione.
Un’altra importante tendenza consiste nel fatto che l’Ue continua a dissociare con successo la crescita economica dalle emissioni di gas a effetto serra. Nel periodo 1990-2015, il prodotto interno lordo (PIL) combinato degli Stati membri dell’UE è aumentato del 50%, mentre le emissioni sono diminuite del 22%.
Bruxelles ha inoltre deciso di concentrarsi con più attenzione sulla diplomazia energetica, prefiggendosi di incrementare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, di far crescere le esportazioni di tecnologie europee a bassa intensità di carbonio e di potenziare la competitività industriale europea.
Nel 2016, la Commissione ha presentato inoltre una strategia europea per la mobilità a basse emissioni caratterizzata da un obiettivo ambizioso e chiaro: entro la metà del secolo le emissioni di gas a effetto serra provenienti dai trasporti dovranno essere inferiori di almeno il 60% rispetto al 1990 ed essere instradate saldamente su un percorso di avvicinamento allo zero, allo stesso tempo “assicurando costantemente sia le esigenze di mobilità dei cittadini e delle merci, sia la connettività globale”.