Le azioni di Twitter hanno ceduto il 6% durante la testimonianza, di ieri, dell’amministratore delegato Jack Dorsey, davanti alla Commissione Intelligence del Senato. Dorsey ha testimoniato accanto al numero due di Facebook Sheryl Sandberg sull’ingerenza subite dalle piattaforme social durante le elezioni americane del 2016. È stato invitato anche Google, ma il gigante tecnologico ha rifiutato di inviare il suo Ceo o quello del suo controllante, Alphabet. Nel frattempo il ministro della Giustizia Jeff Sessions, dopo l’attacco di Trump contro i big del web, ha annunciato una sorta di indagine per verificare se i social “ostacolino la concorrenza soffocando intenzionalmente il libero scambio di idee attraverso una presunta azione di censura”.
L’audizione di Twitter e Facebook
Twitter era “impreparato e mal attrezzato” per la vasta campagna di manipolazione che ha colpito i social media negli anni scorsi, ha dichiarato l’amministratore delegato Dorsey, che ha riconosciuto che il microblogging era stato creato per funzionare come una “piazza pubblica” ma è stato incapace di affrontare “abusi, molestie, eserciti di troll e propaganda attraverso i robot”. “Non siamo orgogliosi di come questo scambio libero e aperto sia stato armato e usato per distrarre e dividere le persone e la nostra nazione”, ha detto ai senatori. “Ci siamo trovati impreparati e male equipaggiati per l’immensità dei problemi che abbiamo riconosciuto”.
Twitter è stato accusato a più riprese di una pratica comunemente chiamata ‘shadow ban’, con la quale la piattaforma oscurerebbe determinati account nei risultati di ricerca. L’attacco è arrivato direttamente dal presidente americano, Donald Trump che ha accusato Twitter, Facebook e Google di essere schierati politicamente. Letteralmente Trump ha detto che ‘Google è truccato’.
I repubblicani sostengono che gli account conservatori vengono spesso oscurati; e la scorsa settimana Trump ha detto che “Google, Twitter e Facebook stiano in acque pericolose e devono stare attenti”.
Ecco la replica di Twitter. “Crediamo nell’imparzialità e lottiamo per rafforzare la nostra imparzialità”, ha replicato Dorsey. E ha spiegato che, sulla base dei suoi dati, un singolo tweet scritto da un repubblicano è visto tanto quanto uno scritto da un membro democratico del Congresso.
Facebook: ‘Aperta ad una più severa regolamentazione del settore purché sia quella giusta’
Accanto Jack Dorsey era seduta Sheryl Sandberg, capo esecutivo di Facebook. Come il suo capo Mark Zuckerberg all’audizione di aprile scorso sullo scandalo Cambridge Analytica, anche la numero due del social ha fatto mea culpa per i ritardi con cui ha contrastato troll e fake news attraverso cui i russi hanno inquinato il processo elettorale americano nel 2016. Ma assicura come da allora siano stati fatti grandi passi in avanti, nonostante la sfida per difendere la democrazia dalle infiltrazioni sui social media sia ancora lungi dall’essere vinta.
“Siamo stati troppo lenti ad individuare il problema e troppo lenti ad agire”, ha ammesso Sandberg, da mesi nel mirino per quanto accaduto con lo scandalo della Cambridge Analytica, con i dati personali di milioni di americani rubati e utilizzati per favorire la campagna di Donald Trump. Sicura e per nulla intimorita dal fuoco di fila delle domande Sandberg ha comunque assicurato come il lavoro svolto stia dando buoni risultati: “Stiamo fermando la diffusione delle fake news”, anche se non è sempre facile individuare chi vuole inquinare la nostra piattaforma: “I nostri nemici sono ben finanziati e noi stiamo investendo tantissimo per rafforzare i nostri sistemi”, ha aggiunto, dicendosi aperta ad una più severa regolamentazione del settore, “purché sia quella giusta”. Anche Mark Zuckerberg sulle colonne del Washington Post assicura come Facebook abbia “rafforzato le proprie difese. Ma è come in una corsa agli armamenti – ha aggiunto – e per combattere le interferenze sulle elezioni servirà un sforzo congiunto tra i settori pubblico e privato per proteggere la democrazia”.
Accanto Jack Dorsey, il numero uno di Twitter, ha quindi assicurato come oramai tutti abbiano imparato la lezione del 2016: “Ma serve più trasparenza e dobbiamo lavorare insieme, rafforzare la cooperazione tra noi. Non possiamo farcela da soli” contro un nemico sempre più intrusivo e ben finanziato, che rischia di minacciare il voto anche nelle prossime elezioni: non solo in Usa con il voto di metà mandato a novembre ma anche in Europa.
Abbiamo davanti una sfida enorme e dobbiamo lavorare insieme, è impossibile farcela da soli. Questo il messaggio che i vertici di Facebook e Twitter hanno lanciato al Congresso.
La sedia vuota di Google e l’indagine Antitrust sui big del web
Invece, grande assente a Capitol Hill Google, con i due big Larry Page e Sundar Pichai che hanno snobbato l’audizione decidendo di non presentarsi, dopo gli attacchi della Casa Bianca, che sta studiando una norma per rendere imparziale gli algoritmi di Google, Facebook e Twitter. Contemporaneamente il ministro della Giustizia Jeff Sessions ha annunciato una sorta di indagine per verificare se i big del web “ostacolino la concorrenza soffocando intenzionalmente il libero scambio di idee”. Questo – si legge in una nota – attraverso una presunta azione di censura sulle piattaforme dei social media. Un incontro a proposito si svolgerà entro fine mese e la minaccia è anche quella di avviare un’azione antitrust contro i principali gruppi della Silicon Valley.