La notizia è stata resa nota soltanto ieri sera, e quindi la stampa quotidiana di oggi venerdì 5 novembre non le assegna l’importanza che merita, ma una testata come “Key4biz” non può segnalare l’importanza della decisione: l’Italia ha finalmente recepito la cosiddetta “Direttiva Copyright”.
Ieri pomeriggio il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva dell’Unione Europea sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato anche il Decreto sulla Direttiva “Servizi Media Audiovisivi”, imponendo un obbligo di investimento, per le tv “on demand”, che passa al 17 % dell’anno 2022 al 20 % dell’anno 2024.
Si dovrà attendere la pubblicazione dei testi definitivi per una analisi accurata, e per ora ci si deve limitare ad evidenziare le principali novità introdotte, secondo quel che risulta dalle comunicazioni ufficiali dell’Esecutivo.
Per quanto riguarda la Direttiva Copyright, il provvedimento – che era stato emanato dal Governo lo scorso agosto a seguito di una consultazione con le diverse realtà del settore – è stato approvato in via definitiva, “tenendo conto di alcune delle osservazioni espresse dalle commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato che ringrazio per l’importante lavoro svolto”, ha commentato al proposito il Ministro della Cultura Dario Franceschini.
Il Ministro enfatizza come il provvedimento preveda una tutela rafforzata per autori e artisti con norme chiare e meccanismi trasparenti e adeguati all’era digitale: “l’obiettivo di fondo è quello di adattare la legge sul diritto d’autore all’ambiente digitale contemporaneo. così da garantire maggiori tutele ai titolari dei diritti e, allo stesso tempo, nuove opportunità per l’industria creativa. Gli autori sono al centro di questo intervento, senza il gesto creativo non ci sono contenuti: il valore autoriale, così come quello degli artisti interpreti ed esecutori, deve essere difeso, anche attraverso una maggior trasparenza dell’utilizzo delle opere da parte delle piattaforme digitali”.
Le critiche manifestate dagli autori sono state superate? La auspicata “risposta adeguata” è stata consegnata? Necessario attendere il testo finale e definitivo
Si ricordi che ad inizio settembre Ligabue, Gianna Nannini, Paolo Fresu, Frankie Hi-Nrg e altre 2.000 voci del panorama italiano avevano sollecitato l’attenzione delle istituzioni, manifestando preoccupazioni per le scelte compiute dal Governo in merito all’attuazione della Direttiva Copyright: “noi artisti della musica italiana siamo molto preoccupati per le scelte compiute dal Governo in merito all’attuazione della Direttiva Copyright… Scelte che se non mutate pregiudicheranno il futuro e la sostenibilità del lavoro di tutti gli artisti e musicisti. La Direttiva Copyright dice chiaramente che autori e artisti hanno il diritto a ricevere compensi adeguati per le utilizzazioni delle loro opere. In particolare, chiede agli Stati Membri di trovare soluzioni che tutelino le parti deboli nel contesto digitale. Le soluzioni proposte dal Governo purtroppo non vanno però in questa direzione. In particolare, non si è voluto risolvere la questione che vede migliaia di artisti non percepire alcun compenso per gli utilizzi delle proprie opere da parte delle piattaforme in streaming on demand”.
E specificavano concretamente: “com’è possibile non intervenire quando la maggior parte degli artisti della musica non riceve nulla per l’utilizzo delle proprie opere in streaming, e se ai più fortunati capita di ricevere lo 0.46% di quanto incassa una piattaforma come Spotify o Apple Music? Questo in un mercato digitale che nel 2020 ha rappresentato l’81 % dei ricavi totali per l’industria discografica, con ricavi da abbonamenti streaming che nel primo semestre del 2021 sono cresciuti del 41 %. È per questo che chiediamo con forza al Ministro della Cultura, a tutto il Governo e al Parlamento di voler introdurre un diritto al compenso per lo streaming in favore degli artisti della musica corrisposto dalle piattaforme on demand, così come del resto è già previsto a carico di Radio e Tv. Ci aspettiamo che chi ci rappresenta nelle Istituzioni sappia ora consegnarci la risposta adeguata”.
Le critiche manifestate dagli autori sono state superate? La auspicata “risposta adeguata” è stata consegnata?!
Sarà necessario attendere la versione definitiva del testo, per analisi approfondita. Nelle more, va segnalato che il Ministero si vanta che “il testo è il frutto di un intenso lavoro con il Dipartimento per l’Editoria e le altre amministrazioni coinvolte, nonché di un costante dialogo con le associazioni e le rappresentanze di categoria del settore”.
Il Presidente della Fimi Enzo Mazza precisa a “Key4biz”: “non è stata introdotta la remunerazione aggiuntiva richiesta. Rimane su base contrattuale, come da modifica dell’articolo 80. La soluzione individuata dal legislativo mi sembra comunque equilibrata. Le case discografiche già pagano gli artisti per i proventi da Spotify ed altri. Una nuova remunerazione non era in linea con le previsioni della Direttiva…”.
Il Sottosegretario all’Editoria Moles: “equo compenso per gli articoli giornalistici su web: risultato importantissimo, forse un unicum in Europa”
Giuseppe Moles, Sottosegretario all’Editoria (nonché Vice Presidente dei Senatori di Forza Italia) ha manifestato in serata grande soddisfazione per quel che ha definito un “risultato importantissimo”: “abbiamo così affermato un principio sacrosanto: le imprese editoriali devono ricevere un equo compenso per gli articoli di carattere giornalistico caricati sul web; questa è la grande novità del recepimento dell’articolo 15 di mia competenza, ma poi convintamente condiviso da tutti e cioè che il diritto connesso degli editori ad un equo compenso è oggi previsto e normato. Il lavoro svolto è a mio avviso giusto ed equilibrato, addirittura forse un unicum in Europa, ed è stato il frutto di grande condivisione e partecipazione innanzitutto con il ministro Franceschini e con gli altri dicasteri a vario titolo coinvolti. Con questo recepimento abbiamo posto le basi per un nuovo inizio”.
In sintesi, lo schema normativo approvato prevede che le piattaforme online (inclusi i “social network”), quando concedono l’accesso al pubblico a opere protette dal diritto d’autore caricate dai loro utenti, hanno l’obbligo di ottenere un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti. Sono escluse, tra gli altri, le enciclopedie online, i repertori didattici e scientifici, i prestatori di mercati online, i servizi “cloud”.
La normativa introduce a favore degli autori e degli artisti interpreti o esecutori, tradizionalmente ritenuti più deboli, il principio della ”remunerazione adeguata e proporzionata al valore potenziale o effettivo dei diritti concessi in licenza o trasferiti“.
Rispondono al medesimo fine di tutelare la parte debole, le misure introdotte in materia di obblighi di trasparenza, di adeguamento contrattuale e di risoluzione del contratto di licenza esclusiva in caso di mancato sfruttamento dell’opera.
Questi i punti essenziali del provvedimento, nella interpretazione del Ministero della Cultura:
1° obiettivo della Direttiva: maggiore tutela negoziale dei titolari dei diritti
Viene introdotta la responsabilità in capo ai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online in relazione ai contenuti caricati dai loro utenti, al fine di assicurare il rispetto del diritto d’autore e dei diritti connessi e la conseguente remunerazione dei titolari dei diritti per lo sfruttamento online delle loro opere da parte delle piattaforme anche per i contenuti caricati dagli utenti. Per il medesimo fine, è introdotto un nuovo “diritto connesso” riconosciuto agli editori di giornali in relazione all’uso delle opere giornalistiche diffuse dai prestatori di servizi online. Inoltre, si interviene a regolamentare alcuni aspetti dei rapporti che intercorrono tra i titolari dei diritti e i loro produttori ed editori, tradizionalmente rimessi alla libera contrattazione delle parti. Ciò in considerazione dello squilibrio di forza contrattuale che intercorre tra le stesse. Più precisamente, è introdotto a favore degli autori e degli artisti interpreti o esecutori, tradizionalmente ritenuti più deboli, il principio della remunerazione adeguata e proporzionata al valore potenziale o effettivo dei diritti concessi in licenza o trasferiti. Rispondono al medesimo fine di tutelare la parte debole le misure introdotte in materia di obblighi di trasparenza, di adeguamento contrattuale e di risoluzione del contratto di licenza esclusiva in caso di mancato sfruttamento dell’opera.
2° obiettivo della Direttiva: maggiore possibilità di utilizzare il materiale protetto dal diritto d’autore
Viene consentita una maggiore possibilità di utilizzare il materiale protetto dal diritto d’autore: le eccezioni che consentono tali utilizzi sono state aggiornate e adattate ai cambiamenti tecnologici per consentire gli utilizzi online e transfrontalieri. Attualmente, esistono eccezioni al diritto d’autore per i settori dell’istruzione, della ricerca e della conservazione del patrimonio culturale, ma gli utilizzi digitali non sono previsti dalle norme in vigore, che risalgono al 2001.
3° obiettivo della Direttiva: specifica disciplina per lo sfruttamento delle opere fuori commercio
Viene introdotta una specifica disciplina per lo sfruttamento delle opere fuori commercio. Questa disciplina risponde all’esigenza di favorire un maggiore accesso transfrontaliero e online ai cittadini europei.
Le principali modifiche adottate nell’iter normativo
Ecco in sintesi le principali modifiche adottate a seguito del recepimento delle osservazioni delle Commissioni Parlamentari:
Valorizzazione degli organismi di intermediazione
È stato valorizzato il ruolo degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendente nelle attività di negoziazione e rinegoziazione relative agli utilizzi delle opere dei propri iscritti.
Sfruttamento delle opere musicali in streaming
È stato chiarito che gli artisti interpreti e esecutori di fonogrammi, in caso di cessione del diritto a un produttore, hanno il diritto di ottenere la corrispondente equa remunerazione, adeguata e proporzionata, secondo apposite clausole contrattuali. Si vuole in questo modo assicurare compensi adeguati agli artisti del settore musicale, garantendo che le entrate generate dallo sfruttamento delle opere musicali in streaming non siano distribuite in modo sproporzionato.
Ammissibilità della remunerazione forfettaria
È stato previsto che in alcuni limitati casi la remunerazione di autori e artisti, anziché commisurata ai ricavi che derivano dallo sfruttamento delle loro opere, può essere realizzata in modo forfettario.
Rafforzamento del meccanismo di negoziazione assistita
È stato rafforzato il meccanismo di negoziazione assistita previsto nei casi in cui le parti incontrino difficoltà nel raggiungere un accordo per la concessione di una licenza per lo sfruttamento di opere audiovisive su servizi di video “on demand”. Si prevede infatti che ciascuna delle parti può chiedere l’assistenza dell’Agcom, che fornisce indicazioni sulle opportune soluzioni negoziali, anche con riferimento alla determinazione del compenso dovuto.
Obbligo di trasparenza
È stato previsto che l’obbligo di informazione dei soggetti ai quali sono stati concessi in licenza o trasferiti i diritti possa essere assolto, oltre che in via diretta nei confronti dei titolari dei diritti, nei confronti delle imprese di intermediazione. A tutela degli interessi dei soggetti obbligati, è stato disposto che le informazioni vadano fornite con cadenza almeno semestrale (anziché trimestrale) e sono state introdotte maggiori garanzie ai fini della riservatezza delle informazioni fornite.
Licenze collettive con effetto esteso
Al fine di garantire piena tutela dei diritti di soggetti apolidi o non identificati, è stata prevista la legittimazione degli organismi di gestione collettiva a gestire i loro diritti, nel rispetto di diversi limiti e garanzie.
Ampliamento delle categorie titolari di diritti
È stato dato riconoscimento anche alle figure dei direttori del doppiaggio, dei doppiatori, degli adattatori dei dialoghi e dei traduttori.
Estrazione di testo e dati per scopi di ricerca scientifica
È stato chiarito l’ambito di applicazione dell’eccezione relativa all’estrazione di testo e di dati per scopi di ricerca scientifica, prevedendo che gli organismi di ricerca possono liberamente divulgare solo gli esiti delle ricerche, non anche il materiale utilizzato nel corso delle stesse.
Risoluzione del contratto e revoca dell’esclusiva in caso di mancato sfruttamento dell’opera
Al fine di garantire maggior flessibilità, è stato ampliato il termine temporale entro cui deve avvenire lo sfruttamento delle opere in mancanza del quale l’autore/artista ha il diritto di agire per la risoluzione del contratto di licenza o di revocarne l’esclusiva.
Ruolo Agcom nella definizione delle remunerazioni e Relazione al Parlamento
Viene previsto che, in difetto di accordo tra le parti, l’entità della remunerazione dovuta è definita dall’Agcom (anziché dal collegio arbitrale previsto dal Decreto legislativo luogotenenziale n. 440 del 1945).
È stato disposto che l’Agcom, trascorsi due anni dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, trasmette alle Camere una relazione in merito all’applicazione di propria competenza della disciplina introdotta.
Approvata anche il decreto della Direttiva Smav: si passa dal 17 al 20 % come quota di obbligo di investimento per le tv “on demand”
In serata, il Ministero della Cultura ha diramato un secondo comunicato stampa, con il quale il Ministro Dario Franceschini annunciava con orgoglio il decreto attuativo della Direttiva Ue del 2018 sulla fornitura di servizi media audiovisivi (la cosiddetta “Smav”), che conferma il sostegno ai produttori indipendenti, fissando al 20 %, dall’anno 2024, la quota di obbligo di investimento in opere audiovisive europee da parte delle tv “on demand”: “il decreto attuativo della Direttiva Ue sulla fornitura di servizi media audiovisivi, approvato oggi dal Consiglio dei Ministri, conferma la volontà di sostenere i produttori indipendenti. L’entrata in vigore della quota di obbligo di investimento in opere europee prodotte da produttori indipendenti per i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta sarà progressiva, passando dal 17 % nel 2022 al 20 % nel 2024, permettendo agli attori di questo mercato un allineamento graduale alle normative attraverso un tempo congruo”.
Più in dettaglio: aumentano gli obblighi di investimento in produzioni audiovisive italiane ed europee per i giganti dello “streaming”, come Netflix, Amazon, Disney, Apple… Su questi temi, si rimanda al nostro intervento su “Key4biz” del 17 settembre 2021, “Netflix, non si sa quanto fattura in Italia ma teme l’incremento degli obblighi di investimento”.
In base al nuovo testo, le quote obbligatorie di investimento passeranno progressivamente al 17 % degli introiti netti raggiunti in Italia nel 2022, al 18 % nel 2023 e al 20 % del 2024.
Si ricordi che l’attuale “Testo unico” prevede una quota del 12,5% per tutti i broadcaster e del 17 % per la Rai.
Da segnalare che la norma è stata modificata in itinere, evitando la quota massima del 25 % che aveva provocato nelle scorse settimane la levata di scudi dei principali operatori.
L’obbligo si applica anche ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, quindi alle tv “on demand”, che hanno la “responsabilità editoriale” di offerte rivolte ai consumatori in Italia, anche se operanti in altro Stato membro).
Quanto alle sotto-quote destinate alle opere di espressione originale italiana, riguarderanno le opere cinematografiche prodotte negli ultimi 5 anni da produttori indipendenti.
Mogol (Presidente Siae): “ho vinto la mia battaglia in difesa dei diritti degli autori… i giganti della rete paghino… loro hanno i miliardi ma noi abbiamo avuto ragione”
Da segnalare che non sono emersi molti commenti, almeno fino alla mattinata di oggi venerdì 5 novembre: in effetti, la comunicazione in tarda serata non ha determinato, come abbiamo segnalato, una quasi insignificante ricaduta – per entrambi gli schemi di decreto legislativo – sulla stampa quotidiana, e le varie associazioni e lobby non si sono ancora espresse, se non la Società Italiana Autori Editori (Siae), che rappresenta circa 100.000 autori, editori, creativi italiani.
Ci sarà tempo di registrare le opinioni sui differenti fronti.
Il Presidente della Siae Giulio Rapetti Mogol ha dichiarato: “accolgo con grande soddisfazione la notizia del recepimento della Direttiva Copyright e ringrazio il Governo e il Parlamento per la loro attenzione e sensibilità nei confronti della tutela dei diritti degli autori e degli editori. Il mio grazie va in particolare al Ministro della Cultura Dario Franceschini per l’impegno con cui ha sempre sostenuto l’urgenza di proteggere il lavoro dei creativi adattando la legge sul diritto d’autore all’ambiente digitale contemporaneo. Sin dal primo giorno del mio mandato in Siae ho combattuto per arrivare a questo momento: i giganti della rete paghino quello che usano. Loro hanno i miliardi ma noi abbiamo avuto ragione. Ora abbiamo le armi per combattere la battaglia successiva: ottenere per gli autori un compenso realmente equo”.
Tra gli esponenti politici, primo a commentare la Direttiva Copyright è stato il senatore di Forza Italia (componente del Comitato di Presidenza del partito) Maurizio Gasparri, che ha sostenuto: “sono stati battuti i pirati che rubano contenuti, abbiamo sconfitto i banditi, i giganti della rete pagino quello che usano, ora basta…” (sulle radicali tesi di Gasparri, contro il Governo italico “asservito ai giganti del web”, si rimanda al nostro intervento su “Key4biz” del 21 febbraio 2020, “La Rete in Italia fra web tax e neo-colonialismo digitale”).
Positivo anche il parere di Federico Mollicone, Capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Editoria, (nonché Responsabile Cultura e Innovazione di Fdi): “il recepimento della Direttiva Copyright aiuterà le industrie editoriali e il lavoro creativo a superare il divario di valore nell’ecosistema digitale. Come ha indicato anche il presidente Fieg Riffeser Monti, il testo – grazie anche all’azione del Parlamento dove Fdi è stata sempre in prima fila – introduce due rilevanti novità, quali il meccanismo di negoziazione obbligatoria per la definizione della remunerazione e una definizione di estratti brevi che non vanifichi lo spirito della direttiva, garantendo la sostenibilità dell’industria editoriale”. E rivendica: si tratta di “punti che già Fdi promosse con specifici ordini del giorno in entrambi i rami parlamentari sin dalla legge di delegazione. La definizione quantitativa degli ‘snippet’, che gioverebbe solo agli over-the-top, è stata scongiurata grazie a Fdi, anche se la mediazione dei gruppi di maggioranza ha limato nel parere sul decreto legislativo la nostra proposta che, esplicitamente, faceva riferimento alla tutela dell’editoria nazionale. Vigileremo affinché, nella definizione tecnica degli estratti brevi, qualche ‘manina’ non inserisca la definizione numerica dei caratteri”…
Voce dissidente, Di Costanzo (Fondazione Italia Digitale): demonizzazione delle piattaforme digitali e restrizione delle opportunità per le medie e piccole realtà e per l’informazione degli utenti
Da segnalare per ora soltanto un commento negativo di Francesco Di Costanzo, Presidente della Fondazione Italia Digitale, che definisce la decisione governativa “rigida e restrittiva”: “siamo preoccupati per l’implementazione italiana della direttiva Ue sul copyright, ancora più restrittiva e sbilanciata, a tutto svantaggio degli utenti e delle piccole e medie realtà editoriali. Una battaglia tra grandi poteri che porta solo ad un irrigidimento della normativa e ad un’effettiva maggiore difficoltà per gli utenti di accedere alle informazioni e quindi anche ad un aumento della disinformazione”. Secondo Di Costanzo: “il decreto italiano inserisce di fatto un obbligo a siglare un contratto, con AgCom che ha il potere di fissare i prezzi, non previsto dalla direttiva Ue e ispirato esplicitamente al modello restrittivo australiano… I criteri fissati per la remunerazione premiano incredibilmente solo i grandi giornali, basandosi ad esempio su anzianità della testata e numero dei giornalisti, di fatto drenando risorse ai piccoli e impattando negativamente sul pluralismo e creando maggiore caos informativo. Se un editore o un giornalista carica di sua volontà un articolo su una piattaforma, la piattaforma lo deve pagare”.
Inoltre, sempre secondo Di Costanzo, “la definizione vaga di estratti brevi, le anteprime, potrebbe portare ad un loro blocco e quindi ad un minore accesso alle informazioni. La Direttiva Ue parla di ‘best effort’ ovvero migliori sforzi per tutelare il copyright, l’implementazione italiana lo traduce come ‘massimi sforzi’ per rendere il quadro normativo molto più rigido e punitivo. La Spagna ha avuto un approccio molto più bilanciato e questo porterà vantaggi per l’informazione e il pluralismo. Il digitale, in tutte le sue forme, dev’essere popolare, non è con la rigidità e la difesa di alcune categorie rispetto ad altre che si incentiva l’innovazione e la crescita di nuove opportunità per tutti”.
Conclusivamente, non si può che prendere atto con soddisfazione dell’approvazione di due provvedimenti che saranno importanti per lo sviluppo delle industrie culturali e creative italiane.
Probabilmente si poteva fare di più, osare oltre (per esempio per gli obblighi di investimento, la quota del 25 % non sarebbe stata poi così… terribile), e soprattutto si poteva fare prima (senza dover attendere la spada di Damocle del rischio di infrazioni), ma è apprezzabile che, alla fin fine, si sia intervenuti, sebbene non siano stati promosse – su queste delicate materie, tra l’economico ed il semiotico – adeguate analisi di scenario e ricerche predittive (ma ormai in Italia la “politica culturale” è prevalentemente frutto di mediazioni tra istituzioni e lobby, senza particolare vocazione all’einaudiano “conoscere per deliberare”).
Sarà necessario attendere i testi definitivi dei due decreti legislativi, per pronunciarsi in modo approfondito ed accurato.
(Nota: la redazione di questo articolo conclusa alle ore 12 di venerdì 5 novembre 2021)