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Rapporto Istat-Fub, ‘mobile only’ 7 italiani su 10

I dispositivi per navigare su Internet sono molteplici, ma il 69% degli italiani accede alla Rete solo con lo smartphone. Il dato emerge dal rapporto Internet@Italia2018, realizzato dall’Istat e dalla Fondazione Ugo Bordoni (Fub), sulla diffusione di Internet e sui divari digitali presenti nel nostro Paese. Nella ricerca viene proposta una lettura integrata sugli aspetti di domanda e di offerta delle ICT, attraverso il ricorso a una pluralità di fonti.

“Il consumo multipiattaforma è ancora la norma, ma il segmento delle persone che usano esclusivamente lo smartphone per connettersi alla Rete (“mobile only”) è in aumento”, si legge nel report. “Gli utenti multipiattaforma (quelli che accedono a Internet via desktop e mobile in un mese) costituiscono ancora la maggioranza ma la percentuale di utenti “soltanto mobili” è cresciuta nella maggior parte dei Paesi nel corso del 2017, superando il 30% in quasi la metà di quelli considerati”, continua il rapporto.  E gli utenti a quali contenuti sono più interessati quando navigano da mobile? “Intrattenimento e consumo di video sono ormai la norma sulle piattaforme mobili”, sancisce il rapporto Istat-Fub presentato questa mattina a Roma.

Come mostra il grafico seguente, il traffico generato dagli smartphone supererà quello generato dai PC. Quest’ultimo nel 2016 rappresentava il 56 percento del traffico Internet totale e quello da smartphone il 17%; nel 2021 le percentuali si ribaltano: gli smartphone passano al 39 e i personal 86 computer scendono al 28%, circa 30 punti percentuali in meno. Il traffico cresce, ma in misura molto inferiore agli smartphone, anche per gli altri dispositivi.

Primato del video

Il primato del video: il traffico video su Internet, sommato al video on demand, arriverà all’82% nel 2021 rispetto al 73% nel 2016.

Rispetto alla media Ue l’Italia promossa solo sulla banda larga

In generale dalla relazione sui progressi del settore digitale in Europa emerge che l’Italia occupa la 25a posizione nella classifica dei 28 Stati membri dell’Unione europea; gli unici progressi registrati, si legge nello studio congiunto, sono quelli relativi ai miglioramenti della copertura a banda larga con tecnologia NGA, passata dal 41% della popolazione nel 2015 al 72% nel 2016. Per la dimensione relativa al capitale umano, l’Italia registra risultati ben al di sotto della media e progressi limitati.

Per tecnologie NGA (Next Generation Access) si intende nuova generazione di accesi, vale a dire accessi distribuiti su una rete in fibra ottica (FTTH, cioè Fiber-to-the-Home o VDSL, Very-high-bit-rate digital subscriber line), in grado di innalzare moltissimo le velocità di trasmissione, dai 20 Mbit/s di una rete ADSL fino a 100 Mbit/s e oltre. La definizione di banda larga si è evoluta nel tempo, passando da un minimo di 640 kb/s, ad almeno 1 Mb/s e poi, in quella che è la più diffusa definizione corrente (utilizzata anche dalla Commissione Europea), ad almeno 2 Mb/s22.

Per avere un’idea concreta della velocità della rete, una velocità di 2 Mb/s consente di scaricare dalla rete un file audio di formato Mp3 di 10 Megabyte in 16 secondi. La copertura in termini di banda ultralarga risulta essere abbastanza estesa (87% in Italia, 80% nella media UE). Rimane tuttavia significativa, rispetto alla connessione a banda larga, la quota di famiglie non coperte o escluse da questa modalità di connessione: in Italia più del 13%, in termini assoluti, circa 3,4 milioni di famiglie complessive rispetto alle 26 milioni attualmente presenti sul territorio nazionale. Un altro indicatore di copertura delle reti di telecomunicazione è rappresentato dalla quota di unità immobiliari in cui il servizio è disponibile.

L’impatto del 5G sui diversi settori

Nei prossimi anni, si legge nel report, si assisterà a una crescita impetuosa e oltre ogni previsione delle reti. L’infrastruttura di rete acquisterà una flessibilità e plasticità tali che potrà adattarsi con estrema facilità alle richieste delle imprese e dei cittadini. In questa prospettiva va considerato il paradigma 5G che, sebbene ancora allo stadio prototipale, racchiude in sé buona parte delle traiettorie di sviluppo dell’intero sistema delle telecomunicazioni.

“… il 5G capovolge il punto di vista tradizionale: non è più la rete che determina il servizio ma è il servizio (e la sua qualità) che determina la struttura della rete”. La rete 5G sarà l’unione di tutte le possibili sotto-reti (o fette di rete, “slice”) proposte dal mercato: di quelle finora definite come “verticals” (ad esempio, i sistemi di sorveglianza, i sistemi di monitoraggio ambientale, l’Internet delle cose, l’automazione industriale 4.0 e l’agricoltura 4.0, ecc.) e di quelle che ancora si fa fatica ad immaginare. Ognuna di queste “slice” sarà una rete virtuale, ottenuta assemblando elementi diversi della rete di telecomunicazioni (frequenze, stazioni radio-base, reti per la distribuzione dei contenuti, collegamenti in fibra, dispositivi connessi) e controllata da chi gestisce il servizio per garantirne la qualità pianificata. Dunque, non una rete esistente che si “divide” tra fornitori di servizi diversi ma tante infrastrutture fisiche di rete, ora indipendenti, che si compongono grazie a sofisticati algoritmi di ottimizzazione a formare “slice” di una rete di reti complessa, gestita da piattaforme software in grado di progettarne la struttura logica (Vertical Slice) e garantirne funzionamento e riconfigurabilità (Service Orchestrator). È possibile prevedere già ora le possibili ricadute del paradigma 5G sui diversi settori produttivi, come emerge dal grafico:

 

PA Digitale “deludente”

 La Pubblica Amministrazione (PA), con riferimento ai servizi pubblici online offerti, si dimostra ancora un “driver che non c’è”, è scritto nel rapporto Istat-Fub.  Se si considerano le persone adulte, si osserva come, a fronte di un aumento dell’uso di Internet di circa 17 punti percentuali nell’arco del periodo 2011-2016 (dal 57,3% al 73,7%), la percentuale di utenti dei siti della PA sia rimasta pressoché costante. L’unica attività che mostra una crescita è l’invio dei moduli compilati alla PA (che aumenta di circa 5 punti percentuali e raggiunge il 13,1%) mentre il numero di utenti che si rapporta online alla PA sia per ricercare informazione sia per scaricare moduli resta costante, attestandosi nel 2016 rispettivamente al 21,8% e al 18,3%. I dati testimoniano una situazione deludente, prevedibilmente dovuta a un’offerta statica, che propone relativamente pochi servizi in rete e ancora meno servizi effettivamente utili.

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