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Rai: norma ‘ad personam’ per cacciare Carlo Fuortes da Viale Mazzini

Quel che è accaduto ieri pomeriggio durante il Consiglio dei Ministri non rappresenta certamente una pagina nobile nella storia del governo della cultura e dei media del nostro Paese.

È stato approvato un decreto legge intitolato “disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici e società, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale”, che contiene all’interno quella che è stata chiamata la “norma Fuortes”: di fatto, un intervento mirato, “ad personam”. Daniela Preziosi, sull’edizione odierna del quotidiano “Domani”, la definisce “legge caccia-Fuortes”, mentre sul raffinato “il Foglio” viene scherzosamente definito il “Carlo Fuortes Act”…

La controversa norma, che determina la cessazione dall’incarico del Sovraintendente del teatro lirico di Napoli, il “San Carlo”, Stéphane Lissner, imponendo un limite di età 70 anni (il suo incarico dovrebbe durare altri due anni), normativamente “ex abrupto”, soltanto per aprire la strada – anzi “il posto” – ad un Carlo Fuortes verosimilmente presto dimissionario Amministratore Delegato della Rai, è oggettivamente una operazione di bassa politica. Anzi una vera e propria porcheria.

Indipendentemente dal colore politico degli occhiali con cui si osserva la vicenda.

Anche perché non si ha ancora alcuna pubblica evidenza di quale “idea di Rai” abbia la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, né si ha pubblica notizia di quale “idea di Rai” abbiano coloro il cui nome circola nei corridoi di Palazzo Chigi e Viale Mazzini come potenziali successori di Fuortes.

Deserto totale di progettualità strategica sulla Rai. Totale assenza di dibattito pubblico

Ancora una volta, si conferma un deserto totale di progettualità strategica del servizio pubblico radiotelevisivo e mediale italiano.

Ancora una volta, totale assenza di dibattito pubblico.

Non sappiamo se sia verosimile la tesi di coloro che sostengono che si tratta di una brutale manovra della Premier per “impossessarsi” prima ideologicamente poi operativamente di quella che resta – retorica a parte – la maggiore “industria culturale nazionale”…

La totale assenza di una pubblica discussione, la totale assenza di coinvolgimento della società civile sono la riprova di basse pratiche partitocratiche, che provocano nostalgia per la Prima Repubblica: anche in quella fase della storia d’Italia, in effetti, le pratiche della lottizzazione imperavano, ma almeno c’era una qualche riflessione pubblica (intellettuale anche) da parte degli stessi partiti, su cosa dovesse essere una televisione pubblica…

Quel che sta avvenendo in queste settimane e mesi è indegno di una Paese civile e moderno.

Nessuno si illudeva che il governo di centro-destra sentisse l’esigenza di emulare il modello eccellente del Regno Unito, ove il dibattito sul servizio pubblico mediale ovvero la Bbc (senza dimenticare il ruolo di Channel 4) è oggetto da sempre di una dialettica estesa, trasparente, approfondita – tecnicamente prima che politicamente – tra tutti i portatori di interesse.

Stupefacente (per modo di dire…) la totale assenza di presa di posizione, in queste ore, della neo-Presidente della Commissione di Vigilanza Rai Barbara Floridia, la cui elezione alla guida di Palazzo San Macuto (avvenuta il 4 aprile) temiamo possa finire per divenire la riprova della completa immersione dei grillini nelle acque torbide della peggiore partitocrazia… La Presidente si è limitata ad annunciare, oggi, che “come già concordato in ufficio di presidenza, mercoledì 10 maggio audiremo in Commissione di Vigilanza il Presidente di Agcom Lasorella. Nella settimana successiva ci sarà l’audizione dei vertici Rai – Presidente e Amministratore Delegato – e delle rappresentanze sindacali, anche in vista del contratto di servizio in scadenza a settembre e dello sciopero generale proclamato per il prossimo 26 maggio”.

Come non condividere la decisione dei tre sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil di promuovere uno sciopero nazionale di tutti i dipendenti della Rai per il 26 maggio?

Ed è curiosa la non adesione del sindacato dei giornalisti Rai, l’Usigrai, almeno fino ad oggi, allo sciopero di venerdì 26 maggio.

In verità, la piattaforma di base dei tre sindacati (annunciata il 5 aprile scorso) non ci appare né rivoluzionaria né innovativa, ma comunque è almeno un documento critico che pone interrogativi profondi sull’assetto attuale della tv pubblica ed anche sui suoi futuri possibili, in perdurante assenza – scandalosamente – del “contratto di servizio” e del “piano industriale” Rai.

Che sia, il prossimo Ad Rai, Rossi o Sergio o Ciannamea o Chiocci o Pallino: qual è la sua “idea di Rai”? Nessuno lo sa. Nessuno glielo chiede. Nemmeno la Premier Meloni?!

Che il prossimo Amministratore Delegato della Rai si chiami Giampaolo Rossi o Roberto Sergio o Marcello Ciannamea o Gian Marco Chiocci o Pinco Pallino non è sostanzialmente rilevante, se la scelta di Rossi o Sergio o Ciannamea o Chiocci o Pallino da parte del Governo avviene esclusivamente sulla base di una logica fiduciaria “intuitu personae”, e di appartenenza partitica, senza che il “candidato” proponga preventivamente un documento nel quale illustri giustappunto la propria “idea di Rai”. Presentandolo magari anche al Parlamento, che si ha ragione di credere possa contare ancora qualcosa nelle elaborazioni delle politiche culturali del nostro Paese…

E come commentare le reazioni delle opposizioni?!

Tardive e deboli, a fronte dell’assenza di una denuncia vibrante sul non dibattito pubblico sulla Rai.

Tardive e deboli reazioni delle opposizioni: perché non si sono espresse, nei mesi scorsi, rispetto al deserto totale di dibattito pubblico sulla Rai?! Fnsi e Usigrai: “scempio istituzionale”

Si tratterebbe della più classica delle norme ad personam con l’aggravante di utilizzare le istituzioni per scopi di partito, per piazzare i propri amici dove gli fa più comodo”, secondo i Cinque Stelle, ovvero i Capigruppo in Commissione Cultura alla Camera e in Commissione Vigilanza Anna Laura Orrico e Dario Carotenuto. I rossoverdi Angelo Bonelli e Peppe De Cristoforo: “se la Meloni vuole cacciare l’attuale ad Rai Carlo Fuortes, lo faccia alla luce del sole non usi mezzucci. Se la destra vuole occupare la Rai, almeno ci metta la faccia”. Il Partito Democratico, dopo mesi di incomprensibile silenzio (e ciò la dice lunga), aveva annunciato opposizione già mercoledì sera per bocca di Stefano Graziano, Capogruppo in Vigilanza: “ci opporremo a una norma ad personam che consenta a questo governo di cambiare i vertici della Rai sen- avere una minima idea di visione di ciò che deve essere la più grande azienda culturale italiana. La legge non prevede spoils system”.

E francamente ci appare assai… arrampicata sugli specchi una nota diramata dal Ministero della Cultura (si noti però che non si registra una presa di posizione esplicita del Ministro Gennaro Sangiuliano e nemmeno da parte del Presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, entrambi di Fratelli d’Italia): “il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge contenente norme riguardanti gli incarichi all’interno delle fondazioni lirico-sinfoniche. L’intervento normativo nasce da una generale esigenza di riordino di una materia segnata da evidenti incongruenze nella determinazione dell’età della pensione per i sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche. C’erano, infatti, limiti diversi a seconda della provenienza e della nazionalità del soggetto. Una situazione che di fatto discriminava i cittadini italiani”. Continua il comunicato stampa del Ministero della Cultura: “una prima differenza veniva fatta tra chi era già dipendente degli enti lirici, che poteva restare in carica, anche se pensionato, fino a 70 anni, e gli altri pensionati, ai quali invece si applicava il generale divieto di conferimento di incarichi nelle Pubbliche Amministrazioni. Per coloro, invece, che ricevono una pensione all’estero o comunque non percepiscono alcun trattamento pensionistico in Italia non si applicava alcun limite di età”. Ed ancora: “vale la pena ricordare che per la generalità dei dipendenti pubblici, inclusi i dirigenti dello Stato, il limite massimo è di 65 anni, che al ricorrere di alcune condizioni può arrivare a 67. In ogni caso, il limite massimo è di 70 anni, come per i magistrati e i docenti universitari. La norma di legge approvata oggi dal Consiglio dei Ministri interviene in più direzioni, ripristinando il principio di eguaglianza all’interno delle fondazioni liriche. Da un lato, consente di conferire incarichi a tutti, pensionati e non, fino a raggiungimento della soglia dei settant’anni. Dall’altro, fissa il limite ordinamentale inderogabile di settant’anni per la carica di sovrintendente: al raggiungimento di quell’età, il contratto si risolve di diritto. Infine, viene dettata una disciplina transitoria per chi ad oggi ha già raggiunto quel limite, al fine di consentire un’ordinata transizione e al contempo il ricambio generazionale”, conclude il Collegio Romano.

Come dire?! Se il principio generale potrebbe anche essere condivisibile (ma… il mondo dell’arte non si caratterizza anche per una quantità notevole di variabili, tali da non poter essere assoggettato soltanto a logiche rigidamente burocratiche?)… forse è soltanto sbagliato “il momento”, gentile Presidente Meloni?!

Ha segnalato (e non è stato l’unico) il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) Vittorio Di Trapani: “l’urgenza è un requisito essenziale per varare un decreto legge”.

E come non pensare che questa (presunta) urgenza sia stata invece determinata da fattori – per così dire – “contingenti” e – sia consentito – strumentali?

Fnsi ed Usigrai annunciano che il 9 maggio l’assemblea dei Cdr della Rai “deciderà le forme di mobilitazione contro questo scempio istituzionale”.

L’arrampicata sugli specchi del Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi (Fratelli d’Italia) e l’“anello di Gollum” in mano a Giorgia Meloni?

Ed appare fragile e “d’ufficio” la difesa da parte del Sottosegretario al Mic Gianmarco Mazzi (ha delega per la Musica e Spettacolo), parlamentare di Fratelli d’Italia: “da tempo siamo al lavoro, con gli operatori del settore, per risolvere alcune storture normative che finiscono per creare insopportabili disparità nel mondo delle fondazioni lirico-sinfoniche. Una su tutte, quella relativa ai sovrintendenti, per cui alcuni sono sottoposti all’obbligo ineludibile di andare in pensione al compimento dei 67 anni di età mentre ad altri è riservato l’inaccettabile privilegio di poter rimanere, mantenendo tutti i compensi, ben oltre i 70 anni, che ricordo essere il limite per i dipendenti pubblici italiani, anche ai massimi vertici dello Stato. La disciplina era ingiusta ed andava immediatamente corretta. La nostra linea è sviluppare dinamismo nelle Fondazioni e favorire sovrintendenti capaci ed esperti, di generazioni più giovani”. Ed attacca il Sovrintendente del San Carlo: “mi ha molto sorpreso, per i toni aggressivi e minacciosi, la reazione del sovrintendente del San Carlo di Napoli Stéphane Lissner, che è un professionista dal glorioso passato. Fu nominato al San Carlo, dopo un incredibile infortunio professionale all’Opera di Parigi, che non lo volle più. Lo ricordo a chi, per speculazione politica, pensa oggi di farne un simbolo. In Italia abbiamo manager culturali di livello internazionale, nelle cui mani possiamo affidare con sicurezza il nostro patrimonio artistico e musicale. Tutto il resto è ricostruzione fantasiosa e polemica inutile”, sostiene Mazzi.

E, per sorridere un po’ su questa ignobile vicenda, ci piace riportare un passaggio di un divertente articolo di Andrea Malaguti, sul quotidiano “La Stampa” di oggi (intitolato “La lottizzazione contra personam”):Con Fuortes a Napoli, la Sorella d’Italia potrà finalmente fare piazza pulita a viale Mazzini, per costruire, programma per programma, tg per tg, rete per rete, la mitologica, chimerica, agognatissima egemonia culturale. Che se per altro esistesse, fosse in mano alla sgangherata sinistra e passasse per le scelte strategiche di Rail, Rai2 e Rai3, non avrebbe consentito a lei e ai liofilizzati alleati di Lega e Forza Italia di trionfare alle elezioni del 25 settembre. Dettagli agli occhi della tolkieniana Giorgia Meloni, ormai titolare indiscussa dell’inebriante anello di Gollum”…

Conclusivamente: un’altra porcheria, un altro misfatto, intorno alla Rai.

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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