A questo punto – almeno tra la notte di martedì e la mattina di mercoledì – tutti i “bookmaker” danno per sicura la chance che entro la notte di mercoledì 14 luglio si abbiano finalmente i nomi dei 4 membri del Consiglio di Amministrazione della Rai di competenza parlamentare. E giovedì 15 il Cda potrebbe insediarsi.
L’elezione era stata calendarizzata per mercoledì 7, ma una serie di “mal di pancia” partitici – in primis, da parte del Movimento 5 Stelle – avevano determinato uno slittamento a mercoledì 14 (vedi “Key4biz” del 9 luglio 2021, “Rai, il Governo sceglie Soldi e Fuortes come Presidente ed Ad”).
Dopo la comunicazione “dall’alto” della designazione di Marinella Soldi e di Carlo Fuortes da parte del Governo, avvenuta nel pomeriggio di venerdì 9, si attendeva la formalizzazione in occasione dell’Assemblea dei due soci della Rai, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) e della Società Italiana Autori Editori (Siae), prevista per lunedì 12 luglio.
Si ricordi che la Siae, che ha una quota azionaria modestissima della Rai (lo 0,44 %, a fronte del 99,56 % del Mef) non ha mai espresso – incredibilmente – un suo candidato, e storicamente si è associata alle cooptazioni del Governo: scelta che riteniamo errata, anche perché siamo dell’idea che all’interno del Consiglio di Amministrazione della Rai dovrebbe sedere, a pieno titolo, un esponente dell’industria culturale, e soprattutto dell’anima creativa (in Siae – come è noto – sono iscritti sia autori e creativi sia imprenditori). Così come è stato introdotto un rappresentante dei lavoratori Rai nel Cda, non sarebbe sano e naturale che vi sia anche un rappresentante dei creativi italiani (si ricordi che gli associati Siae sono circa 100mila)?!
Nel pomeriggio di venerdì 9, la notizia che ha spiazzato molti (l’accoppiata Soldi + Fuortes), ma nella mattinata di lunedì 12 si apprendeva che l’Assemblea dei Soci della Rai è stata rimandata ancora, perché sarebbe necessaria la preventiva formalizzazione della designazione di Soldi e Fuortes da parte del Consiglio dei Ministri. Formalizzazione che dovrebbe essere avvenuta nel Cdm di martedì pomeriggio, anche se non ne risulta traccia alcuna nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito web di Palazzo Chigi. Ma forse è rientrata tra le “varie ed eventuali”…
Quindi, a questo punto… dando per scontato (ma non per certo?!), che nella riunione n° 28 del Consiglio dei Ministri il Governo abbia approvato (all’unanimità?!) le nomine decise da Mario Draghi e da Daniele Franco… dando per scontato che nel pomeriggio di mercoledì Montecitorio elegga i “suoi” 2 consiglieri e nella tarda serata di mercoledì Palazzo Madama i suoi altri 2 consiglieri… allora, giovedì 15 luglio forse si terrà finalmente l’Assemblea dei Soci di Rai Radiotelevisione spa, che approverà definitivamente il “bilancio di esercizio” 2020 (già approvato dal Cda Rai il 29 aprile, contestualmente al “bilancio sociale”) e soprattutto formalizzerà il nuovo governo aziendale.
Impazza il toto-nomine nell’oscurità partitocratica
Nel mentre, silenzio totale e nebbia fitta sui 4 candidati che verranno eletti: ovvero soltanto toto-nomine.
Si rincorrono voci ed è interessante riportare un qualche estratto dell’agenzia stampa che, nella giornata di martedì, a differenza di altre, si è appassionata alla materia: verso le ore 21 di martedì sera LaPresse pubblica una lunga e dettagliata analisi di uno dei possibili “dietro le quinte”.
Scrive LaPresse, in un servizio firmato da Donatella Di Nitto, che il “problema” dei 4 membri che Camera e Senato debbono eleggere è “correlato” a mine vaganti che riguardano la conferma della presidenza a Marinella Soldi. In effetti, la legge in vigore prevede che il Governo designi l’Amministratore Delegato e proponga il Presidente, il quale però, per perfezionare la nomina, deve ottenere il placet della Commissione Parlamentare di Vigilanza.
Si tratta di un sistema complesso e barocco che, sulla carta, dovrebbe garantire un Presidente “di garanzia”, ma che, nella pratica, conferma semplicemente il dominio della politica anzi – “rectius” – della partitocrazia.
Già in occasione della nomina dell’attuale ormai quasi ex Presidente della Rai Marcello Foa, si venne a determinare una situazione di confusione e conflitto, al punto tale che l’esponente di Italia Viva Michele Anzaldi ha per tre anni (ab origine come ancora deputato del Pd) martellato sostenendo che l’elezione di Foa non sia stata rispettosa dei criteri di legge (tesi contestata dal Presidente della Vigilanza, Alberto Barachini di Forza Italia).
LaPresse sostiene che tra i commissari della Vigilanza, “che saranno chiamati a votare la scelta del premier Mario Draghi, prevale lo scetticismo per un profilo troppo manageriale, lontano da un ruolo che dovrebbe essere di garanzia e che dovrebbe mantenere il pluralismo. Soldi appare lontana da questo identikit. In questo contesto, ad ora, in Vigilanza Rai le diffidenze ci sono tra i componenti di Fdi, Forza Italia e M5S (che contano 17 voti senza il presidente Alberto Barachini di Fi), un fronte che metterebbe a rischio il via libera della nomina di Soldi nella bicamerale (l’ex di Discovery deve portare a casa 27 voti)”.
Secondo l’agenzia, una parte del Movimento 5 Stelle punterebbe ancora su Beatrice Coletti (che siede nell’attuale consiglio già “in quota” del partito grillino-ormai-anche-contiano), come possibile guida della Rai. Parrebbe che il “dossier Rai” sia passato nelle mani dell’ex Premier Giuseppe Conte, data la sintesi cui le due anime del Movimento sarebbe giunta.
“Conti alla mano”, si dovrebbe avere un Cda composto da Carlo Fuortes e Marinella Soldi (espressione di Pd, che concorda in nome proprio della nomina di Fuortes, ed Italia dei Valori), 2 componenti di centrodestra, 2 di centrosinistra ed 1 già eletto dai dipendenti (Riccardo Laganà, indipendente dai partiti)…
Si ricordi che per confermare il Presidente della Rai serve la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti della Commissione di Vigilanza.
I giochi sono tutt’altro che fatti: “tu dai una cosa a me, io do una cosa a te”…
Secondo laPresse, “i giochi sembrano tutt’altro che fatti”.
Ed in effetti il gioco continua: “io do una cosa a te e tu dai una cosa a me”, come recitava lo slogan del “Cioccolato Ritmo Talmone” (clicca qui, per vedere lo spot, dal sito dell’Upa “Advgraffiti”), in caroselli pubblicitari di una Rai ancora in bianco e nero…
Questa la situazione a“sinistra”: “In casa 5Stelle, i nomi in lizza sono Alessandro Di Majo (voluto da Giuseppe Conte) e Antonio Palma sostenuto dall’altra ala pentastellata. Ad ora – filtra da fonti grilline – il dossier è sul tavolo dell’ex premier che dovrà fare la sintesi prima del voto di domani sera. Il Partito Democratico è fermo su Francesca Bria, sponsorizzata da Andrea Orlando con l’ok di Enrico Letta, anche se si fa strada il nome di Stefano Menichini, profilo avanzato da Italia Viva”.
Questa la situazione a “destra” (…): “Nel centrodestra ci sono i problemi più consistenti. Lega ha già confermato la volontà di riportare in Cda, Igor De Biasio, lo stesso ha fatto Fdi con Giampaolo Rossi, rivendicando il diritto dell’opposizione di avere un posto a viale Mazzini. Non è d’accordo Fi che con i due profili ai vertici più spostati al centrosinistra rischia di trovarsi non rappresentata con all’attivo solo il presidente della Vigilanza, Barachini. Il pressing del Carroccio e degli azzurri è che Giorgia Meloni consegni una diversa rosa di nomi da concordare in coalizione visto che – rimarcano fonti interne – il membro del Cda all’opposizione è una prassi non un obbligo di legge. Il profilo proposto da Forza Italia è quello di Simona Agnes, su cui però Meloni non ha intenzione di convergere perché significherebbe rinunciare a Rossi”.
Conclude l’agenzia: “la partita insomma è ancora aperta e il conto alla rovescia è già partito”.
Abbiamo notizia da fonti certe che, nella notte tra martedì e mercoledì, gran parte dei parlamentari (fatta salva l’eccezione della Lega Salvini) non aveva ricevuto indicazioni dai rispettivi capigruppo, e già questo la dice lunga sullo stato delle “trattative”… E la dice lunga su quanto “dibattito interno” ci sia stato giustappunto all’interno dei partiti: da non crederci!
Quel che stupisce è che nessuno (si ribadisce: nessuno) abbia avuto la grazia di domandare ai candidati (che si chiamino Alessandro Di Majo, Antonio Palma, Francesca Bria, Stefano Menichini, Igor De Biasio, Giampaolo Rossi, Simona Agnes… per citare quelli più in vista): “ma Lei… che idea di Rai futura ha? E Lei… come crede debba svilupparsi il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo nel nuovo habitat digitale multimediale?” (e queste sono soltanto due delle possibili domande).
Nessuno lo sa.
Ancora una volta, prevale una logica di cordata e di corrente (o di strapotere della segreteria dei partiti), nella miglior tradizione degli amici degli amici tipica della cultura italiana più arcaica: in questo la sedicente “Seconda Repubblica” è identica alla “Prima Repubblica”, anzi peggiore perché la trasparenza è paradossalmente diminuita.
L’esistenza di forme-partito più strutturate consentiva infatti un maggior dibattito pubblico: la prevalenza di partiti “fluidi” rende tutti i meccanismi più oscuri.
Quel che stupisce è che (quasi) nessuno denunci questi scandalosi mercimoni del “do ut des” dei partiti.
Si legge, su più testate (che si appassionano del toto-nomine e per nulla delle prospettive della Rai), di una Lega che non gradirebbe Fuortes (ed in effetti, poco dopo la notizia della sua designazione da parte di Draghi e Franco, la leghista Sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni lamentava la sua “appartenenza” ideologica al Pd) e che però accetterebbe questa nomina se – in cambio (ahinoi) – il “suo uomo” alla guida del Tg2, Gennaro Sangiuliano, passasse al Tg1 (sulla cui “poltrona” siede Giuseppe Carboni, vicino al M5S). Oppure se un dirigente interno “in quota” Lega, Marcello Ciannamea, venisse nominato “Direttore Generale”, magari con ampie deleghe da parte dell’Amministratore Delegato. E c’è chi pensa che potrebbero esservi addirittura 2 Condirettori Generali (l’altro candidato sarebbe un altro apprezzato manager interno, Roberto Sergio).
Perché, a questo punto – suggeriamo noi – non 3 Condirettori Generali, per assecondare i complessi appetiti policentrici?!
E la macchina del fango si rimette in moto… tra giocattoli erotici e documentari assai costosi
Eccetera…
E c’è chi eccepisce che Marinella Soldi abbia una piccola quota di partecipazione (lo 0,51 %) in una società leader nel mercato dei “giocattoli erotici” ovvero dei “gadget da alcova” (Myprivatecase, “sexy shop online”, fatturato 2019 di oltre 6,5 milioni di euro, fondata da Norma Rossetti), e che questa sua attività imprenditoriale denoterebbe una connotazione ideologica un po’ troppo… laica (in questo caso, si potrebbe giocare con le parole: laida?!), di fatto schierata a favore della controversa proposta di legge Zan, piuttosto che apprezzata in Oltretevere… E c’è chi ricorda che un paio di anni fa è stato ipotizzato che il Gruppo Mediaset entrasse nel capitale di MyPrivateCase (nella prospettiva di una sua quotazione in borsa), e quindi chissà quali interessi… occulti ed eterodiretti (a suo tempo, Cologno Monzese smentì immediatamente la voce).
E che dire della indagine della Procura di Roma su strane operazioni che sarebbero state commesse da Matteo Renzi e dal suo amico Lucio Presta, il più potente degli agenti di attori e conduttori italiani, che prefigurerebbero finanziamento illecito di partiti attraverso la Arcobaleno 3 di Presta (padre e figlio)?! Curioso che la notizia (anticipata dal quotidiano “Domani”) esca proprio (martedì sera) nei giorni dalla designazione di Marinella Soldi, che era alla guida del gruppo Discovery, emittente che ha acquistato i diritti del costoso documentario su Firenze realizzato da Renzi (“Firenze secondo me”)… Già nel novembre 2019, Soldi però precisò (a fronte di tesi malevole del quotidiano “La Stampa”, dato che già allora era stata candidata da Renzi alla guida di Viale Mazzini) che la decisione di trasmettere il documentario era maturata in Discovery dopo la sua uscita dal gruppo (avvenuta il 1° ottobre del 2018). Ma… anche in questo caso, giustizia “ad orologeria”?! Il quotidiano “Libero” di oggi, con la sua abituale delicatezza (garantita da Vittorio Feltri), spara in prima pagina a tutte colonne: “Chi tocca i magistrati si brucia. La vendetta dei Pm: Renzi indagato”. E sostiene che si tratterebbe di un segnale “in codice” a Draghi, che ha nominato Soldi in Rai ad insaputa dei partiti: fantasie, dietrologie, complottismi?!
Chi è senza peccato, scagli la prima pietra, ma intanto… vai a cercare scheletri nell’armadio dell’avversario di turno!
Tanto, la macchina del fango è sempre in moto, e tutti possono entrare nel suo tritacarne…
Ricordiamo la tempistica di 3 anni fa: il 31 luglio 2018, si è insediato il nuovo Cda ed ha nominato Amministratore Delegato Fabrizio Salini… Il 27 luglio Marcello Foa era stato proposto dal Governo Conte I (sostenuto da M5S e Lega) quale Presidente della Rai, carica alla quale viene eletto il 31 luglio dal Consiglio di Amministrazione della Rai, ma il 1º agosto la sua nomina viene bocciata dalla Commissione di Vigilanza Rai, con 22 voti favorevoli alla designazione ed 1 scheda bianca su un quorum di 27; il 21 settembre 2018 il Cda della Rai ha ri-designato, a maggioranza, Marcello Foa quale Presidente; il 26 settembre 2018 Marcello Foa è stato audito dalla Commissione parlamentare di Vigilanza, la quale, nella stessa seduta, successivamente, ha espresso, a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti, parere favorevole alla sua nomina quale Presidente della Rai… Il “semaforo verde” dalla Vigilanza è stato concesso con il “sì” dei voti di M5S, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia; il Pd non ha partecipato al voto (contestava la riproposizione del nome di Foa). I “sì” sono stati 27, soltanto 3 i contrari, 1 scheda nulla e 1 bianca. Hanno votato 32 componenti della bicamerale su 40 (e quindi venne raggiunto il quorum di due terzi previsto dalla legge per rendere efficace la nomina del Presidente). Michele Anzaldi (allora deputato dem) gridò allo scandalo di una “votazione illegittima” ed accusò il Presidente della Camera Roberto Fico: “dovrebbe vergognarsi: ha tradito in maniera imbarazzante la sua funzione di garante delle istituzioni e di tutto il Parlamento”.
Quali saranno le tempistiche del 2021? Dato il clima, potrebbero non essere rapide: c’è il rischio della ri-proposizione di un nuovo “caso Foa”? Il rischio c’è.
Una lettura critica della rassegna stampa e media di questi giorni conferma il deserto di idee sulla Rai.
De Mattia controcorrente: il caso Rai come esempio di “lottizzazione, spoil system, infeudamento, sottogoverno”
Interessante e fuori dal coro la tesi espressa dall’editorialista Angelo De Mattia (per 40 anni a Bankitalia, già Direttore Centrale e Direttore del Centro Studi) sul quotidiano “Il Tempo” di mercoledì 13: “le cronache sottolineano come queste scelte (leggi: Fuortes e Soldi, nota nostra) siano state operate senza in alcun modo sentire i partiti, a testimonianza, innanzitutto, dell’autonomia assoluta delle decisioni del Premier. Non vi sarebbero state trattative con le formazioni politiche anche della maggioranza e, neppure, preventive informazioni sulle scelte. In effetti, l’assenza, quanto al Governo, di alternative ha portato a digerire «obtorto collo» anche designazioni non apprezzate, mentre finora è stato incombente lo spettro del possibile ricorso anticipato alle urne che ha spaventato qualche partito e all’interno di alcuni partiti, spettro che, però, sta per sparire avvicinandosi l’inizio del semestre bianco”. E fin qui, la descrizione fenomenologica. Emergono però criticità serie: “ma, posto che Draghi esercita un’attribuzione di propria diretta competenza, come nel caso in questione, il «puncturn dolens» sta nel fatto che una tale attribuzione, in generale per le nomine pubbliche, non può fondarsi solo sulla discrezionalità e autorevolezza del Premier”.
Tesi irriverente – si dirà – ma molto stimolante. L’autorità del Principe viene messa in dubbio?! Oh, perbacco!
Essenziale una valutazione comparativa del merito, per contrastare la lottizzazione “à la Cencelli”
De Mattia ha il coraggio di sostenere che l’autocrazia del Premier può essere messa in discussione: “non sono designazioni che possono essere disposte «iussu principis» (traduciamo per i meno incliti: “per ordine dell’imperatore”, nota nostra). Occorre che vengano indicati e resi cogenti criteri, requisiti (professionalità, esperienza, idoneità, onorabilità), vincoli, incompatibilità, prevenzione di conflitti di interesse e di «porte girevoli». Essenziale è anche una valutazione comparativa del merito”.
Musica per le nostre orecchie e di chi – da anni – invoca pratiche trasparenti e comparative: “ma di ciò fin qui non si è mai parlato, anche ad opera degli stessi partiti di Governo, mentre Draghi, nel programma a suo tempo illustrato alle Camere per la fiducia, non ha dedicato neppure un fuggevole cenno a questa argomento che invece, nei decenni, è stato l’immagine plastica di deteriori rapporti tra politica ed economia. Lottizzazione, «spoils system», infeudamento di imprese ed enti pubblici sono stati fenomeni ormai a tutti ben noti; hanno alimentato quello che è stato chiamato per lungo tempo il «sottogoverno» il quale, a volte, finiva con l’essere il vero Governo”.
Quella del cda Rai è la ennesima riprova del “manuale Cencelli”, in versione però più misteriosa, anzi occulta.
Conclude De Mattia: “non sarebbe meglio finalmente porre la questione della necessità di una normativa delle nomine pubbliche che vincoli tutti, anche il Premier e consenta, a nomine effettuate, una valutazione e un sindacato sull’ottemperanza alle stesse norme, anche da parte dell’opinione pubblica, non solo dei partiti e del Parlamento? Questa, sì, sarebbe una riforma straordinaria. Purtroppo finora nessuno l’ha proposta, implicitamente, così, finendo con il giustificare la latissima discrezionalità del Premier che non tollererebbe nemmeno un’autodisciplina normativa nell’interesse della trasparenza e della giustezza delle scelte, nonché della successiva «accountability»”.
La vicenda Rai conferma l’esistenza di mercimoni partitocratici che contrastano con una visione della democrazia liberale che dovrebbe essere basata sulla trasparenza.
Ancora una volta, pratiche basse. “Accountability” zero.
Confidiamo che, al di là degli “scambi merce” (e “scambi persone/poltrone”, verrebbe da dire) dei partiti, il nuovo Consiglio di Amministrazione della Rai possa essere formato da persone qualificate ed autorevoli ed indipendenti.
Al di là dei vizi genetici, che comunque non lasciano prevedere nulla di entusiasmante.