Ieri pomeriggio, nella prestigiosa sede dell’Ambasciata di Francia a Piazza Farnese, in occasione della seconda giornata della edizione n° 37 della kermesse “Eurovisioni” – storico appuntamento internazionale dedicato all’audiovisivo e ai media, nato per favorire il confronto tra i diversi attori del settore a livello europeo e globale – s’è tenuto un incontro intitolato “Italian Policymakers Forum: il futuro del servizio pubblico italiano”, moderato dal giornalista (e già Direttore di Rai Documentari) Duilio Giammaria e presieduto da Barbara Floridia (M5s), Presidente della Commissione Parlamentare per l’Indirizzo e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi, alias “Commissione Vigilanza Rai”…
Chi cura per l’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult questa rubrica “ilprincipenudo” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale) per il quotidiano online “Key4biz” (specializzato nell’economia digitale e nelle culture del futuro) ha scientemente deciso di non accogliere l’invito ad intervenire, nonostante sia tra i co-fondatori dell’associazione culturale ovvero del “think-tank” Eurovisioni (una creatura fortemente voluta da Giacomo Mazzone, già dirigente Rai e poi Direttore delle Relazioni Istituzionali dell’Ebu di Ginevra – European Broadcasting Union, l’associazione dei “public media service” europei).
La ragione?! Semplice: stanchezza e noia. E prevedibilità dell’incontro.
Un osservatore dell’IsICult che ha assistito all’incontro ha confermato questa impressione, ed è la stessa che si prevede per un’altra iniziativa, questa più pomposa ed istituzionale, ovvero gli “Stati Generali della Rai”, che si terranno mercoledì e giovedì della prossima settimana, 6 e 7 novembre, in Senato (nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani) sotto la regia della Presidente della Vigilanza Barbara Floridia. Titolo: “Le sfide del servizio pubblico”.
Gli “Stati Generali sulla Rai” promossi dalla Presidente della Commissione Vigilanza Rai Barbara Floridia per il 6 e 7 novembre: un’altra simpatica passerella?!
È noto che spesso inferiamo con penna dall’inchiostro acido e sanguinario su quelle che si risolvono in occasioni rituali, ovvero passarelle istituzionali, oggi lasciamo ad altri un giudizio tranchant: scrive oggi Marco Zini su “Lettera43” (quotidiano online indipendente, diretto da Francesca Buonfiglioli): “scorrendo il programma ha tutta l’aria di essere una passerella per istituzioni, critici e intellettuali, direttori di giornali (nessuno di tg o reti). Utile se non altro a far brillare la pentastellata presidente di Vigilanza. E forse a sbrogliare il nodo Agnes”… Di tutto e di più agli Stati Generali della Rai fortissimamente voluti dalla presidente della commissione di Vigilanza, Barbara Floridia. Un modo per discutere della riforma del servizio radiotelevisivo in vista del Media Freedom Act, ovvero i paletti imposti da Bruxelles sulle tv pubbliche che entreranno in vigora dalla prossima estate. E che manderebbe fuori legge l’attuale legge sulla Rai fatta dal governo Renzi nel 2015 perché le nomine dei vertici sono troppo legate a Palazzo Chigi”. Zini ironizza anche sull’apertura della prima giornata, affidata a Geppi Cucciari, “che rischia di essere l’unico momento degno di nota della due giorni”. E infierisce ancora: “si prevedono come sempre tante parole”.
Si ricordi che il 2 ottobre il Parlamento ha avviato l’esame dei numerosi progetti di legge di riforma che da anni giacevano – polverosi – negli archivi delle Camere: l’iter è stato incardinato nella Commissione VIII del Senato (presieduta da Claudio Fazzone di Forza Italia): questa decisione è scaturita a seguito dell’accordo raggiunto tra Governo ed una parte dell’opposizione – ovvero il Movimento 5 Stelle – per votare, il 26 settembre, quello che è l’attuale Consiglio di Amministrazione della Rai…
Qualcuno aveva prospettato, tuonando, “prima la riforma, poi le nomine”, ma l’ipotetico “campo largo” Pd + Avs + M5s s’è sciolto come neve al sole, come abbiamo ben spiegato anche su queste colonne: vedi “Key4biz” del 26 settembre 2024, “CdA Rai, Giorgetti designa Agnes Presidente e Rossi Ad. Bonelli (Avs): “Il campo largo non esiste”. Il sottotitolo dell’articolo – pubblicato lo stesso giorno delle elezioni da parte di Montecitorio e Palazzo Madama – recita: “Completamente ignorate le richieste di valutazione comparativa dei curricula dei 72 candidati… ignorate le cause pendenti di fronte al Tar ed al Consiglio di Stato… ignorate le previsioni dell’“European Media Freedom Act”… Non ha partecipato al voto il 42 % dei deputati ed il 36 % dei senatori”.
Sono varie le proposte presentate in Commissione in Senato: “2 del Partito Democratico, 1 a testa per Forza Italia, Lega Salvini ed Alleanza Verdi Sinistra. Manca ancora la proposta di Fratelli d’Italia” – scrive Zini con efficace sintesi – “a parte le due dem, in cui si prospetta il modello Bbc con la nascita di una fondazione a fare da cuneo tra la politica e tv pubblica, le altre spostano solamente i criteri di nomina dal governo al Parlamento, ma sono sempre, e anche di più, i partiti a dare le carte”.
E di queste proposte si è parlato anche ieri a Palazzo Farnese, ad “Eurovisioni”.
Commenta il Redattore Anonimo su “BloggoRai” questa mattina, con maggiore precisione: “stiamo parlando di 7 tra Ddl e Pdk incardinate (e ferme) all’8° Commissione Senato proposte da Pd (due con Nicita e Martella) e una rispettivamente di Fi (Gasparri), Bizzotto (Lega), De Cristofaro (Avs), Bevilacqua (M5s) e Borghi (Iv). Inoltre ce ne sono altre 4 alla Camera (tutte di area opposizione) in attesa di non si sa bene cosa. La maggioranza delle proposte hanno un tratto comune: tendono alla sola riforma della sola governance mentre delle risorse (canone) e della missione se ne occupano poco e quando se ne occupano due tra queste mirano all’abolizione del canone che non è proprio un dettaglio di poco conto. Inoltre, la maggioranza di queste proposte si concentra sul modello della Fondazione che dovrebbe sostituire quello attuale. Si tratta di una proposta pericolosa e minacciosa in quanto, come pure abbiamo già scritto, configura l’anticamera della privatizzazione, specie laddove sottrae il controllo del Servizio Pubblico alla sfera parlamentare. Il tema, sottotraccia e mai confesso, è che il grande disegno di privatizzare la Rai specie in una certa “sinistra” non è mai tramontato, da Prodi fino all’attuale Boccia, vicesegretario Pd che vorrebbe abolire il canone (da non dimenticare il referendum del ’95 sostenuto dai Ds) il cui esito fu mai applicato”…
Secondo alcune voci, l’assenza di una proposta di legge di Fratelli d’Italia potrebbe essere indicativa della volontà di un intervento diretto del Governo, ma si tratta soltanto di una ipotesi di scenario, rilanciata ieri sera da Michele Cassano in un lungo servizio Ansa.
Tra gli intervenuti ieri ad “Eurovisioni”: Maurizio Gasparri di Forza Italia, che ha sottolineato “l’incostituzionalità” della riforma Renzi, ricordando di aver depositato un testo per l’abolizione della figura dell’Amministratore Delegato nominato dal Governo ed il ritorno della figura del Direttore Generale; Stefano Candiani della Lega, che ha citato il modello della Corte Costituzionale come possibile riferimento per la “governance” Rai; dall’opposizione, Stefano Graziano del Pd ha sottolineato l’esigenza di “separare le funzioni dell’organo di vigilanza dall’organo di gestione”, mentre il collega di partito Federico Fornaro ha illustrato la sua proposta per un “sistema duale”, con un consiglio di “gestione” e un consiglio di “sorveglianza”, “un modello facilmente attuabile e smontabile”; Maurizio Lupi di Noi Moderati ha sostenuto che “l’unico azionista di un servizio pubblico nelle democrazie di qualsiasi Paese è il Parlamento e non mi scandalizza minimamente che sul Cda sia il parlamento a doversi esprimere”; Dolores Bevilacqua del M5s ha spiegato le ragioni della testo presentato dal suo partito, nel quale “il Parlamento ha ruolo centrale”; Maria Elena Boschi di Italia Viva ha sostenuto che “la riforma Renzi va cambiata, ma finora è stata usata da tutti” (e riteniamo – ahinoi – che abbia proprio ragione!), ed ha ricordato che la loro soluzione “è vicina a quella del Pd e si basa sul modello della fondazione” (vedi supra, con il commento di “BloggoRai”)… Quanto alle risorse, il leitmotiv è stato quello della certezza e della lunga durata, a prescindere dal fatto che i finanziamenti vengano dalla fiscalità generale o dal canone. Quest’ultimo resta, però, un punto di polemica, perché, pur essendo stato previsto nel testo della “manovra” inviato alle Camere che l’ammontare della tassa tornerà a 90 euro e non saranno previste risorse compensative, non è ancora chiaro se la Lega proverà o meno a modificare la norma in Parlamento, tornando alla soluzione mista dello scorso anno… Maurizio Di Trapani, Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) ha sostenuto: “sono contento, perché ho sentito qui parole di una condivisione totale, ne sono felice. Evidentemente si può arrivare ad una proposta che tolga la Rai dalla morsa dei partiti. Non entro nel merito delle riforme, ma un punto partenza potrebbero i contenuti dei comunicati che i partiti hanno fatto quando erano all’opposizione, perché la posizione spesso cambia quando poi vanno al governo. Fuori dall’ironia, una soluzione per andare avanti potrebbe essere provare a raffrontare le proposte con le previsioni del Media Freedom Act e le sentenze della Corte Costituzionale”… Ed ha concluso, rivolgendosi ai parlamentari presenti: “se siete tutti d’accordo, ci sono le condizioni per votare in capogruppo che la riforma venga discussa in commissione in sede deliberante, così si va veloce. Altrimenti ad agosto prossimo staremo ancora a discutere di riforma…”. Nutriamo molti dubbi che la proposta di Di Trapani venga accolta. E crediamo che nell’agosto 2025 saremo ancora a “caro amico, ti scrivo…”.
Cenni storici sugli… “Stati Generali”?! “BloggoRai” li ricostruisce
A proposito degli… “Stati Generali”, si rimanda alla ricostruzione proposta il 22 ottobre 2022 dal Redattore Anonimo sul sempre vigile osservatorio di “BloggoRai”: “All’inizio fu giugno 2016, all’indomani della Legge 220 del 2015 (Renzi) che prevedeva una consultazione pubblica sul Servizio Pubblico Radiotelevisivo. C’è poca letteratura su questo evento, ma qualcosa si trova. In quel mese le reti Rai mandavano in onda uno spot “CambieRai” (clicca qui per rivederlo)… Pochi anni dopo, a seguito degli Stati Generali sull’Economia di giugno 2020, si riparlò di Stati Generali sulla Rai per un possibile aggiornamento (era Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri). Non se ne fece nulla: il 6 giugno il Tg1 titola “Confronto tra Conte e Pd, slittano gli Stati Generali”. Nel frattempo però su Rai Tre andavano in onda gli ‘Stati Generali’ di Serena Dandini: da rivedere e conservare… Arriviamo al 22 novembre del 2022 quando “il Foglio” titolava “Come sarà la tv di Meloni? “Faremo gli Stati Generali della Rai” ipse dixit Giampaolo Rossi, attuale Ad Rai. Punto, a capo. Il 18 febbraio 2023 Giovanni Valentini sul Fatto titola “C’è solo un modo per salvare la Rai: gli “Stati Generali”. Doppio punto, a capo. Sempre a febbraio l’Agenzia stampa Agi pubblica un lancio con una dichiarazione del M5s: “La sede naturale di questo percorso condiviso dovrà essere quella degli Stati Generali del Servizio Pubblico promossi dalla Commissione di vigilanza Rai che si svolgeranno in autunno, con la Presidente Barbara Floridia in primissima linea, in coordinamento con l’azienda”…
Noi stessi, nel 2016, così commentavamo l’iniziativa “#CambieRai. Consultazione nazionale sul servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimedia”, promossa dall’allora Mise (Ministero dello Sviluppo Economico, divenuto col Governo Meloni “Mimit” alias Ministero per le Imprese e il Made in Italy) e coordinata dall’allora Sottosegretario Antonello Giacomelli (con i Governi Renzi e poi Gentiloni; dal settembre 2022, Giacomelli è membro dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – Agcom)… Si rimanda a “Key4biz” del 13 aprile 2016, “ilprincipenudo. Consultazione Rai, ‘pubblica’ ma ‘a porte chiuse’. Cultura e pubblicità nel questionario?”
Quell’iniziativa – che pure fu strutturata in modo ben più tecnicamente accurato e culturalmente plurale di quella prevista per la settimana prossima (basti ricordare che coinvolse oltre 160 di operatori del settore ed oltre 90 organizzazioni…) – non ha comunque portato a nulla di concreto.
Come dire?! L’idea di “stati generali” ha quindi radici lontane, ma è paradossale che sia oggi tanto sostenuta da una esponente politica che ha graziosamente partecipato alla spartizione partitocratica delle nomine in occasione dell’elezione (cooptazione) dei membri del Consiglio di Amministrazione della Rai.
In effetti, è stato proprio il Movimento 5 Stelle a sfilarsi dall’impegno succitato “prima le riforme, poi le nomine”, partecipando alle elezioni del 26 settembre 2024 a Montecitorio e Palazzo Madama.
Un paradosso, quindi, che da una logica squisitamente partitocratica (trasparenza zero nella scelta dei membri del Cda Rai) possa emergere una autentica riforma che liberi il servizio pubblico radiotelevisivo dal giogo dei partiti stessi.
Come affidare… a Dracula la gestione del mercato degli emoderivati…
L’IsICult studia il mercato audiovisivo internazionale da trent’anni, ma da molto tempo Rai non si interessa più di analisi comparative del servizio pubblico mediale nel mondo
Verosimilmente, l’iniziativa al Senato andrà a beneficiare di una rassegna mediatica significativa, ma sempre passarella politica correrà il rischio di restare in fondo, per una ragione che qui vogliamo (ri)denunciare, forti – ci sia consentito – di una solida esperienza professionale e tecnica: chi cura queste noterelle è stato uno dei pochi (pochissimi) ricercatori che ha affrontato in Italia, nell’ultimo quarto di secolo, le questioni della politica, dell’economia, della tecnologia del “servizio pubblico” mediale.
Nell’anno 2000, l’Istituto italiano per l’Industria Culturale ha pubblicato un tomo intitolato “Con lo Stato e con il mercato? Verso nuovi modelli di televisione pubblica nel mondo”, edito per i tipi di Mondatori (co-autori Angelo Zaccone Teodosi e Francesca Medolago Albani) frutto di una lunga ed approfondita ricerca commissionata da Mediaset (paradossale committenza, apparentemente, ma Rai fino ad allora non aveva mai promosso studi comparativi a livello internazionale).
A distanza di un quarto di secolo, quello studio mantiene una sua discreta attualità, a conferma di quanto il dibattito su queste tematiche sia in Italia ancora oggi ben arretrato. Per gli “storici dei media”, si rimanda alla videoregistrazione della presentazione del volume, il 19 aprile 2000, presso l’Università di Roma “Sapienza” nell’archivio di Radio Radicale.
Dopo quella provocazione di Cologno, Viale Mazzini affida all’IsICult un inedito ed avanguardistico progetto di ricerca e monitoraggio, l’“Osservatorio sui Sistemi Televisivi Europei”, che è stato sviluppato per quasi un decennio, ed un cui estratto è stato pubblicato, nel 2008, per i tipi di Eri Rai: “L’occhio del pubblico. Dieci anni di Osservatorio Rai/IsICult sulle televisioni europee” (co-autori Giovanni Gangemi e Bruno Zambardino)…
Il progetto IsICult per Rai è stato brutalmente interrotto nel 2009. Conseguenze?! Mai più Rai ha affrontato in modo serio ed approfondito l’analisi comparativa dei propri “colleghi” a livello europeo.
A distanza di 25 anni dalla ricerca IsICult per Mediaset ed a distanza di 15 anni dal killeraggio dell’Osservatorio IsICult per Rai, lo “stato dell’arte” delle ricerche comparative internazionali sul “servizio pubblico” è in Italia poverissimo, anzi inesistente (v’è soltanto una qualche incursione realizzata dal Media Intelligence Service – Mis dell’Ebu)…
Si comprende quindi la stanchezza e la noia di chi scrive, nel suo mestiere anzitutto di ricercatore mediologico e soltanto poi di giornalista investigativo? Si rinnovano incontri rituali con molte parole e pochi dati, molte chiacchiere e poche studi: ancora una volta ieri a Palazzo Farnese e verosimilmente la settimana prossima a Palazzo Giustiniani…
Come abbiamo denunciato tante volte, in Italia l’“evidence-based policy making” resta una chimera
Questo perdurante diffuso deserto di conoscenze conferma lo stato evanescente delle proposte di legge di riforma sulla Rai: nessun partito si è mai realmente appassionato al tema, né mai lo ha studiato in modo approfondito.
In fondo, i partiti – nel caso in ispecie – ancora una volta “predicano bene e razzolano male”: teorizzano una Rai “libera dai partiti”, ma sotto sotto continuano a voler mantenere ben salda la presa su Viale Mazzini.
E ben si guardano dallo studiare seriamente la questione.
Basti pensare alla barzelletta della riduzione del canone Rai ed alla imposizione perdurante di uno stato di assoluta incertezza rispetto alle risorse economiche: di anno in anno, di “Legge di Bilancio” in “Legge di Bilancio”, la partitocrazia “misura” il proprio potere, costringendo la Rai ad inginocchiarsi di fronte al Palazzo…
Ancora una volta, si ripropone quel “governo nasometrico” della cultura (e dei media) che caratterizza il nostro Paese e conferma lo strapotere del Palazzo sulla società civile: la dinamica che riguarda la “riforma” Rai è speculare alla dinamica della “riforma” della legge sul cinema e l’audiovisivo, che con molta attenzione andiamo seguendo sulle colonne di “Key4biz”…
La “spada di Damocle” dei ricorsi al Tar sia sulla “riforma Rai” sia sulla “riforma Borgonzoni” del settore cine-audiovisivo: ci sarà… “un giudice a Berlino”?!
Qualcuno comunque spera che ci sia… “un giudice a Berlino”, sia rispetto alla (mala) gestione della Rai sia alla (mala) gestione del Ministero della Cultura.
Si ricorda che, rispetto alla nomina del Consiglio di Amministrazione della Rai, pende ancora di fronte al Tribunale Amministrativo del Lazio un ricorso (il n° 4840 del 2024, secondo il Registro Generale) presentato da 3 già candidati, ovvero Antonino Rizzo Nervo, Stefano Rolando e Patrizio Rossano (coordinati dal costituzionalista e già Presidente della Rai Roberto Zaccaria): il ricorso è stato presentato in relazione all’invito pubblicato in data 21 marzo 2024 sul sito istituzionale della Camera dei Deputati (ed in contemporanea al Senato) denominato “avviso per la presentazione di candidatura a componente del consiglio di amministrazione della Rai ai fini dell’elezione da parte della Camera dei Deputati”. Essenziale, nel ricorso, il richiamo al nuovo “Regolamento Ue” n° 2024/1083 sulla libertà di stampa – l’ormai famoso “European Media Freedom Act” (alias “Emfa”), che sancisce che “i membri del Cda dei fornitori di media di servizio pubblico [siano] nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale”…
Il 29 maggio 2024, la Camera di Consiglio del Tar del Lazio non ha ritenuto di concedere la sospensiva alla procedura di elezione dei membri del Cda da parte del Parlamento, ma aveva fissato un’udienza pubblica per mercoledì della scorsa settimana 23 ottobre (si rimanda, per un commento critico, all’articolo di Renato Parascandolo su “Articolo21” del 22 ottobre, “Il valore politico del ricorso al Tar per una governance democratica della Rai”), per entrare nel merito, riconoscendo che le “articolate questioni sottese alla controversia necessitino, per la loro complessità, del compiuto approfondimento che è proprio della sede di merito”. Questa ordinanza del Tar del 29 maggio è stata impugnata dai ricorrenti, ma il tribunale ha respinto l’appello cautelare, rinnovando il rinvio all’udienza pubblica del 23 ottobre.
Il 17 ottobre sono stati presentati dei “motivi aggiuntivi” da parte dei ricorrenti, e quindi – anche nelle more delle reazioni dell’Avvocatura dello Stato – l’udienza è stata fissata “ad altra data”. Si ricordi che i ricorrenti il 20 giugno 2024 hanno annunciato l’intenzione di rivolgersi anche al Consiglio di Stato…
IsICult e “Key4biz” hanno dedicato adeguata attenzione alla vicenda, che pure non ha provocato grande attenzione, né da parte dei partiti né da parte dei media “mainstream”: vedi, da ultimo, “Key4biz” del 20 giugno 2024, “CdA Rai, nuovo ricorso al Consiglio di Stato. Cinema e audiovisivo: tutto fermo, il 27 giugno nuova manifestazione di protesta dei lavoratori”… Il Consiglio di Stato ha comunque rimandato al Tar del Lazio, ovvero all’udienza che era stata calendarizzata per il 23 ottobre.
Basti osservare che nessun partito si è espresso esplicitamente rispetto ai ricorsi al Tar.
Ad oggi – per quanto è dato sapere – non si ha una previsione precisa, ma ci si augura che l’udienza pubblica di fronte al Tar del Lazio avvenga prima della fine del corrente anno…
In ogni caso, è un dato di fatto che pende sulla Camera e sul Senato una vera “spada di Damocle”: se il Tar del Lazio ritenesse di dar ragione ai ricorrenti, l’elezione dell’ultimo Cda da parte del Parlamento – avvenuta il 26 settembre 2024 – cadrebbe come un castello di carte…
E guardano… “a Berlino” anche decine di produttori indipendenti, arrabbiati per le possibili conseguenze della “riforma Borgonzoni” della “legge Franceschini”.
Si ha conferma di quel che “Key4biz” ha anticipato ovvero che in questi giorni sono stati presentati ricorsi da parte di decine di operatori del settore cine-audiovisivo, rispetto alle nuove “regole” del sistema: dal decreto “interministeriale” del 10 luglio 2024 a firma dell’ex Ministro Gennaro Sangiuliano e del suo collega del Mef Giancarlo Giorgetti – “Tax Credit Produzione Cinema” – ai diversi decreti “direttoriali” firmati dal Dg Nicola Borrelli… Si tratta di regole che non disturbano l’attività dei “big player” (grossi produttori televisivi e multinazionali straniere), ma mettono invece in ginocchio molti piccoli produttori, una delle anime più vitali del settore cine-audiovisivo nazionale…
I ricorrenti sono già almeno 30 imprenditori. Un’altra “spada di Damocle”, questa sulla testa della senatrice leghista Lucia Borgonzoni (Lega) e quindi sulla testa del Ministro Alessandro Giuli (Fratelli d’Italia).
Oggi IsICult e “Key4biz” pubblicano in esclusiva i “motivi aggiunti” dei 3 candidati al Cda Rai contro la Camera dei Deputati e nei prossimi giorni pubblicheremo i ricorsi dal Tar da parte dei produttori cinematografici e audiovisivi indipendenti…
Trasparenza… trasparenza… trasparenza…
Se il dibattito sulla riforma della Rai sempre non provocare alcun interesse nella comunità mediatica (basti osservare che oggi, sulla stampa quotidiana, non 1 riga una sul dibattito di ieri ad Eurovisioni…), va apprezzato che alcuni giornalisti “generalisti” stiano cercando di far uscire il dibattito sulla “riforma Borgonzoni” del settore cine-audiovisiva dalla nicchia specialistica nel quale è finora rimasto: da Nicola Porro su “Quarta Repubblica” su Rete4, a Sigfrido Ranucci per “Report” di Rai3, passando per “Piazza Pulita” di Corrado Formigli su La7…
Un mix di attenzione mediatica e di sensibilità della magistratura potrebbe determinare lo scardinamento delle logiche conservative e autoreferenziali di un potere sempre più autocratico e chiuso nelle stanze del Palazzo, lontano anni-luce dalla società civile.
Clicca qui per i “motivi aggiunti” al ricorso presentato da Antonino Rizzo Nervo, Stefano Rolando, Patrizio Rossano contro la Camera dei Deputati, per “l’annullamento e/o declaratoria di nullità e/o disapplicazione” dell’avviso del 21 marzo 2024 pubblicato sul sito web istituzionale “avviso per la presentazione di candidatura a componente del Consiglio di Amministrazione della Rai”, atto curato dall’avvocato Giovanni Pravisani, presentato il 17 ottobre 2023, nelle more dell’udienza pubblica del 23 ottobre 2023 (rimandata quindi “ad altra data”), Roma, Tribunale Amministrativo del Lazio.
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale).