Il walzer delle nomine nelle società “controllate” dallo Stato è in corso, e la partita che assume una qual certa rilevanza nell’ambito cultural-mediale è senza dubbio quella della Rai, e, subordinatamente, quella di Cinecittà. Partite che pure non sembrano essere propriamente “all’ordine del giorno”.
Il tema “Rai”, d’altronde, così come quello “Cinecittà”, rappresentano capitoli assolutamente marginali nel “grande libro della lottizzazione”, di fronte a giganti come Enel ed Eni e Poste e Leonardo e Terna… A proposito di queste grandi società (e delle nomine annunciate ieri dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni), qualcuno ha commentato sbrigativamente – e superficialmente – citando, una volta ancora, il sempiterno motto gattopardesco, ovvero che “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima” del “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. La citazione esatta è: “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” (si ricordi che chi pronuncia la frase non è però il Principe di Salina ma suo nipote Tancredi).
Tra i nomi che emergono, c’è senza dubbio la nomina di Flavio Cattaneo nella veste di Amministratore Delegato di Enel. Il sempre attento Redattore Anonimo di “BloggoRai” (la fonte più accurata di informazioni ed analisi sul “dietro le quinte” di Viale Mazzini) ricorda alcuni controversi trascorsi di Cattaneo in Rai, con un articolo intitolato “Scheletri nell’armadio e porte girevoli tra Palazzo Chigi e Viale Mazzini”.
Ed i grandi “giochi” sulle grosse partecipate vedono anche un’altra connessione con Viale Mazzini: Igor De Biasio – classe 1977, siede nel Cda Rai “in quota Salvini” – è indicato alla presidenza di Terna (a fronte di Giuseppina Di Foggia Amministratrice Delegata).
Che accadrà a Viale Mazzini, con le verosimili dimissioni del consigliere Rai in quota Lega, e con la guida aziendale affidata ad un traballante Carlo Fuortes?! Come scrive “BloggoRai”, il consiglio di amministrazione a 6 è a certamente rischio di maggioranze instabili… E si ricordi che nell’attuale Cda Rai non siede nessun consigliere “in quota” Fratelli d’Italia…
E che dire di RaiWay?! Come segnalava un paio di settimane fa “MilanoFinanza”, nonostante un buon bilancio 2022 ed il parere contrario di alcuni analisti rispetto ad un possibile avvicendamento sulla tolda di comando, il Consiglio di Amministrazione di Viale Mazzini ha deciso di cambiare i vertici della controllata Rai Way. Il Cda della Rai, maggior azionista del gruppo delle torri, ha approvato le proposte di nomina di Giuseppe Pasciucco come Presidente e di Roberto Cecatto come Amministratore Delegato di Rai Way (succede ad Aldo Mancino). Secondo indiscrezioni, avrebbero votato contro la nomina i consiglieri Rai Francesca Bria e Riccardo Laganà. Per il quotidiano milanese, “il cambio potrebbe avvantaggiare la fusione con Ei Towers”, e “da fonti di mercato sembra infatti che la scelta dipenda dalla volontà del governo di accelerare la possibile fusione con Ei Towers (60 % di F2i e 40 % Mfe alias Mediaset), garantendo alla Rai passare rapidamente a un incasso che consentirebbe di ripianare qualche debito”. Michela Tamburrino su “La Stampa” del 23 marzo ha scritto “Rai, il valzer delle nomine. Fuortes blinda i fedelissimi prima di andarsene”.
Più fonti prospettano che Carlo Fuortes getti la spugna entro fine aprile (il 20 aprile?!), ma le ipotesi su un suo nuovo incarico restano vaghe, dato che l’opzione La Scala di Milano è sfumata. Si ricordi che il 6 marzo la Premier Giorgia Meloni ha incontrato l’Ad Rai… Si leggeva nel comunicato stampa ufficiale: “nel corso del colloquio, è stata esaminata la situazione economico-finanziaria della Rai in vista del bilancio consuntivo 2022, che verrà chiuso entro il mese di aprile 2023. Il presidente Meloni e Fuortes – informava Palazzo Chigi – torneranno a incontrarsi, dopo l’approvazione del bilancio Rai”.
Il “redde rationem” è quindi questione di poche settimane?!
Rispetto al successore, restano accreditati Giampaolo Rossi (intellettuale e manager, già nel Cda di Viale Mazzini, fiduciario della Premier in materia Rai) e Gian Marco Chiocci (che oggi guida la Adnkronos), ma anche candidati meno “visibili” come Marcello Ciannamea (attuale Direttore della Distribuzione Rai)… ed emerge anche Nicola Maccanico.
Cinecittà: entusiasmo a gogò dell’Ad Nicola Maccanico, ma permangono nubi e perplessità, anche da parte della Corte dei Conti
A Cinecittà, la situazione permane cheta, in superficie. Stefano Cingolani ha pubblicato ieri l’altro sul quotidiano “il Foglio” una paginata, dai toni esaltati, intitolato “A Cinecittà la “fabbrica dei sogni” torna a fare profitti”, dalla quale emergerebbe che gli “studios” di Via Tuscolana vanno alla grande, anzi alla grandissima, e che forse il sogno della “Hollywood europea” a suo tempo evocato dal Ministro Dario Franceschini (a lui vanno attribuite le nomine di Nicola Maccanico Amministratore Delegato e di Chiara Sbarigia Presidente). Sul quotidiano economico “Milano Finanza” di giovedì della scorsa settimana, un’intervista a Maccanico segnalava l’approvazione del bilancio 2022 con un utile netto di 1,8 milioni, ed un “target raggiunto con un anno di anticipo rispetto alle previsioni”. “Abbiamo più che raddoppiato i ricavi arrivando a 39 milioni di euro, con una crescita di 24 milioni rispetto al 2020-21, grazie alla piena occupazione dei teatri che è passata dal 31 % medio degli anni passati a quasi l’80 % di oggi”, ha dichiarato un entusiasta Maccanico. E rispetto alla complessa operazione di acquisizione di parte del terreno a Torre Spaccata, di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), l’Ad segnala che l’operazione procede, in attesa di ricevere approvazione formale dall’assemblea dei soci: “siamo in accordo con Cdp per l’acquisto di 31 ettari (sugli oltre 50 disponibili) al prezzo di 17,8 milioni. Entro fine giugno si dovrebbe chiudere e cominciare a lavorare allo sviluppo dell’area”. L’area in questione (rispetto alla quale si addensano nubi) viene ritenuta fondamentale per il futuro sviluppo di Cinecittà.
Torneremo presto su questi dati e su queste analisi, e qui ci limitiamo a ricordare che, un paio di settimane fa, nel presentare la sua “Relazione” sul secondo semestre” del 2022 rispetto alla gestione dei fondi del “Recovery Plan”, la Corte dei Conti non sembrava aver sciolto il “nodo” che aveva evidenziato in un suo documento di fine dicembre, curato dalla sezione che si occupa del cosiddetto “controllo concomitante” sui progetti finanziati con i fondi del Pnrr (sezione presieduta da Massimiliano Minerva)…
Nel pomeriggio del 28 marzo scorso, nella Sala della Regina del Palazzo di Montecitorio ha avuto luogo la presentazione in pompa magna della “Relazione semestrale” della Corte dei Conti sul Pnrr, con un saluto da parte del Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, ed i lavori aperti dal Presidente della Corte, Guido Carlino.
Corte dei Conti: diffuse criticità nella gestione dei 300 milioni di euro del Pnrr per la nuova Cinecittà. Progetti “fuori controllo”?!
Nei documenti presentati il 28 marzo dalla Corte, si ricorda che per il progetto denominato “Sviluppo industria cinematografica (Progetto Cinecittà)”, compreso nel Pnrr (misura “M1C3-3.2”), sono state stanziate complessive risorse pari a 300 milioni di euro. Si legge che “il Collegio, avendo accertato la presenza di diffuse criticità, ha impartito specifiche raccomandazioni al Ministero della Cultura tese ad acquisire progetti specifici corredati dei relativi quadi economico-finanziari, nonché ad adottare i dovuti atti di indirizzo, coordinamento, controllo, monitoraggio e verifica nei confronti dei soggetti partecipanti all’implementazione esecutiva delle diverse linee di intervento, specificando altresì di adottare tutte le misure urgenti e necessarie per il raggiungimento degli obiettivi già previsti al 31 dicembre 2022 e non ancora realizzati”. E, ancora: “il Collegio, inoltre, ha raccomandato all’Unità di missione per il Pnrr di svolgere, in raccordo con la Direzione Generale per il Cinema ed Audiovisivo (soggetto attuatore per il progetto Pnrr – M1C3 – Investimento 3.2”) il coordinamento delle relative attività di gestione, del loro monitoraggio, rendicontazione e controllo, nonché di vigilanza affinché siano adottati criteri di selezione delle azioni coerenti con le regole e gli obiettivi del Pnrr”.
Qualcosa non va, evidentemente, e non si deve leggere tra le righe…
Titolava a piena pagina il quotidiano “la Repubblica” curiosamente lo stesso 28 marzo scorso: “Cara Cinecittà. La Corte dei Conti. Dossier dei magistrati contabili sulle spese: i pm vigilano sui 300 milioni affidati agli studios. Ma i costi dei progetti sono già fuori controllo”. E ancora: “il Pratone di Torre Spaccata. Cittadini in rivolta contro gli otto nuovi teatri di posa che dovrebbero nascere sul terreno di Cassa Depositi e Prestiti su 50 ettari di agro romano” (articoli a 4 firme: Daniele Autieri, Lorenzo d’Albergo, Marina de Ghantuz Cubbe e Andrea Ossino). Altro titolo: “Pnrr, Cinecittà nel mirino. “Costi fuori controllo e acquisti non previsti””. Si legge su “la Repubblica” che “gli accertamenti del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza hanno preso i tre progetti Pnrr, li hanno analizzati e poi hanno riportato tutte le loro perplessità alla Corte dei Conti. La prima, la sostituzione della Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura con Cinecittà Spa in qualità di gestore dei finanziamenti, è stata superata con una convenzione siglata tra le due parti…”. Oltre a questioni che potremmo definire “di forma” sono emerse altre criticità come il “notevole incremento dei costi” registrato dai magistrati “nella realizzazione dei nuovi teatri”. Un altro nodo è quello che riguarda la “congruità economica e la sostenibilità finanziaria” del tanto decantato acquisto del Cinema Fiamma, cinematografo da inserire nel patrimonio del Centro Sperimentale di Cinematografia, che la magistratura contabile definisce un affare “non previsto nel piano comunicato in sede europea”, che per i magistrati non risponde “ai principi di trasparenza e buona amministrazione”.
Nicola Maccanico in Rai e Chiara Sbarigia in Apa?
Niccola Maccanico ha dichiarato che Cinecittà sta facendo del suo meglio per rispettare le indicazioni della Corte dei Conti, e rilascia interviste ottimiste assai.
Alcuni osservatori sostengono che in verità il dossier “300 milioni del Pnrr” per Cinecittà sta divenendo, settimana dopo settimana, assai scottante e che l’Ad sta ragionando su una sua possibile “emigrazione” in lande più chete, che potrebbero essere rappresentate dalla stessa Rai, nel ruolo di Ad al posto di Carlo Fuortes o alla guida di RaiCinema al posto dell’attuale Ad Paolo Dal Brocco (al quale il mensile “Box Office” – diretto da Paolo Sinopoli, edito dal gruppo e-duesse – ha dedicato in questi giorni la copertina ed una lunga assai benevola intervista).
E si ha notizia che, nel “gioco” delle nomine, potrebbe lasciare la presidenza Chiara Sbarigia.
La Presidente di Cinecittà tornerebbe alle sue origini, ovvero nell’Associazione dei Produttori Audiovisivi (Apa), presieduta da anni da Giancarlo Leone, di cui è stata per lungo tempo Segretaria Generale… Sbarigia verrebbe eletta Presidente dell’Apa.
Da ricordare che è entrato nel Cda di Via Tuscolana anche Giuseppe De Mita (figlio del mitico Ciriaco), senza che nessuno manifestasse perplessità di sorta sull’assenza, nel suo curriculum professionale, di esperienze minimamente significative nel settore cinema e audiovisivo: e peraltro nessuno, proprio nessuno – a parte questo quotidiano “Key4biz” – ha segnalato la notizia di questa cooptazione, che reca come – di fatto – la firma del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (vedi “Key4biz” del 22 marzo 2023, “Un De Mita nel cda di Cinecittà, intanto oggi sciopero delle troupe cinematografiche”).
In effetti, da quando il Governo guidato da Giorgia Meloni si è insediato, l’unico reale e significativo avvicendamento – in base a logiche di “spoil system” – è stato, nell’ambito culturale, la sostituzione della sinistrorsa Presidente del Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) Giovanna Melandri con il destrorso Alessandro Giuli. A fine novembre dell’anno scorso.
Insediatosi il nuovo Consiglio Superiore dello Spettacolo del Ministero della Cultura: Eleonora Abbagnato neo Presidente
Per il resto, non si registrano cambiamenti radicali: ieri, per esempio, si è insediato il nuovo Consiglio Superiore dello Spettacolo del Ministero della Cultura (che era stato nominato il 28 marzo scorso).
La presidenza è stata affidata ad Eleonora Abbagnato, ex étoile del Teatro dell’Opera di Roma(il precedente Consiglio, nominato da Franceschini, era guidato dal consulente di politica culturale Lucio Argano). Il Consiglio è oggi composto da Isabella Ambrosini, Edoardo Bennato, Maria Rosaria Gianni, Federico Rampini, Davide Rondoni, Enrico Ruggeri, Uto Ughi; tre i membri nominati dalla Conferenza Unificata, ovvero Vittorio Poma, Francesca Rossini, Renato Tortarolo; proposti dalle associazioni di categoria, Domenico Barbuto, Elisa Guzzo Vaccarino, Franco Oss Noser; infine, Vanda Braghetta, componente proposto dagli enti del Terzo Settore. Verosimilmente alcuni dei cooptati dovranno dimettersi dagli incarichi che ricoprono attualmente all’interno di alcuni teatri, per ovvi motivi di incompatibilità.
Il precedente Consiglio era lievemente più connotato “a sinistra” e ci sembra che la composizione del novello si caratterizzi per una qualificazione artistico-tecnica più evoluta del precedente. Nessuna rivoluzione, comunque.
Nel corso della prima riunione – tenutasi presso la Sala Spadolini del Collegio Romano alla presenza del Ministero della Cultura Gennaro Sangiuliano, del Sottosegretario alla Cultura con delega allo Spettacolo dal Vivo Gianmarco Mazzi e del Direttore Generale Spettacolo Antonio Parente – il Consiglio ha discusso, tra gli altri temi, i criteri di ripartizione delle risorse del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal vivo per il 2023 (sostituisce lo storico “Fus” alias “Fondo Unico per lo Spettacolo”). Durante i lavori è stata eletta Vice Presidente Maria Rosaria Gianni, già Caporedattore della Sezione Cultura del Tg1 Rai e Presidente del Siai – Sindacato Inquilini e Assegnatari Inpgi – che si occuperà, tra l’altro, dei rapporti istituzionali Consiglio-Ministero…
Dalla (bassa?) pratica lottizzatoria del sistema culturale, a riflessioni intellettuali sul ruolo possibile della “destra culturale”: il convegno “Cultura è Identità” del Centro Studi Machiavelli ieri a Palazzo San Macuto
Passando dalle dinamiche “empiriche” (la alta o bassa che sia cucina della partitocrazia applicata al sistema culturale?!) alle speculazioni intellettuali, merita essere segnalata una sorta di “appendice” del convegno che la “destra culturale” ha organizzato giovedì scorso 6 aprile all’Hotel Quirinale, iniziativa rispetto alla quale la rubrica “ilprincipenudo” dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult per “Key4biz” può farsi vanto di aver dedicato attenzione maggiore, rispetto a qualsiasi altra testata (destrorsa o sinistrorsa o centrista che fosse): vedi “Key4biz” di venerdì della scorsa settimana, “‘Essere eretici’: il convegno della destra sulla cultura in Italia. All’assalto soft alle casematte del potere sinistrorso?”.
Sul convegno del 6 aprile, ha scritto un gustoso editoriale su “il Giornale”, un paio di giorni dopo, Francesco Maria Del Vigo, che merita essere rilanciato:
“dopo aver dipinto per settimane l’evento come un’accolita di cavernicoli neo fascisti, si sono precipitati all’Hotel Quirinale nella speranza di poter trovare conferme ai propri pregiudizi. Invece niente. Di fronte al parterre sono rimasti inevitabilmente sconvolti e hanno tutta la nostra umana solidarietà: al posto dei barbari c’erano civilissimi scrittori, giornalisti, filosofi, docenti universitari, musicisti e persino direttori d’orchestra, attori e registi (pare che sapessero stare a tavola e utilizzare addirittura coltello e forchetta). Tutte categorie professionali e umane che l’egemonia culturale di sinistra pensava non potessero sopravvivere fuori dai loro salotti. Il terremoto ha scosso le casematte gauchiste e ha denudato, ancora una volta, quel complesso di superiorità che ha reso la cultura rossa o rosè sempre più elitaria e asfittica. Perché i deliri sguaiati di Oliviero Toscani – per cui la destra è popolata solo da deficienti – sono il parossismo di un milieu intellettualoide che vuole il monopolio esclusivo del mondo culturale. Loro dentro e tutti gli altri fuori. Ecco, la cultura di destra, invece, deve aggiungere e non sottrarre o sostituire, aprire e non chiudere. Insomma, l’esatto opposto del monopolismo radical chic, della cancel culture e del politicamente corretto”.
Questo approccio “snob” da parte della sinistra ci sembra possa essere ritrovato nel lungo articolo che ha pubblicato ieri 12 aprile su “la Repubblica” un sociologo del livello di Luigi Manconi, intitolato “Il complesso di inferiorità”, commentando anche lui in modo acido il convegno del 6 aprile:
“Dunque, quello che emerge da quel convegno e dalle allocuzioni ministeriali è piuttosto un gigantesco complesso di inferiorità. E la tentazione permanente di attribuire tanta povertà creativa e tanta penuria letteraria e artistica alla cospirazione del nemico. Le cause sono altre e non le si possono qui approfondire, ma tra esse c’è, non troppo paradossalmente, l’effetto di desertificazione prodotto dal regime fascista sulla cultura di destra del Secondo Dopoguerra. Quel complesso di inferiorità si manifesta attraverso due stati d’animo. Innanzitutto, il revanscismo: l’ossessiva voglia di rivincita di chi si e sempre pensato come “esule in patria” (copyright Marco Tarchi); e che, dopo il voto del 25 settembre, sogna la rivalsa per le frustrazioni patite. Ne consegue, ecco il secondo stato d’animo, una costante acidità di stomaco nei confronti di quella che si considera la sinistra culturale (e che, in realtà, è tutto un pulviscolo di opinioni disperse)”.
Come dire?! Ad ognuno – nel gioco delle parti – il suo proprio “complesso”: Manconi evidenzia certamente il suo (di “superiorità”, ahinoi).
E ieri, a Palazzo San Macuto, il Centro Studi Machiavelli di Firenze ha promosso il convegno “Cultura è Identità”.
Erano annunciati gli interventi sia del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, sia del Presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, che non sono intervenuti (il primo trattenuto a in Parlamento per il “question time”).
Sono intervenuti il Presidente della Commissione VII del Senato Roberto Marti (Lega Salvini) e l’onorevole Alessandro Amorese Capo Gruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Cultura della Camera, che è uno dei “tre moschettieri” (del Ministro Sangiuliano), che era stato co-promotore del convegno di giovedì scorso “Pensare l’immaginario italiano” (ovvero gli “Stati generali della cultura nazionale”), assieme ad Emanuele Merlino (Capo della Segreteria Tecnica del titolare del Mic) ed a Francesco Giubilei, esponente di spicco dell’associazione “Nazione Futura” (laboratorio culturale di Fratelli d’Italia).
Alessandro Amorese (Fratelli d’Italia): nell’ambito culturale, la sinistra ci percepisce ancora come “invasori bifolchi”
L’iniziativa di ieri a San Macuto non ha aggiunto molto a quel che era emerso il 6 aprile all’Hotel Quirinale, ma abbiamo registrato, soprattutto da parte di Alessandro Amorese, toni un po’ più “rivendicativi” rispetto a quelli, prevalentemente “diplomatici” e comunque “soft”, emersi giovedì scorso. Amorese ha ironizzato su come “la sinistra” percepisca ancora oggi coloro che operano “a destra” nel sistema culturale italiani come personaggi “invasori e bifolchi”… Ha sostenuto “eppure conosco fior fiore di intellettuali, e qualcuno anche… nelle università”, che non hanno militato o simpatizzato per il pensiero dominante. Secondo il deputato di FdI, “non esiste una egemonia culturale della sinistra, ma un potere inviperito” che ha paura del nuovo corso. Di fatto, Amorese si è fatto interprete ed alfiere di una parte significativa degli intellettuali italiani, che non si sono schierati, nel corso dei decenni, con il “potere conformista” della sinistra. Gli intellettuali e gli artisti di destra non hanno beneficiato in Italia “di palchi, di palcoscenici, di grandi editori”. Molti hanno scelto coraggiosamente di restare “fuori dal sistema”, anche se qualcuno si è “mimetizzato”… L’esponente di Fratelli d’Italia ha anche lamentato come, negli anni in cui “il centro-destra” ha governato (ovvio il riferimento agli esecutivi guidati da Silvio Berlusconi), non sia stata messo adeguatamente in atto un cambiamento di approccio nel governo del sistema culturale, e quindi “la sinistra” ha continuato ad esercitare il proprio potere in molte istituzioni culturali.
È intervenuto anche l’attore ed agitatore culturale Edoardo Sylos Labini, fondatore e Presidente di “CulturaIdentità”, associazione per la promozione delle culture identitarie anche territoriali. Si legge sul sito di CulturaIdentità (che è un movimento politico ma anche una rivista, e si ricordi che Sylos Labini dirige da anni la pagina “controculturale” del quotidiano “il Giornale”) una efficace sintesi: “per rubare la frase a Galilei, “eppur si muove”. Mentre a sinistra cincischiano di diritti con la Schlein e compagni, il mondo culturale del centrodestra è in fermento: inizia a fare sistema, si riunisce e noi siamo felici che oggi in molti percorrano la direzione che abbiamo indicato anni fa. Dopo il riuscito convegno della scorsa settimana, ‘Pensare l’immaginario italiano. Stati generali della cultura nazionale’, un pomeriggio di dibattiti per immaginare percorsi identitari e nazionali della cultura”.
Emanuele Mastrangelo (Centro Studi Machiavelli): la “cancel culture” ovvero il pensiero unico globalizzato, strumento del capitalismo neo-liberista e digitale
Molto interessante la relazione tecnica presentata da Emanuele Mastrangelo, ricercatore del Centro Studi Machiavelli (nonché redattore capo del mensile “Storia in Rete”) che sta lavorando ad un saggio sulla “cancel culture”, che verrà presto dato alle stampe da Eclettica Editrice, la casa editrice di Alessandro Amorese. Mastrangelo ha ri-costruito storicamente una rete di rapporti che vanno dall’“assalto alla memoria” ovvero dall’aspetto simbolico della distruzione dei monumenti (ha ricordato esemplificativamente l’abbattimento a Philadelphia – città nella quale ha alcuni parenti – del monumento a Cristoforo Colombo, sotto lo sguardo compiaciuto della polizia locale…) ad una visione globalizzata della dimensione umana, che gioca sulle teorie “gender” ed “intersezionaliste” e del movimento “woke”, al servizio del capitalismo neo-liberista e delle multinazionali del digitale.
La “cultura globale ovvero globalizzata” come “distruzione delle identità culturali locali”, in una prospettiva “monodimensionale” (à la Herbert Marcuse): una visione del mondo secondo la quale alcune minoranze finiscono per rivendicare il diritto a distruggere le espressioni identitarie della maggioranza…
Secondo Mastrangelo, l’inizio della cultura dominante del “politicamente corretto” a livello planetario può essere convenzionalmente definito intorno all’anno 1992, con Bill Clinton che diviene Presidente degli Stati Uniti d’America… Lo sviluppo dei “social media” ha poi contribuito in modo determinante all’affermazione di un conformista “pensiero debole” globalizzante, che tende a cancellare memoria storica ed identità locali.
Ha chiuso il convegno, con una relazione prevalentemente “musicologica” (rivendicando le radici profondamente nazionali della cultura italiana, concentrandosi sul maltrattato Ottorino Respighi), la elegante direttrice di orchestra Beatrice Venanzi, che è stata recentemente nominata Consigliere per la Musica dal Ministro Gennaro Sangiuliano.
Curiosamente il convegno – interessante e stimolante anche da un “point of view” non destrorso – non ha registrato oggi alcuna ricaduta mediatica, né sulla stampa quotidiana né sul web, ma chi cura questa rubrica IsICult per Key4biz invita comunque a dedicare attenzione – senza preclusioni e partigianerie – all’iniziativa, che è stata videoregistrata da RadioRadicale, ed è disponibile sul sito web dell’emittente.
Tra l’altro, si può osservare un qualche punto di convergenza tra alcune tesi di analisi critica di questa “destra culturale” con alcune tesi della “sinistra radicale” (va precisato: non la “sinistra di governo” ovvero la socialdemocrazia annacquata rappresentata in Italia negli ultimi anni dallo stesso Partito Democratico, che ha rinunciato a contestare “il sistema”) rispetto ad una analisi severa nei confronti “dominio del mondo” da parte del capitalismo neo-liberista…
Convergenze che appaiono stimolanti, se si ha la capacità di accantonare storici pregiudizi. Andando oltre quel “politicamente corretto” spesso conformista, che è bene venga scardinato – o comunque messo in discussione – da pensieri eccentrici, eterodossi, eretici.
Ben venga, quindi, lo scossone – piccolo o grande che sia – che la destra può dare al sistema culturale italiano.
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.
Clicca qui, per la videoregistrazione del convegno “Cultura è Identità”, promosso dal Centro Studi Machiavelli, tenutosi il 12 aprile 2023 a Roma, presso Palazzo San Macuto (Biblioteca della Camera dei Deputati).