Critica

Rai, cinema e teatro: molti balletti rituali, ma poca innovazione e nomine discrezionali

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Dal Teatro di Roma (un pasticcio) ad Ales spa (2mila dipendenti, 100 milioni di fatturato), si rinnovano oscure procedure in mix tra “spoil system” e “intuitu personae”: nessuna analisi critica, nessuna valutazione di impatto.

Dal punto di vista culturologico-mediologico, la settimana che volge al termine stimola un discreto sconforto, osservando lo scenario italico: apparenti movimenti, a fronte di sostanziale stagnazione…

Molti balletti rituali, ma nessuna innovazione.

Proviamo a riassumere, tra il “micro” ed il “macro”…

La surreale vicenda della “governance” del Teatro di Roma continua ad attrarre l’attenzione di molte testate giornalistiche, con il Sindaco Roberto Gualtieri che si mostra assolutamente debole, nel tentativo di dimostrare la saggezza della soluzione “democristiana” adottata per contrastare la forzatura dei consiglieri di amministrazione di centro-destra nella nomina di Luca De Fusco come Direttore artistico, ovvero affiancargli un manager… La scena romana è mossa dal docente, scrittore e giornalista Christian Raimo, che, indossando le vesti dell’“agit-prop”, ha promosso agitate assemblee di artisti ed attivisti “sinistrorsi”, dalle quali emerge una discreta confusione: attori ed attrici ed organizzatori culturali che approfittano della querelle per lamentare lo stato di precarietà diffusa, militanti della sinistra che accusano di dinamiche “fasciste” (ça va sans dire…) la gestione culturale messa in atto dal centro-destra… nessuno che si pone quesiti sul ruolo del Teatro di Roma, e, più in generale, della “mano pubblica” nel mercato della cultura. En passant, si ricordi che Christian Raimo è stato Assessore alla Cultura del Municipio III (Montesacro) di Roma per quattro anni, fino all’ottobre del 2022. Si tratta di un intellettuale ben impegnato a sinistra: nel 2020, definì Sergio Ramelli, diciottenne militante del Fronte della Gioventù ucciso a Milano nel 1975 (durante gli “anni di piombo”), una “icona del peggiore neofascismo”.

Quando l’“incidente” ovvero la “sceneggiata” del Teatro di Roma è scoppiata, abbiamo scritto – su queste colonne di “Key4biz” – che il Sindaco, per esercitare il suo “potere” (in effetti, se il Comune apporta al Teatro di Roma 6 milioni di euro l’anno di sovvenzione, a fronte di 1 milione la Regione Lazio ed 1 milione il Ministero della Cultura, i “pesi” nella gestione andrebbero misurati…), avrebbe potuto proporre una modifica statutaria, nella gestione dell’istituzione culturale romana… ma avrebbe dovuto farlo prima! Non soltanto dopo la scoperta che la maggioranza dei consiglieri remavano contro la sua volontà. Un vero pasticcio. Come s’usa dire in Veneto, “xe pèso el tacòn del buso” (ovvero “è peggio la toppa del buco”), e la “telenovela” continua…

E… qualcuno si è posto la domanda: che ruolo ha il Teatro di Roma nel tessuto culturale della Capitale?!

Che pubblico frequenta l’Argentina e l’India? Non è dato sapere (non esistono ricerche sull’audience…).

Stimolano – questi teatri – l’“audience development”, ovvero la fruizione da parte di coloro che non sono mai entrati in una sala teatrale?! Non è dato sapere (non esistono bilanci sociali o valutazioni di impatto…).

È poi così centrale, essenziale, benefica la funzione del Teatro di Roma, oppure sarebbe opportuno prestare maggior attenzione a quei teatri “minori” che svolgono eccellente attività di stimolazione democratica della fruizione “popolare”, com’è il caso eccellente del Teatro del Lido, esempio mirabile di teatro partecipato, con un’intensa interazione col territorio?!

Si governa il sistema in modo frammentario, occasionale, inerziale.

Zero vocazione all’innovazione. Zero vocazione alla verifica delle ricadute delle attività culturali.

“Il Giornale dell’Arte” si domanda: “ma il teatro accalora più dei musei”?

Si segnala l’editoriale dell’ultima edizione (n. 447, febbraio 2024) del qualificato mensile “Il Giornale dell’Arte” (storica testata fondata e diretta da Umberto Allemandi, un raro “case study” di successo – anche a livello internazionale – nell’editoria giornalistica italiana), che si domanda perché cotanta attenzione mediale sul caso del Teatro di Roma e semi-totale disinteresse rispetto alla nomina dei nuovi direttori di 10 dei 43 musei statali autonomi: Alessandro Martini, in un articolo intitolato “Ma il teatro accalora più dei musei”, segnala come, su queste nomine, “crescano perplessità ma il dibattito non decolla”, a fronte “dello scalpore suscitato dalla nomina, di poco successiva, del nuovo direttore generale del Teatro di Roma, a cui si sono dedicate pagine di giornali, trasmissioni televisive e soprattutto radiofoniche (…) all’interno di un più diffuso allarme per una (supposta) occupazione del settore culturale da parte dell’attuale maggioranza di governo”. Martini si domanda: “è più agevole (anche mediaticamente) concentrarsi su un singolo caso (il Teatro di Roma), piuttosto che su molti? O dipende piuttosto dalla diversa disponibilità di ‘scendere in campo’ da parte degli addetti ai lavori dei due comparti?”. E, ancora, “oggi in Italia i teatri interessano più dei musei?”.

Questi quesiti non sono oziosi, e possono stimolare una riflessione critica sull’ “agenda setting” dei media italiani rispetto alla cultura, alle politiche culturali, alle economie mediali: l’attenzione si concentra più su vicende occasionali, eventi effimeri, che sulla “struttura” del sistema, sul suo funzionamento.

Qualche giornalista (a parte noi su “Key4biz”) si domanda che fine abbia fatto il “contratto di servizio” tra Rai e Ministero delle Imprese e del Made in Italy, approvato dalla Commissione Vigilanza Rai il 3 ottobre 2023 e dal Consiglio di Amministrazione di Viale Mazzini il 18 gennaio 2024?! No.

Rai: si guardano le pagliuzze, senza rendersi conto delle travi

Qualcuno (a parte “Key4biz” e “BloggoRai”, fonte primaria di libera informazione sul servizio pubblico) ha segnalato che è stata cancellata la richiesta di ridurre il ricorso a società esterne per la produzione di programmi televisivi Rai, come da input della Commissione bicamerale? No. E nemmeno la stessa Presidente Barbara Floridia ne ha fatto cenno, in una intervista pubblicata ieri dal quotidiano “il Fatto”, nella quale ribadisce l’esigenza di una “riforma” della Rai che sia condivisa da maggioranza e minoranza, non pensando che questa prospettiva significa rimandare alle calende greche la questione. E peraltro emerge che i tanto auspicati (quanto fantomatici) “Stati generali” della Rai si terranno verosimilmente dopo le elezioni europee… E che dire dello spostamento a settembre 2024 di quel salto allo standard televisivo Dvb-T2 che doveva scattare 10 gennaio scorso?!

Tutta l’attenzione si concentra sull’improbabile “sit-in” promosso per il 7 febbraio dalla Segretaria del Partito Democratico Elly Schlein contro l’“occupazione” della Rai, quella stessa lottizzazione partitocratica consociativa di cui lo stesso suo partito è stato storicamente co-protagonista (basti pensare al Consiglio di Amministrazione Rai o al Collegio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni alias Agcom)…

Ipocrisie a gogo. Balletti rituali.

E tra pochi giorni (da martedì 6 a sabato 10 febbraio) la quasi totalità dell’attenzione dei media si concentrerà sul Festival di Sanremo, nel mentre Rai Pubblicità annuncia con orgoglio che la raccolta pubblicitaria supererà i 50 milioni di euro.

Nessuno che si domandi se ha ancora senso che il servizio pubblico radiotelevisivo si confermi Giano bifronte, attingendo al canone ed al contempo alla pubblicità…

Nessuno (o quasi) si domanda quali sono le conseguenze, nel medio periodo, della riduzione del canone Rai, dal 2024, da 90 euro a 70 euro, con una “compensazione” transitoria che sarà soggetta, di anno in anno, agli umori del Parlamento… Cresce la sudditanza della Rai nei confronti della politica.

Si continua a prestare attenzione alle pagliuzze, senza rendersi conto delle travi

Ci si lascia distrarre da fuochi d’artificio, senza ragionare seriamente sul governo del sistema

Altro esempio di distrazione (rimozione): se “Il Giornale dell’Arte” si domanda perché tanta attenzione sul “teatro” e così poca sui “musei”, noi qui domandiamo perché tanta attenzione sul surreale caso del Teatro di Roma e nessuna (si ribadisce, nessuna, a parte IsICult su “Key4biz”) rispetto alle nomine delle commissioni ministeriali chiamate ad assegnare i fondi pubblici per il teatro, la musica, la danza, i circhi: anche queste sono cooptazioni importanti, e delicate, nell’economia dell’intervento della mano pubblica nel sistema culturale (si rimanda al nostro intervento del 18 gennaio 2024 su “Key4biz”, “Silenzio sulle nuove Commissioni ministeriali per lo spettacolo dal vivo. Il caso David di Donatello, ovvero dell’ipocrisia della sinistra?”).

Giornalisti distratti?! Operatori del settore rassegnati?!

E che dire del settore cinematografico?!

Continua il saccheggio del sistema cinematografico e audiovisivo italiano da parte delle multinazionali straniere

Nei giorni scorsi, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha sentito l’esigenza di benedire l’operato del consiglio di amministrazione di Cinecittà, con una visita ufficiale in occasione della quale ha manifestato il proprio plauso per la gestione dei fondi del “Pnrr” (i famosi 300 milioni di euro piovuti dal cielo… ovvero attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Non sembra essersi posto perplessità su quel che accade negli “studios” di Via Tuscolana, nei quali – tra l’altro – spadroneggia una società non esattamente italica, qual è Fremantle del gruppo Rtl alias la multinazionale tedesca Bertelsmann

Si tratta della stessa società che attinge a piene mani a danari pubblici generosamente assegnati con il controverso strumento del “tax credit”, essendo divenuta Fremantle uno dei più grossi centri produttivi del cinema e dell’audiovisivo del Paese, con acquisizione del capitale di maggioranza di storiche società di produzione italiane: quello stesso strumento, il credito di imposta, di cui è stata annunciata una radicale riforma, di cui però ancora poco o nulla si concretizza…

Ed il Ministro non ha ritenuto di segnalare l’anomalia (l’inopportunità almeno, se non il latente conflitto di interessi) di una Presidente di Cinecittà, qual è Chiara Sbarigia, che è anche Presidente dell’Associazione dei Produttori Audiovisivi (Apa), che pure è parte in causa nella gestazione della “riforma” del Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi (il “Tusma”), in gestazione in questi giorni nelle commissioni parlamentari (vedi “Key4biz” del 30 gennaio 2024, “Quanta ipocrisia sulla Rai e silenzio su obblighi di investimento in audiovisivo indipendente”).

Intrecci anomali, nelle perduranti nebbie… Elogio del libero mercato, e campo libero per le lobby…

Potremmo continuare per pagine e pagine.

Nell’edizione in edicola ieri del settimanale “L’Espresso”, un articolo di Carlo Tecce intitolato “Con i sovranisti il cinema è più straniero” riporta una dichiarazione della Sottosegretaria delegata al cinema e l’audiovisivo, la iperattiva senatrice leghista Lucia Borgonzoni, la quale, rispetto al saccheggio di società italiane da parte di multinazionali stranieri, così reagisce: “dobbiamo partire dal presupposto che in un mercato libero ognuno ha la facoltà di vendere o tenere la propria azienda”.

Elogio del “libero” mercato, insomma.

E precisa Borgonzoni: “il pubblico ritengo abbia il dovere di pensare strumenti idonei ad aiutare le aziende nazionali a rimanere tali. Proprio per questo, già da mesi, ho avviato assieme a un gruppo di imprese italiane un progetto volto a favorirne l’aggregazione per farne quello che si potrà definire un ‘campione nazionale’, che si allarghi a tutte le realtà interessate. Altro strumento sarà, nel nuovo tax credit, l’inserimento di una premialità volta a sostenere le piccole-medie imprese che avrà come naturale conseguenza l’aiuto alle aziende italiane”.

Carlo Tecce commenta: “il sovranismo a dosi moderate”. E rimarca: “il Ministro Gennaro Sangiuliano non appare coinvolto”. Ed in effetti, nel settore si conferma l’impressione che il titolare del Collegio Romano abbia dato “carta bianca” alla Sottosegretaria, che peraltro appare in sintonia assoluta con le due maggiori lobby dell’anima imprenditoriale del settore, ovvero l’Anica guidata da Francesco Rutelli e quell’Apa succitata guidata giustappunto da Chiara Sbarigia

Con buona pace dei produttori indipendenti non affiliati alle due lobby… con buona pace delle associazioni degli autori, che, in questo periodo, sono incredibilmente assenti nel dibattito sulla riforma della (fino a poco tempo fa) tanto decantata “Legge Franceschini”…

Attendiamo con curiosità di capire quale saranno gli strumenti con i quali la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni pensa di stimolare la “aggregazione” tra imprese nazionali.

Nel mentre, la “campagna acquisti” delle multinazionali continua…

Imminente la nomina del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo, chiamato ad esprimersi sul “riparto” dei 700 milioni di euro l’anno del Fondo Cinema e Audiovisivo

Attendiamo anche – ormai da mesi – la nomina (attesa ormai da mesi) del nuovo Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo, il massimo organo di consulenza del Ministero della Cultura su queste materie, che sarà chiamato ad esprimersi anche sul nuovo “riparto” dei 700 milioni di euro che lo Stato assegna ogni anno al cinema ed all’audiovisivo.

Ci si augura che il Ministro Gennaro Sangiuliano voglia approfittare dello strumento del “riparto” per correggere le tante storture del sistema. In primis, l’eccesso di sostegno pubblico a favore del comparto della produzione, a fronte di settori (fasi della filiera) che hanno maggiore necessità di aiuto, come l’esercizio e la promozione e la formazione. E, subito dopo, l’eccesso di danari pubblici a favore dell’audiovisivo televisivo, a discapito del sostegno al cinema-cinema, ovvero il “theatrical”.

E si attendono anche i decreti ministeriali per la costituzione delle due nuove Commissioni di esperti (così come previsto dalla Legge di Bilancio 2024), chiamati ad affiancare gli uffici della Direzione Cinema e Audiovisiva (guidata da molti anni da Nicola Borrelli) nei processi valutativi delle migliaia di istanze di sostegno pubblico alle varie fasi della filiera cinematografica. Le commissioni in carica (nominate da Dario Franceschini) scadono a metà marzo, e sarà necessario attivare al più presto le procedure per le nuove, onde evitare che il sistema si blocchi. Alcuni osservatori ritengono che sia peraltro opportuno fare in modo che almeno una parte degli attuali commissari vengano ri-cooptati, per evitare che si disperda il patrimonio di esperienze maturate in questa non agevole attività, che è intellettuale e pratica al tempo stesso. Il rischio paralisi da inesperienza tecnica è dietro l’angolo…

Nel mentre, ci si esalta per la candidatura di “Io Capitano” di Matteo Garrone come possibile miglior film straniero agli Oscar, allorquando è evidente che le chance di questo film – politicamente impegnato ma esteticamente debole – sono oggettivamente modeste, ma… (quasi) nessuno ha il coraggio di dirlo (scriverlo)…

Continue iniezioni di entusiasmo, per nascondere la deriva di un sistema cinematografico e audiovisivo drogato dal “tax credit”? E si attende la riforma della struttura del Ministero della Cultura

Continue iniezioni di entusiasmo, insomma, quasi per nascondere la deriva del sistema cinematografico e audiovisivo italiano, drogato da una sovrapproduzione di titoli determinata esclusivamente dal “tax credit”. Mentre permane una quota di mercato del “made in Italy” non proprio esaltante.

Lo scenario complessivo permane confuso.

Continuano a mancare strumenti di conoscenza adeguati ad un buon governo sistemico e strategico.

E, su tutto, prevale anche la messa in atto della riforma della struttura ministeriale, che prevede la creazione di 4 nuovi Dipartimenti del Mic (il ruolo del potente Segretario Generale è stato cancellato).

Uno di questi dipartimenti sarà formato dalle 3 Direzioni generali “Cinema e Audiovisivo” e “Spettacolo” (dal vivo) e “Industrie Culturali e Creative” (ovvero tutto quel che è “cultura” altra rispetto a cinema e audiovisivo e spettacolo: dalla moda all’architettura): va evidenziato che questo Dipartimento assumerà un ruolo fondamentale nella politica culturale del Paese.

La nomina del Capo Dipartimento è quindi delicatissima decisione che compete al Ministro Gennaro Sangiuliano.

In argomento, si segnala una novella ulteriore sortita della instancabile Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, che ha convocato ieri, per martedì della prossima settimana 6 febbraio, una “riunione di coordinamento” con gli operatori del settore delle imprese culturali e creative (la senatrice leghista ha ricevuto dal Ministro la delega anche per questo settore strategico). Al centro dell’incontro, si annuncia “un confronto sulle principali misure introdotte dalla legge per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy, mirate allo sviluppo dell’industria culturale e creativa italiana”. Oltre alla Sottosegretaria e al Direttore Generale della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Mic (DgCc) Angelo Piero Cappello, alla riunione parteciperanno anche rappresentanti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e rappresentanti della Conferenza Stato-Regioni…

Un altro “aiutino” ai “ragazzi del Cinema America”: 250.000 euro dal Comune di Roma

E come commentare, ancora, l’assegnazione, ieri 1° febbraio, di altri 250.000 euro ai “ragazzi” del Cinema America, attraverso una sorta di affidamento diretto (approvazione di una “memoria di giunta”…), da parte del Sindaco “dem” di Roma Roberto Gualtieri e dell’Assessore alla Cultura Miguel Gotor?

I “ragazzi” rappresentano un manipolo di appassionati cinefili e organizzatori culturali che sono al contempo attivisti della sinistra culturale della Capitale. Molto apprezzati dal Partito Democratico, locale e nazionale: molto molto molto.

Si tratta degli stessi “ragazzi” che qualche tempo fa si sono lamentati (anzi, hanno annunciato addirittura un ricorso al Tar) perché il Ministero della Cultura (la Direzione Cinema e Audiovisivo) non aveva assegnato loro (ovvero non aveva rinnovato) un’altra ricca sovvenzione annuale (attraverso i fondi cosiddetti “progetti speciali” ovvero i fondi “promozione” della Dgca appunto) che era arrivata a 230.000 euro… Si ricordi che il Cinema America ha ricevuto dal Mic un contributo di 150.000 euro, dal bando “Progetti Speciali” della Dgca per l’anno 2020, e di ben 230.000 euro dal bando per l’anno 2021: possiamo comprendere la tristezza per aver ottenuto per l’anno 2022 “soltanto” 50.000 euro…

Si ricordi che i “ragazzi” sono guidati da Valerio Carocci, notoriamente molto amico – tra gli altri – di Michela De Biase, già Consigliera “dem” in Regione Lazio e poi elevata al ruolo (cooptata) di parlamentare della Repubblica (“incidentalmente” si segnala che è anche la consorte dell’ex Ministro Dario Franceschini). E si ricordi che qualche anno fa il Pd aveva anche ipotizzato che potesse essere proprio Carocci il candidato del partito alle elezioni comunali poi vinte Roberto Gualtieri…

Ieri, Gualtieri e Gotor hanno ritenuto meritevoli di sostegno “9 distinte manifestazioni che hanno un’eccezionale rilevanza in ambito culturale, artistico e creativo per la Città, ossia sono caratterizzate da ampia diffusione dell’offerta culturale, sperimentazione artistica, valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale, straordinaria partecipazione di pubblico, riconoscimento a livello nazionale e internazionale e capacità di rigenerazione urbana, di coinvolgimento e di inclusione”… Selezionate con un bando pubblico?! Non risulta. Scelte con criteri discrezionali.

Si tratta de “Il Cinema in Piazza 2024” (appunto, iniziativa centrale dei “ragazzi” del Cinema America”), “Roma Cinema Arena”, “Alice Young Adult”, “I grandi Festival 2024”, “Videocittà”, “Unplugged Festival”, Arena Gigi Proietti “Globe Theatre Silvano Toti 2024”, “Short Theatre” e il “Tevere Day”… Ci limitiamo a qui segnalare che Videocittà – kermesse ideata da Francesco Rutelli (Presidente di Anica) – beneficia anche di una sovvenzione di 200.000 euro, essendo tra i vincitori del bando “Progetti speciali” del Mic per l’anno 2022 (vedi supra)… Torneremo presto su questa fortunatissima iniziativa.

Argomenta l’Assessore Gotor (e, qui, per ora, non contestiamo), rispetto all’iniziativa dei “ragazzi” del Cinema America: “alla manifestazione è riconosciuto un ruolo primario nella vita culturale della città per la forte connessione tra il recupero dello spazio urbano e una straordinaria partecipazione di pubblico, grazie alla sua gratuità e alla sua totale accessibilità. L’evento, inoltre, contribuisce a favorire il processo di rigenerazione urbana, con una presenza anche in aree abbandonate o degradate e inoltre nel corso delle proiezioni pubbliche sono coinvolti, nel dialogo con il pubblico, professionisti di alto profilo, di livello nazionale e internazionale, del settore cinematografico tra autori, registi, attori, direttori della fotografia e maestranze”.

In verità, non ci risulta sia stata realizzata alcuna valutazione di impatto su “Il Cinema in Piazza”…

E quindi non ci si può che inchinare di fronte alla discrezionale decisione del Principe.

Questa “piccola” vicenda potrebbe rappresentare veramente un “caso di studio” di come in Italia il sostegno pubblico alle attività culturali non sia caratterizzato da logiche tecnocratico-metitocratiche di “evidence-based policy making”, ma da criteri soggettivi che caratterizzano l’autocrazia del principe di turno

Il nuovo Presidente di Ales (società in-house del Mic, 2mila dipendenti, oltre 100 milioni di euro di ricavi) Fabio Tagliaferri: quali esperienze nell’ambito culturale?

E, su fronte (partitico) opposto, non possiamo non segnalare un’altra dinamica tipica dello “spoil system” e dell’“intuitu personae” ancora dominante: ci limitiamo a riportare il commento del sempre presente Dagospia ad un articolo critico pubblicato oggi dal quotidiano “la Repubblica” (a firma di Marina de Ghantuz Cubbe), in relazione alla nomina di Fabio Tagliaferri nella veste di nuovo Presidente di Ales, una società “in house” del Ministero della Cultura (l’acronimo sta per “Arte e Lavoro e Servizi”), che ha oltre 2mila dipendenti ed oltre 100 milioni di euro di ricavi, con un ruolo dominante nella gestione di musei e beni culturali pubblici, biblioteche e siti archeologici. Fabio Tagliaferri va a sostituire Mario De Simone, che lascia l’incarico per sopraggiunti limiti di età. Ha scritto Dago: “Giorgia, facce ride – La Meloni sostiene che con la destra va avanti il merito ma dalle Scuderie del Quirinale alla Scala, nelle nomine di destra prevale l’amichettismo (se non la sorellanza e la figliolanza) – Fabio Tagliaferri, vicino ad Arianna Meloni, è stato scelto alla guida di Ales, la società del Ministero della Cultura che gestisce le Scuderie del Quirinale – Alvise Casellati, Direttore d’Orchestra e figlio della Ministra  delle Riforme Casellati avrebbe incontrato il Ministro Sangiuliuno per discutere del futuro vertice della Scala di Milano. La destra spinge per Fortunato Ortobina che ora dirige la Fenice di Venezia”…

In effetti, nel curriculum di Tagliaferri non sembra emergere competenza alcuna, in materia di cultura o di gestione di imprese culturali: certamente può vantare una lunga militanza nella destra, può vantare di essere da 26 anni nel Consiglio Comunale di Frosinone, può vantare di essere stato, fino a ieri, Assessore Comunale ai Servizi Sociali e alle Fragilità… Dal curriculum, emergono esperienze come autonoleggiatore e di impegno nel mondo dei boyscout e più in generale del sociale…

Come dire?! Meritocrazia? Si nutrono dubbi.

Tecnocrazia? Si nutrono perplessità.

E qualcuno si è mai preso la briga di analizzare il ruolo e l’efficacia di Ales spa nel sistema culturale nazionale?! Non risulta.

Altresì dicasi per un’altra società “in-house”, questa del Comune di Roma, qual è Zétema, sua azienda strumentale… Non risulta traccia alcuna di valutazioni di impatto.

Aspro il commento del Movimento 5 Stelle, nelle parole del deputato in Commissione Cultura Gaetano Amato: “continua il poltronificio targato Meloni con la distribuzione di prebende ad amici e parenti. Oggi tocca ad una società del ministero della cultura, affidata guarda un po’ ad uno che i giornali descrivono come ‘uomo di fiducia’ di Arianna Meloni. L’ultimo tassello di una serie di nomine di amici e parenti, come La Russa junior al Piccolo di Milano per non parlare dello sconquasso assoluto al Teatro di Roma. Tra poco infileranno amici e parenti anche come amministratori di condominio, mentre i lavoratori dello spettacolo che protestano davanti i teatri vengono identificati dalla Digos. Quanta amarezza”.

Il parlamentare grillino, per quanto si possa condividere la sua critica, prima di pontificare, dovrebbe però guardare in casa propria, dato che anche la politica culturale del Movimento 5 Stelle è caratterizzata da non pochi scheletri nell’armadio… Abbiamo già più volte richiamato, su queste colonne, il caso emblematico di Claudia Mazzola, che, “in quota” M5s, è simpaticamente saltata dal ruolo di giornalista a quello di dirigente Rai, per poi essere cooptata dalla allora Sindaca Virginia Raggi come Presidente della Fondazione Musica per Roma, oltre ad essere divenuta qualche mese fa anche Presidente di RaiCom

Ancora una volta, tanti buoi che danno del cornuto all’asino… Parafrasando l’onorevole Amato: “quanta amarezza”.

Anzi, quanta tristezza. Quanta pena, quest’Italia culturale

Torneremo presto su queste criticità.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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