Venerdì scorso 24 giugno, la Rai ha reso noto il “Bilancio di Sostenibilità” relativo all’esercizio 2021, ma la notizia è stata ignorata da tutti i media, che fossero “mainstream” o di nicchia, generalisti o specialistici, fatta salva l’eccezione unica del quotidiano online “Key4biz”, che ha proposto un dossier esclusivo curato da IsICult: vedi “Bilancio Sociale Rai 2021. I ricavi crescono da 2,51 a 2,69 miliardi di euro (+179 milioni)”.
Naturale sorge il quesito: incapacità totale da parte dell’Ufficio Stampa di Viale Mazzini (tutto preso dalla presentazione dei palinsesti, domani 28 a Milano), oppure disinteresse assoluto di tutto il sistema culturale italiano (media, politica, società civile)?
Qualcosa non quadra proprio: la notizia del (pseudo) “bilancio sociale” della Rai non ha attratto l’attenzione nemmeno delle firme più accurate del giornalismo italiano, da Aldo Fontanarosa de “la Repubblica” (che verso Viale Mazzini è sempre sensibile) ad Andrea Biondi de “Il Sole 24 Ore” (e va segnalato che il bilancio reso pubblico venerdì scorso contiene peraltro anche molti inediti dati squisitamente economici)…
Soltanto “Vigilanza Tv”, qualificata fonte specialistica sulle vicende Rai, ha rilanciato venerdì stesso il dossier di IsICult per “Key4biz” (vedi l’articolo del direttore Marzo Zonetti, “Rai, il giallo dei documenti sul bilancio. L’esclusiva di Angelo Zaccone Teodosi”).
Ed oggi una qualche attenzione viene dedicata, questa mattina (lunedì 27), seppur in modo asettico, dal gruppo e-duesse, che pubblica testate come “TiVù” e “Box Office”. Il mensile specializzato “Prima Comunicazione” – sempre attento alle vicende Rai – ha completamente ignorato la notizia del bilancio Rai.
“Bilancio Sociale” Rai 2021. Ricaduta mediatica? Zero. Ricaduta politica? Zero
Per il resto, il nulla più assoluto.
Non 1 articolo uno sui quotidiani nazionali, non 1 citazione una sul web. “Nada de nada” sulle fonti di monitoraggio mediale, da L’Eco della Stampa a DataMedia.
Ai limiti dell’incredibile.
Eppure, curiosamente, nell’editoriale in prima pagina sul “Corriere della Sera” di ieri domenica 26 giugno il decano della mediologia e della critica televisiva italiano Aldo Grasso dedica attenzione al bilancio del controverso esperimento della piattaforma ItsArt, tanto cara al Ministro Dario Franceschini, veramente un moscerino al confronto dell’elefante Rai (sia in termini economici sia in termini culturali). Sintomatico il titolo dell’articolo: “La cultura a rischio fallimento”.
E venerdì pomeriggio era intervenuto in argomento il Capogruppo della Lega in Commissione Cultura alla Camera, Daniele Belotti, che denunciava “ItsArt è un pozzo senza fondo, va assolutamente rivisto tutto il progetto, e per questo chiediamo un’audizione urgente in commissione Cultura della Camera del ministro Dario Franceschini e dell’amministratore delegato Andrea Castellari. La pubblicazione del bilancio 2021 della piattaforma digitale rende noto che, dopo un solo anno, ha registrato una perdita di ben 7,5 milioni di euro…”.
Oh, perbacco! Tanta attenzione verso una creaturina piccina picciò (milioncini di euro… a fronte dei miliardi di Viale Mazzini), fragile quanto ambiziosa, e disinteresse totale verso un tentativo Rai di auto-radiografia.
Sulla vicenda di ItsArt, possiamo vantarci di essere stati, “ab origine”, tra gli analisti più accurati, appassionati e… spietati: quel che emerge dal bilancio 2021 non deve sorprendere chi ha studiato il dossier della strana piattaforma (rimandiamo al nostro ultimo intervento in argomento: vedi “Key4biz” del 24 novembre 2021, “ItsArt, la piattaforma (Mic+Cdp+Chili) sbarca in Europa”). Torneremo presto sulla vicenda, che peraltro conferma le criticità che abbiamo identificato fin dalla genesi dell’ardita intrapresa.
Tornando a Viale Mazzini… delle due, l’una: nei confronti della televisione pubblica italiana si assiste ormai ad una sorta di diffusa rassegnata assuefazione, oppure nessuno crede che Rai sia in grado di proporre un “bilancio sociale” onesto e trasparente…
Su queste colonne, venerdì scorso così come negli anni passati, abbiamo manifestato perplessità e critiche su come la Rai interpreta la funzione di un “bilancio sociale”.
Abbiamo lamentato come questo documento pecchi di grande autoreferenzialità, con picchi di estremo autocompiacimento.
Al tempo stesso, ne abbiamo sempre apprezzato la utilità, e finanche la preziosità, perché consente di acquisire molte informazioni utili, anche oltre la mera “contabilità” del bilancio di esercizio.
Abbiamo apprezzato il documento al punto tale da proporre – ancora una volta – che esso divenga la base per una discussione pubblica: un confronto plurale con gli “stakeholder” ovvero con la società civile.
In occasione di un incontro di lavoro, anni fa, con il Direttore della struttura Bilancio Sociale della Rai, Maurizio Rastrello, ci fu segnalato che Viale Mazzini stava studiando l’ideazione di una gran kermesse di presentazione pubblica del “bilancio sociale” organizzata con lo stesso dispiego (notevole) di forze dedicato giustappunto alla presentazione dei palinsesti. L’idea deve essere purtroppo finita nel cestino delle belle intenzioni.
Cerchiamo però di analizzare meglio la dinamica in atto, da ricercatori specializzati prima che da giornalisti investigativi.
Riteniamo importante riprodurre il testo del comunicato stampa che Rai ha diramato nella mattinata di venerdì 24.
Forse è proprio nel tono… narcisistico che va ricercato il disinteresse dei media?!
“La Rai che non viene mai raccontata”… ma che pare non interessi proprio a nessuno!
Il testo del comunicato ci sembra inefficace, mentre il titolo è valido: “La Rai che non viene mai raccontata”.
« Il canone più basso, il minor numero di dipendenti e il livello di share Tv più alto tra i servizi pubblici dei maggiori Paesi europei. È una Rai quasi sconosciuta la Rai “certificata” dal Bilancio di Sostenibilità del Gruppo per il 2021, approvato ieri dall’Assemblea degli Azionisti e pubblicato sul sito www.rai.it/trasparenza.
Una Rai diversa e lontana dagli stereotipi spesso riportati sui media, e che fotografa un’Azienda impegnata a fondo sulla sostenibilità, schierata a sostegno dello sviluppo del Paese e della promozione di comportamenti sociali responsabili, sia all’interno del Gruppo, che fra i cittadini che la guardano e l’ascoltano.
Lo dimostrano i dati di questo Bilancio, che accompagna quello finanziario.
Sul fronte ambientale, ad esempio, l’impegno Rai si è tradotto in un utilizzo di energia elettrica rinnovabile del 99,9 %, in una riduzione di emissioni di Co2 – market based del 22 % e nello sviluppo di oltre 80 progetti per aumentare la sostenibilità del Gruppo: dai programmi di educazione al rispetto dell’ambiente alla promozione, attuazione e sviluppo di iniziative volte al miglioramento ambientale, sociale e di gestione della cosa pubblica (Esg).
Un impegno riscontrato dal pubblico anche nell’offerta di programmi, con una qualità percepita dal Qualitel compresa tra 7,8 e 8,1 (in una scala da 1 a 10) e punteggi superiori all’8 per quanto riguarda coesione sociale (8,61), corretta rappresentazione della figura femminile (8,54) e pluralismo (8,27). Anche quest’anno, il “Bilancio di Sostenibilità 2021” è stato realizzato in formato digitale, accompagnato da un video di sintesi ed è disponibile, per chi volesse approfondire, sul sito (anche “navigabile” in maniera selettiva) www.rai.it/bilanciodisostenibilita2021“.
I dati che l’Ufficio Stampa ha deciso di estrapolare dal “Bilancio di Sostenibilità” 2021 sono, comprensibilmente, alcuni tra quelli che evidenziano un andamento positivo.
Non è casuale l’enfasi sull’aspetto della “sostenibilità ambientale”, che è questione senza dubbio importante, ma riteniamo non fondamentale rispetto ad un documento che dovrebbe anche consentire di comprendere se la Rai risponde al “Contratto di Servizio” con il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ed in effetti abbiamo già segnalato come quello prodotto Rai sia giustappunto più un “bilancio di sostenibilità” che un “bilancio sociale”, come invece riteniamo dovrebbe essere.
Sulla numerologia del Qualitel, stendiamo un velo di pietoso silenzio, perché tante volte – anche su queste colonne – abbiamo evidenziato la modesta utilità di questo costosissimo strumento di “valutazione” cui Rai da anni ha destinato milioni e milioni di euro.
Si ricorda che questo prevede il vigente (2018-2022) “Contratto di Servizio” (vedi la lettera “l.” del comma 1 dell’Articolo 25, intitolato “Obblighi specifici”, del Capo II, “Obblighi specifici per l’attuazione della missione”:
“l) Bilancio sociale: la Rai è tenuta a presentare al Ministero, alla Commissione e all’Autorità, entro quattro mesi dalla conclusione dell’esercizio precedente, un bilancio sociale, che dia anche conto delle attività svolte in ambito socio-culturale, con particolare riguardo al rispetto del pluralismo informativo e politico, alla tutela dei minori e dei diritti delle minoranze, alla rappresentazione dell’immagine femminile e alla promozione della cultura nazionale. Il bilancio sociale dà altresì conto dei risultati di indagini demoscopiche sulla qualità dell’offerta proposta così come percepita dall’utenza e della corporate reputation della Rai”.
Tralasciamo il termine temporale dei 4 mesi (il documento è stato approvato dal Cda l’11 maggio 2022, benedetto dalla società di revisione il 7 giugno, approvato dall’Assemblea dei soci il 23 giugno…), che è divenuto 6 mesi… ma la domanda essenziale permane: perché Rai produce un “Bilancio di Sostenibilità” (con) fuso con la “Dichiarazione Non Finanziaria”, allorquando il “Contratto di Servizio” richiede esplicitamente un “Bilancio Sociale”?
“Coesione sociale”, indice a quota 6,6 (su scala 1-10), ma ignorando completamente gli stranieri che vivono in Italia?
Ricordiamo anche che il “Contratto di Servizio” vigente prevede che Rai stimoli la “Coesione sociale” (lettera “o.” del succitato Art. 25 co. 1):
“La Rai è tenuta a dotarsi di un sistema di analisi e monitoraggio della programmazione che sia in grado di misurare l’efficacia dell’offerta complessiva in relazione agli obiettivi di coesione sociale di cui all’articolo 2, comma 3, lettera a), anche attraverso l’elaborazione di specifici dati di ascolto.”
A pagina 162 del “Bilancio di Sostenibilità” 2021, si legge:
“L’Indice di contributo alla Coesione Sociale restituisce un valore complessivo di 6,6, in crescita rispetto al 2020 (+0,2 punti). Un risultato decisamente positivo, considerando che si tratta di un valore che sintetizza l’opinione di un campione rappresentativo della popolazione, quindi indistinto rispetto al consumo dell’offerta Rai, di cui potrebbe non essere conoscitore adeguato, essere fruitore più o meno stabile o addirittura detrattore”.
Si segnala che questo valore – sempre nella scala che va da 1 a 10 (e senza entrare qui nella metodologia della rilevazione) – è uno dei più bassi che risultano nel dataset proposto dal Bilancio… Poco più della sufficienza, verrebbe da commentare scolasticamente.
E ri-denunciamo che nelle 310 pagine del Bilancio Rai, la parola “stranieri” è completamente assente (se non citata en passant in due passaggi marginali), ed altresì dicasi per “immigrati” e simili: “coesione sociale” non è anche coesione rispetto ad una società multi-culturale e inter-etnica?!
Forse, per Rai, non è rilevante che un 10 per cento di chi vive in Italia non ha la nazionalità italiana?! Il “problema” non esiste???
Silenzio totale da parte della società civile, delle istituzioni, della politica, dei sindacati, dell’accademia…
Si segnala che Rai ha anche prodotto un video di sintesi dei risultati, ma anche questo (peraltro non è stato nemmeno pubblicato su YouTube) non ci sembra abbia registrato alcuna significativa diffusione su web (clicca qui, per vederlo, dal sito web di RaiNews).
In ogni caso, il quesito permane: perché un disinteresse totale rispetto alle 310 pagine del bilancio Rai?!
Un vero flop comunicazional-relazionale, in sostanza, per un documento che – sulla carta – dovrebbe “rappresentare” il senso del servizio pubblico mediale…
Un centro di costo senza senso, considerando che questo documento – in buona parte appaltato all’esterno di Viale Mazzini – costa ogni anno svariate centinaia di migliaia di euro…
Sarà anche una “Rai che non viene mai raccontata”…
Ma, se viene “raccontata” così (o “comunicata” così…), sembra non interessare proprio a nessuno.
Un vero paradosso comunicazionale e mediologico.
Un caso (negativo) da studiare nelle aule universitarie di scienze della comunicazione.
Eppure – nel bene e nel male – il “Bilancio di Sostenibilità” contiene molti spunti (dati e tesi) possibili di analisi critica, di discussione propositiva, di riflessione strategica sul servizio pubblico mediale.
Silenzio totale di reattività da parte della società civile, delle istituzioni, della politica, dei sindacati, dell’accademia.
Insomma, “una Rai che non viene mai raccontata”, d’accordo.
Ma anche… “una Rai che non interessa proprio a nessuno”?
Clicca qui per il documento Rai “Bilancio di Sostenibilità del Gruppo Rai / Dichiarazione Non Finanziaria. Anno 2021”, Roma, pubblicato sulla sezione “Trasparenza” del sito web Rai il 24 giugno 2022.