Come è noto, martedì scorso 22 giugno in quel degli “studios” di Cinecittà s’è celebrata una kermesse che ha unito – come sempre più s’usa – “politica” e “spettacolo”: i teatri di via Tuscolana sono stati utilizzati per celebrare la benedizione della Commissione Europea rispetto al “Recovery Plan” del Governo Italiano, e la breve conferenza stampa della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Layen e del Presidente del Consiglio Mario Draghi (con soltanto tre o quattro giornalisti cooptati per proporre domande, peraltro benevolenti) è stata allocata in quella sede per assegnare valenza “simbolica” all’evento (vedi “Key4biz” del 22 giugno 2021, “La Rai presenta i palinsesti. Salini in prorogatio fino a settembre?”).
Ovvero: centralità della cultura nei piani di rilancio delle economie delle nazioni dopo la pandemia, e quindi placet della Commissione anche rispetto ai 300 milioni di euro assegnati ad Istituto Luce Cinecittà spa per il rilancio degli “studios” (che sono ovviamente briciole, rispetto alla torta del banchetto complessivo, che veleggia sui 200 miliardi di euro).
Colpisce osservare che nessuno abbia posto obiezioni di sorta: né a livello giornalistico né a livello politico.
Anche il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” – spesso attento anche agli aspetti tecnici delle cose economiche – ha pubblicato un articolo asettico ma simpatizzante, senza nemmeno fare cenno alla latente mina dell’improprio uso degli aiuti di Stato. Soltanto “Key4biz” ha segnalato la questione, nel silenzio di tutti (vedi “Key4biz” del 18 giugno 2020, “Rai e Cinecittà, piani futuri opachi e sempre avvolti nella nebbia”).
Premesso che il “piano industriale” per l’utilizzazione dei 300 milioni continua ad essere un documento secretato (per incomprensibili ragioni), premesso che siamo stati noi per primi in Italia a scoprire come questi fondi siano ripartiti in quattro linee di azione… E qualche altro elemento è emerso nei giorni successivi, ma lo scenario resta nebbioso, e prevale opacità.
Dario Franceschini (Mic): Cinecittà non è uno slogan
L’indomani, mercoledì 23 giugno, una delle firme più prestigiose del “Corriere della Sera”, Paolo Conti (da anni è lui soltanto che intervista i Ministri della Cultura e non si ha memoria di sue domande impertinenti), ha dedicato a Dario Franceschini una lenzuolata. Il Ministro parla prevalentemente proprio di via Tuscolana: “stavolta è completamente diverso e non è uno slogan. Cinecittà raddoppierà in pochi anni. È al centro di uno dei più grandi e significativi investimenti del Recovery Fund: 300 milioni, che riguarderanno anche il Centro Sperimentale di Cinematografia e quindi la formazione di nuove professionalità”.
Con discreta retorica, Franceschini sostiene: “senza retorica, uno dei più grandi progetti industriali del nostro Paese almeno degli ultimi dieci anni. Sappiamo bene che ormai il confine tra cinema e audiovisivo è sempre più sottile e che quel settore è un fattore di enorme crescita in tutto il mondo. La nostra scommessa è Cinecittà, che da srl è diventata spa con vertici rinnovati, la presidente Chiara Sbarigia e l’amministratore delegato Nicola Maccanico. Nuova governance per gestire progetti molto ambiziosi”.
Fin qui, nulla di nuovo, ma qualche dato finalmente emerge: “la Cassa Depositi e Prestiti cederà un suo terreno vicino che consentirà di raddoppiare l’offerta di Cinecittà”.
Ed aggiunge: “a Cinecittà nasceranno 5 nuovi teatri di cui uno da 4.000 metri quadrati e uno da 3.500. In tutto, nell’attuale area, la capacità produttiva crescerà di 12.000 metri quadrati con un + 60 % rispetto a oggi. Verrà risistemato il famoso e richiestissimo set di Roma antica, con la costruzione di un nuovo Teatro romano. Arriverà una nuova piscina indoor per le riprese subacquee allo Studio 12, un’altra scommessa avanguardistica. Nel nuovo terreno di Cassa Depositi e Prestiti verranno costruiti altri 8 teatri da 1.000 metri quadrati”. Quali siano esattamente questi terreni, non è dato sapere, ma forse abbiamo identificato l’area di 66 ettari (vedi link in calce all’articolo).
Tutto questo sforzo per ottenere cosa? “Per fare di Cinecittà un polo di produzione competitivo a livello mondiale. Prima molte troupe arrivavano qui, giravano alcune scene chiave e poi finivano il film in Paesi più competitivi dal punto di vista fiscale. Ora è tutto cambiato, nel 2021 il Fondo Cinema e Audiovisivo è arrivato a 756 milioni, erano 250 nel 2016, e di questi 575 milioni sono in incentivi fiscali in forma di credito d’imposta, cioè il Tax Credit. Cinecittà non è solo un simbolo legato a un passato, glorioso del nostro cinema. È anche un brand che riguarda un presente, insisto, industriale e internazionale”.
Infine, una rivelazione: “recentemente un grande produttore internazionale, di cui non farò il nome né indicherò il Paese, ci ha proposto di comprare Cinecittà. Io ho risposto che non se ne parlava e ho chiesto perché non costruisse un polo produttivo nel suo Paese. Mi ha risposto che tutti, nel mondo, vogliono lavorare a Cinecittà: i divi, le troupe, i registi, i produttori. Perché Cinecittà è un simbolo forte di prestigio ma è anche una garanzia di qualità. Lo stesso discorso vale per il Centro Sperimentale di Cinematografia, ora affidato alla nuova presidente Marta Donzelli. Per tutte queste ragioni, una Cinecittà messa al passo con le sfide tecnologiche all’avanguardia, quindi più forte e competitiva, sarà anche un rinnovato marchio del Made in Italy e un traino per il grande turismo mondiale. Rinverdiamo i fasti di Vacanze Romane”.
Manca soltanto la citazione di Cinecittà come “Hollywood europea”, anche se non raggiungiamo i picchi di entusiasmo per la controversa piattaforma ItsArt (“Italy is Art”), a suo tempo annunciata come “la Netflix italiana della cultura”, e poi andata progressivamente ridimensionandosi.
Siamo lieti per l’entusiasmo del Ministro, che sembra essere condiviso peraltro dalla totalità della comunità professionale, se è vero che anche il Presidente dell’Anica Francesco Rutelli, intervistato oggi da Aldo Fontanarosa su “la Repubblica”, plaude. Intervistato da Andrea Biondi su “Il Sole 24 Ore”, segnala, in particolare, che “alcuni grandi studi europei, come i Pinewood Studios a Londra, ora sono fuori dalla Ue” e questo rappresenta “un’occasione”.
In verità, anche quel che Cinecittà ha comunicato ufficialmente resta un po’ generico: i “punti-chiave” illustrati a Draghi e finanche alla von der Leyen sarebbero: “l’ampliamento fisico e tecnologico del sito, con l’edificazione di nuovi teatri di posa e grandi set all’aperto, e l’adeguamento totale dei sistemi e macchinari per produzione e post-produzione, per raggiungere la massima competitività a livello internazionale; l’accelerazione sui piani della sostenibilità climatica e dei meccanismi di green economy nella produzione di film, serie tv, trasmissioni e tutti gli audiovisivi; la digitalizzazione dell’immenso patrimonio filmico, fotografico, scenografico, artistico contenuto a Cinecittà, una ricchezza mondiale; la formazione professionale e il rafforzamento occupazionale per i giovani, grazie alla trasmissione dei mestieri del cinema, che a Cinecittà vedono professionalità e maestranze tra le più riconosciute del mondo”.
Eccellenti intendimenti: un po’ vaghi, però, si converrà.
Ribadiamo che il “piano industriale” (pur citato nel Pnrr) che prevede la destinazione dei 300 milioni di euro non è ad oggi di pubblico dominio. Eppure il precedente “piano industriale” di Luce Cinecittà, quello relativo al quinquennio 2017-2021, fu pubblicato sul sito web di Cinecittà, senza remore, a fine luglio 2017 (clicca qui). Sarebbe interessante conoscere quante di quelle intenzioni si sono effettivamente concretizzate nel corso degli ultimi anni, ma questo… è un altro discorso.
Oltre il “capitolo” Cinecittà: quanto è stato approfondito, da politici e collettività, il “Recovery Plan”?! Quanti hanno letto le 2.487 pagine del documento trasmesso dal Governo alla Commissione?
Il discorso potrebbe (dovrebbe) essere ampliato, ben oltre lo specifico di Cinecittà: quanto è stato oggetto di approfondimento tecnico e di discussione aperta il “Recovery Plan” italiano?!
Notoriamente, il Parlamento l’ha approvato (l’ha dovuto approvare, date le scadenze temporali e gli impegni assunti con l’Europa, e la tardività del Governo nell’elaborare una versione “finale”) nell’arco di pochi giorni. Soltanto la leader di Forza Italia Giorgia Meloni si è lamentata, durante il dibattito parlamentare, in modo netto di questa tempistica veramente parossistica. E forse non soltanto per incarnare il ruolo di esponente dell’unico (o quasi) partito attualmente di “opposizione” nel Parlamento italiano…
Ci limitiamo a ricordare poi i “giochetti” (delle 3 carte?!) che un soggetto indipendente come la fondazione OpenPolis ha scoperto ad inizio maggio, con centinaia di milioni di euro che passavano simpaticamente da una voce all’altra: “Il governo ha cambiato il Pnrr e nasconde gli allegati di dettaglio” titolava il 7 maggio 2021. “In base alle nostre ricostruzioni il governo avrebbe inviato alla commissione europea un testo diverso da quello presentato al parlamento la scorsa settimana. Tra le due versioni, oltre 400 milioni di euro avrebbero cambiato destinazione”… Ripercorrendo l’iter della vicenda, Openpolis osservava: “sorge il dubbio che il testo su cui si è discusso in Parlamento possa differire da quello definitivo. Anche perché sul sito della Commissione Europea non è possibile consultare la documentazione inviata dal Governo italiano… Allo stato attuale, quindi non siamo in grado di capire se quella presentata in Parlamento sia effettivamente la versione definitiva del Pnrr”. E curiosamente pochissime sono state le testate giornalistiche hanno ripreso le critiche tecniche manifestate da OpenPolis.
Il 1° giugno è stato presentato il progetto “LIBenter”: si tratta di un’iniziativa promossa congiuntamente da Università Cattolica del Sacro Cuore, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), Libera, Fondazione Etica, e di cui Openpolis è partner. L’obiettivo di monitorare costantemente il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (Pnrr) italiano. Confidiamo che il progetto disponga delle risorse professionali ed economiche per una simile ambizione. La compresenza nel partenariato di soggetti come Cnel e Libera ed Openpolis provoca una qualche perplessità (il primo non brilla per capacità critiche, a differenza dei secondi due), ma non resta che sperare che la sfida possa essere sviluppata nel miglior interesse della comunità.
E ci domandiamo: quanti dei nostri circa 1.000 parlamentari hanno dedicato attenzione alle 2.487 pagine (non diciamo “letto” e nemmeno “studiato”, ma soltanto “sfogliato”) che il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha trasmesso al Presidente della Camera Roberto Fico ed alla Presidente della Camera Maria Elisabetta Alberti Casellati il 4 maggio 2021?!
E con quanto impegno vi hanno lavorato i Servizi Studi di Camera e Senato, per produrre adeguate schede tecniche critiche, “prima” e “dopo” la frettolosa approvazione parlamentare?
“O Franza o Spagna, purché se magna”?
Stiamo vivendo, in questi mesi, una sorta di “ubriacatura” collettiva: stanno per arrivare molti danari, una vera e propria manna, e tutti pensano che sia forse meglio approfittarne, piuttosto che approfondire. Verrebbe da commentare un po’ volgarmente: “o Franza o Spagna, purché se magna” (citazione attribuita a Francesco Guicciardini).
Insomma, perché porre “sterili” quesiti tecnici su come verranno spesi i danari pubblici, se, di questo sostegno dello Stato, ha necessità estrema il Paese intero, in tutti i suoi gangli e nel tessuto tutto?!
Auguriamoci che i super-tecnici del Governo Draghi, o qualche mente illuminata sappia scavare nelle 2.497 pagine del mostruoso documento, e stimoli migliori illuminazioni nella cappa di nebbia che perdura.
Forse, in itinere, possono essere corretti molti errori: a partire dall’assoluto non coinvolgimento della società civile nella gestione di questa “manna”.
Ancora una volta, si nutre l’impressione che la parola “trasparenza” (ed il concetto di “accountabilty”) non appassioni, a monte, la gran parte dei “decision maker” della politica italiana.
Con tutto quel che ne consegue, a valle: assenza di valutazioni di impatto, incapacità di comprendere – a livello macro ed a livello micro – come vengono utilizzate le risorse pubbliche.
Il concetto di “accountability” – ovvero la responsabilità, da parte degli amministratori che impiegano risorse finanziarie pubbliche, di rendicontarne l’uso sia sul piano della regolarità dei conti sia su quello dell’efficacia della gestione – in Italia sembra essere una chimera.
Il motivetto è sempre quello della canzoncina di Nunzio Filogamo: “tutto va bene, madama la marchesa!”.
E chi pone delle semplici domande corre anche il rischio di essere percepito come un rompiscatole se non addirittura uno jettatore…
E qui ci viene in aiuto un’altra canzoncina “cult” del pop italiano, quel “Finché la barca va” di Orietta Berti…
(E tu chiamale canzonette…)
Appendice Rai: il 7 luglio Camera e Senato eleggono i 4 membri del Cda?! Forse sì, forse no…
Appendice: giunge notizia (non ufficiale) che i Presidenti di Camera e Senato sarebbero intenzionati a calendarizzare per mercoledì 7 luglio le elezioni dei 4 membri del Consiglio di Amministrazione Rai, e che per quella data anche il Presidente del Consiglio dei Ministri avrebbe concluso il suo autocratico “decision making” in relazione ai 2 esponenti di nomina governativa (Presidente ed Amministratore Delegato). In effetti, i curricula dei 194 candidati sono stati pubblicati il 5 maggio, quasi due mesi fa (il termine per la presentazione scadeva il 30 aprile).
La convocazione ufficiale delle elezioni del Cda si avrà però soltanto a metà della prossima settimana, mercoledì 30 giugno, con la riunione della “capigruppo”…
Secondo alcuni “bookmaker” prevalenti, quindi, l’Assemblea dei Soci della Rai (Ministero dell’Economia e Siae), convocata in seconda convocazione per il 12 luglio 2021, formalizzerà un Cda novello; noi ci mettiamo nelle fila di coloro che invece scommettono su un ulteriore slittamento, e finanche dopo l’estate (vedi “Key4biz” di martedì 22 giugno, “La Rai presenta i palinsesti. Salini in prorogatio fino a settembre?”). Ci auguriamo di essere smentiti.
Quel che è sicuro, è che nessuno o quasi (a parte l’Usigrai, che ha addirittura messo a disposizione un proprio canale YouTube dedicato per consentire ai candidati di autopresentarsi, iniziativa che non ha riscosso grande successo nemmeno tra i candidati: ad oggi soltanto 7 su 194 hanno risposto all’invito) ha sentito l’esigenza di chiedere in modo veemente a Roberto Fico e Elisabetta Casellati un pubblico confronto.
Un dettaglio, sul sito del Senato, la pagina dedicata alle schede dei 194 candidati, pubblicata il 5 maggio 2021, è stata curiosamente aggiornata e reca una strana data: “25 giugno 2021”. Cosa è accaduto, dietro le quinte di Palazzo Madama… oggi?! Trattasi di refuso o altro errore tecnico, o qualcosa è veramente in fase di concreta calendarizzazione?! Vedi qui sotto lo “screenshot”. La notizia è veramente incomprensibile, essendo peraltro riportata anche nell’archivio delle “Notizie del giorno” (25.6.2021) del sito web del Senato! Gatta ci cova…
Ancora una volta: prevale oscurità.
Clicca qui, per leggere il testo integrale del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (Pnrr) presentato il 30 aprile 2021 alla Commissione Europea, e trasmesso dal Presidente del Consiglio Mario Draghi al Presidente della Camera Roberto Fico il 4 maggio 2021 (documento che non risulta essere stato pubblicato da nessuna testata giornalistica, se non oggi da “Key4biz”)
Clicca qui, per vedere la scheda di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) sui terreni sui quali dovrebbe essere costruita parte della nuova Cinecittà (ipotesi dell’autore)