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“Quasi” smart working per 5,3 milioni di lavoratori in Italia a fine 2021

L’arrivo della pandemia di Covid-19 ha fatto conoscere a molti italiani l’esperienza del lavoro da remoto, del lavoro agile, anche chiamato smart working. Tutti siamo corsi ai ripari, adeguandoci al nuovo modello di lavoro, che esige buone connessioni e dispositivi elettronici adeguati agli impegni.

L’avanzamento delle vaccinazioni e l’allentamento delle restrizioni ha favorito un lento ritorno al lavoro in ufficio, ma non per tutti. Quello che è accaduto in questi ultimi 12 mesi potrebbe lasciare un segno profondo nel nostro modo di intendere il lavoro.

La proroga al 30 settembre

Lavoro da casa che è stato prorogato fino al 30 settembre, sia nel privato, sia nel pubblico, ma in molti si chiedono cosa accadrà dopo quest’ultimo termine ultimo. Si continuerà su questa strada o si ritornerà al vecchio modello tradizionale “in presenza”?

Dal Primo Maggio sono in vigore le nuove norme sullo smart working contenute nel “decreto proroghe”, che hanno liberato la Pubblica Amministrazione (PA) centrale e locale dalla rigidità della soglia minima del 50% di dipendenti in lavoro agile.

Il ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, ha convocato per mercoledì 12 maggio l’Osservatorio del lavoro agile per seguire costantemente l’evoluzione della situazione interna alle amministrazioni e al fine di valutare la continuità e l’efficienza dei servizi e la soddisfazione dei cittadini.

Smart working parziale per più di un lavoratore su tre

Secondo quando riportato su borsaitaliana.it, si stima che a fine del 2021 resteranno in smart working oltre 5.350.000 persone, ma a differenza dell’anno passato solo in parte: in media nel privato per 2,7 giorni a settimana e nel pubblico per 1,4 giorni.

Valutazioni che in parte coincidono con quanto atteso dallo studio realizzato da Fondirigenti, dal titolo “Quick survey smart working 2.0”, effettuato intervistando 14.000 aziende, secondo cui: il 54% delle imprese manterrà lo smart working, cambiando però il modello di lavoro settimanale: metà circa in presenza e metà da remoto, soprattutto per mantenere vivi i rapporti umani e professionali interni, fondamentali per alcuni impegni particolarmente delicati.

In alcuni settori particolarmente innovativi e tendenzialmente propensi alla trasformazione del modello di lavoro tradizionale è molto probabile che lo smart working resterà tale nel tempo a tempo pieno. L’articolo cita diverse aziende orientate a favore del lavoro da casa, come Ericsson, Eni, Enel, Generali, Vodafone, Tim, Windtre, Fastweb, OpenFiber e gran parte del comparto call center.

Durante il 2020 sono stati quasi 6,6 milioni gli italiani che hanno lavorato da casa a tempo pieno per il lockdown. Nel 2019 solo 570 mila italiani (su un totale di 18 milioni di occupati nel nostro Paese) avevano sperimentato questo modello di lavoro.

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