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Quale “difesa comune UE“ per welfare, benessere e prosperità condivise: nazionale o europea?

Il dibattito su quale difesa dovremo adottare per rispondere alle maggiori pressioni di Putin sui confini europei e alle emergenti “cause pacifiste” in vari teatri globali ( Medio Oriente, Africa, Asia meridionale) visto il disimpegno promesso da Trump al suo insediamento è la grande questione dell’oggi comprese le contraddittorie minacce a Groenlandia e Panama.

Perché ci pone di fronte alla scelta di come finanziare questo incremento di spesa (più che doppio rispetto a quello attuale del 2%) che Trump vorrebbe al 5% di ogni paese occidentale ed europeo in particolare come contributo al budget NATO di difesa.

Ossia, con più tasse o più tagli ai servizi sociali e infrastrutture nazionali? Oppure, mettendo in comune questo debito europeo emettendo Eurobond come peraltro richiesto nel noto Rapporto Draghi di alcune settimane fa. Perché una tale messa in comune di debito per la “difesa comune” diciamo al 2,5% pro-capite tra i paesi europei NATO significherebbe accrescere il potenziale europeo di difesa triplicato rispetto a quello che avremmo se dovessimo semplicemente sommare i singoli budget nazionali.

Per una sorta di “effetto adiacenza” noto per i sistemi complessi nei quali il valore dell’unione integrata delle sue parti è superiore alla sua semplice somma e che ci consentirebbe di spendere meno globalmente (con risparmi tra 30 e 40 % della spesa globale sommata) raddoppiando l’efficacia sistemica e dove il risultato di potenziale sarebbe il seguente di 1+1+1 = 5. Cioè un risultato superiore alla semplice somma delle parti. Evitando cioè duplicazioni, costi di interferenza e costi transazionali tra i nodi della rete dei singoli paesi per l’”effetto di coordinamento”.

Questa è l’unica soluzione disponibile per ridurre i costi di una difesa comune salvaguardando gran parte del welfare e del benessere accumulato in 80 anni di pace e prosperità in Europa e tra i paesi NATO. Quindi si tratterà di convincere Trump che il problema non è portare le spese militari al 5% nel contributo NATO ma sviluppare una “difesa comune integrata” (DCI) in Europa come via più efficace.

Sarà questo il compito del Governo Italiano nella mediazione Trump – UE? Se fosse questo il compito di Meloni come Trump-Card in Europa allora andrà convinto anche il suo elettorato innanzitutto così come quell’elettorato europeo che soprattutto a destra ha sviluppato un consenso pro-putinista attenuando l’appoggio a Zelensky (salito in Europa ad un preoccupante 45%).

Visto che pare non ci siano dubbi che l’obiettivo della coppia TRUSK (finchè dura) sia una “opinione pubblica” guidata e canalizzata da social padronali e dall’illusione “ideologico-(quasi)religiosa” di una technè neutrale (ma Prometeo non fu sacrificato sull’altare democratico della polis?) così come la narrazione sulla “conquista dello spazio” che marginalizza l’ambientalismo ecologista e spiazza le tante religioni terrestri verso un deserto di valori transumanisti che puntano ad ibridare l’umano con super micro-chip di potenziamento e che per questo viene colpito dalle frecce dell’arco spirituale di opposizione rigorosa anche di Papa Francesco.

Con i molti oligarchi di Silicon Valley inginocchiati a ricevere la benedizione del tycoon prima che salga al soglio presidenziale compresi gli ex principi democratici come Zuckerberg che rimuove il fact checking per ingraziarsi i nuovi Dei che – con il vicerè Musk (e Thiel nell’ombra  a teorizzare oligopoli virtuosi in contrasto con liberismo economico e liberalismo politico) – apre ai mercati dell’odio e della discriminazione contro i diversi e le minoranze (LGBTQ ma anche etniche e religiose) di ogni ordine e grado alla luce dello strabismo del free speech al soldo delle distorsioni iniettate dal più potente compratore. Inoltre, con una traiettoria capace di ridurre al silenzio i corpi intermedi della democrazia legando direttamente il capo alle folle osannanti del click-to-click che hanno sostituito i popoli verso uno Stato tanto snello da diventare nullo.

Pratiche già note e inventate dai Mussolini, Hitler e Stalin 100 anni fa tese ridisegnate le nuove autocrazie dai Putin, Xi Jinping o gli Orban o Erdogan di oggi, anche se allora avevamo solo la radio per alcuni e oggi smartphone e Internet per tutti con social selettivi e popolati da influencer che si sono sostituiti a leader come “imbonitori di massa” della emergente global tech-right dopo quella televisiva degli anni ’90.

Certo andranno convinti quegli elettori favorevoli ad un “pacifismo militante” ideologicamente trasversale che non vuole sentire parlare di spese militari per la difesa e che lo strumento privilegiato sarebbero allora gli Eurobond seguendo la lezione Covid e del PNRR come unica alternativa realistica per rinunciare a nuove tasse e/o a tagli di spesa sociale (e cioè con razionamento di spese per sanità, scuola, giustizia, trasporti).

Convincendo questo elettorato sempre più trasversale tra estremismi di destra e sinistra che questa spesa per la difesa comune non solo è un investimento per la nostra sicurezza globale sui confini, ma uno sviluppo dei nostri potenziali di “autonomia e indipendenza” come cittadini europei di un mondo globalizzato che impone più libertà e diritti e non meno.  

Meloni dovrà dunque decidere come spendere la Trump-card (con la rischiosa partnership tecnologica con Musk nonostante le alternative europee disponibili come Iris2) “oltre” l’immobilismo attuale: se per unire l’Europa del presente e del futuro affermandone la potenza politica ed economica di terzo polo planetario (da 450 milioni di cittadini elettori, consumatori e investitori) o per dividerla redendola marginale negli equilibri globali.

E se fosse quest’ultima l’opzione è imperativo chiedersi per andare dove in solitaria e con una Europa frammentata o addirittura senza contro i giganti USA e Cina? Ragionevolmente e realisticamente, se non per cambiare gli effetti asimmetrici e diseguali con una post-globalizzazione che guardi ad equilibri multilaterali ponendo al centro una Nuova Europa con una moneta e difesa comuni finalmente integrate.

Perché una prosperità condivisa continui ad illuminare nel Costituzionalismo e nel Diritto Internazionali il nostro prezioso focolare di regole nel lungo cammino di consolidamento dello Stato di Diritto anche nella Rivoluzione Digitale dell’AI in corso che ci attende seppure in condizioni mutate e nonostante “imperialismi” (e “imperatori”) emergenti non sempre lungimiranti né illuminati evitando che la rule of law scivoli nella rule of man o – peggio- nella rule of tech.

Una Nuova Europa che sappia dunque anche riempire nell’integrazione difensiva e nell’allargamento economico-politico a Est ( anche non lasciando sola l’Ucraina) il vuoto lasciato dalle fragilità attuali interne (transitorio?) di Francia e Germania, e se con un contributo italiano meno marginale è quanto possiamo e dobbiamo potere auspicare oltre i personalismi di influencer globali miopi come opportunità storica da cogliere tra Roma e Bruxelles.

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