Gli operatori mobili stanno aumentando le loro soluzioni per la sicurezza delle reti, ricorrendo ai sistemi di ad blocking.
L’intenzione è quella di proteggere i loro clienti e soddisfare le loro esigenze, ma questo sta turbando gli inserzionisti.
Strand Consult ha pubblicato un report sulla net neutrality – Understanding Net Neutrality and Stakeholders’ Arguments – e un team sta cercando soluzioni a questo problema a livello globale.
L’obiettivo è rispondere alla domanda che arriva da giornalisti, decisori politici e altri esperti del settore che si domandano se l’ad blocking è una violazione della net neutrality.
La risposta è no e Strand Consult spiega anche perché.
Google, che fa la parte del leone sul mercato della pubblicità online e anche su parte di quello mobile, si è schierata contro i sistemi di ad blocking.
E anche se li consente sul browser Chrome li ha banditi dal suo app store Google Play dal 2013.
Questo rende molto difficile a chi usa smartphone con sistema operativo Android di avvantaggiarsi degli ad blockers.
Non sorprende quindi che gli utenti abbiano ben accolto la funzionalità di ad blocking sugli smartphone di Apple con sistema operativo iOS9, tanto più che per molto tempo è stata l’app più scaricata dal suo store.
Questo dovrebbe spingere gli inserzionisti a migliorare i formati, il design e i contenuti dei loro annunci, guadagnando così anche l’apprezzamento degli utenti.
D’altra parte se Google ostacola la possibilità di scaricare questi sistemi di blocco, i consumatori sono spinti a vagliare altre opzioni.
Fortunatamente gli operatori mobili di tutto il mondo sono in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori sulle tecnologie di ad blocking e anche di creare una concorrenza tra gli ad server come Google, facendo anche i modo di promuovere piattaforme di pubblicità migliori.
Il principio di net neutrality considera l’utente sovrano e sostiene la libera scelta dell’utente di accedere a servizi e applicazioni, compresi gli ad blocking.
I sostenitori della neutralità della rete hanno spesso affermato che gli utenti stanno acquistando abbonamenti non solo per gli accessi ma anche per i contenuti che vengono offerti da terze parti.
Questo sicuramente non significa che stiano pagando volentieri per ricevere anche la pubblicità. Anzi, molti sarebbero felici di poter alleggerire il loro traffico dagli annunci e magari pagare anche meno o addirittura venir pagati in cambio del ricevimento delle inserzioni pubblicitarie.
Questo potrebbe ridurre i prezzi degli abbonamenti alla banda larga, per esempio, con la promozione di programmi sponsorizzati in modo da far pagare anche agli advertiser parte dei costi.
Oltre ai vantaggi per la sovranità dell’utente e la riduzione dei costi sugli accessi internet, gli ad blocking metterebbero a segno un altro importante obiettivo per molti dei sostenitori della net neutrality che da tempo sostengono che il web debba essere decommercializzato e che le inserzioni vadano rimosse.
In molti paesi infatti le regole sulla net neutrality prevedono che un utente che ne faccia richiesta possa ottenere i blocchi pubblicitari, rispondendo così anche alle pressioni che provengono dalle autorità garanti della privacy e della cybersecurity.
Ma per i regolatori telecom che sono sempre più preoccupati dalla natura schizofrenica dei sostenitori della net neutrality – considerate anche le recenti rivelazioni secondo le quali Netflix ha per 5 anni segretamente e volutamente rallentato il traffico ai propri clienti sulle reti di AT&T e Verizon – gli ad blocking rappresentano una preoccupazione crescente nell’interpretazione in modo coerente delle regole sulla neutralità della rete.
Gli operatori hanno un ruolo unico e importante per migliorare la user experience in molti modi. Dal mondo della musica arrivano molti esempi di come si possano aumentare le vendite degli abbonamenti per i contenuti digitali.
Anche dal blocco degli annunci potrebbero arrivare importanti spunti per gli inserzionisti su cosa i consumatori pensano e preferiscono per poi sviluppare in futuro prodotti migliori.
Ci muoviamo in un mondo in cui i telefonini sono il legame tra contenuti e connettività e gli operatori sono nella posizione di proteggere i loro abbonati dalla pubblicità indesiderata e creare competizione offrendo alternative per i contenuti sia gratuiti che sponsorizzati o a pagamento.
L’industria del mobile può aggiungere grande valore a quella dei media.
C’è una diseguaglianza delle entrate pubblicitarie rispetto al contenuto che gli artisti vogliono produrre e gli utenti vogliono consumare.
Creare più concorrenza per la distribuzione di contenuti può garantire un miglior bilanciamento tra fornitori di contenuti e utenti.