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Proprietà intellettuale: l’Italia arranca, pesano contraffazione e scarsi controlli

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Proprietà intellettuale, l’Italia resta ben lontana dai primi della classe nella speciale classifica sulla capacità di tutelare i suoi marchi e brevetti, stilata dall’International Property Rights Index 2014 (Indice Internazionale sui Diritti di Porprietà, IPRI). L’indice, realizzato dalla Property Rights Alliance, di cui fanno parte il think tank italiano Competere.eu e l’Istituto Bruno Leoni, è stato presentato oggi a Washington. Il nostro paese si colloca la 40esimo posto  nel ranking, che comprende 97 paesi che rappresentano complessivamente il 98% del PIL mondiale e il 93% della popolazione. Si tratta di un leggero miglioramento rispetto al 47esimo dell’anno precedente.

“L’indice – dice Pietro Paganini, presidente di Competere.eu – è uno strumento importante per Governi e policy maker perché dimostra la relazione che esiste fra tutela della proprietà, innovazione e crescita economica. I Paesi che crescono di più sono primi in innovazione e guidano la classifica dell’IPRI. Se quindi vogliamo tornare a crescere dobbiamo intervenire in maniera più determinata per favorire e tutelare brevetti e marchi della nostra industria”.

Un problema, quello della tutela del Made in Italy, su cui pesa la scarsa attenzione di università e Pmi nella tutela delle loro invenzioni. Non dà una mano nemmeno il sistema regolamentare “che resta debole” aggiunge Paganini, anche se si sono a più riprese impegnate per ridurre la contraffazione e la pirateria online. “Resta ancora molto da fare rispetto, ad esempio, al Patent Unitary System introdotto dalla Ue per ridurre i costi di registrazione e facilitare l’innovazione”, aggiunge.

Interi settori del nostro paese, fra cui in primo luogo l’agroalimentare, il design e la moda, sono preda della contraffazione internazionale che pesa oltremodo sul nostro Made in Italy, relegandoci al 40esimo posto in classifica a pari merito con paesi come la Giordania e la Costa Rica, con un punteggio complessivo di 6.0, in leggero miglioramento rispetto all’anno precedente, ma non abbastanza per colmare il gap di 20 posizioni che ci divide dagli altri paesi del G7 e ancor più staccati dai paesi che guidano la classifica che sono la Finlandia (al primo posto con un punteggio di 8.5) e la Svezia (seconda con 8.3).

Migliora nel frattempo la classifica della Gran Bretagna, all’11esimo posto insieme alla Germania (in miglioramento di tre posizioni), entrambe sullo stesso livello con un punteggio di 7.8 punti. Gli Usa restano stabili al 17esimo posto con 7.7 punti; così come la Francia, al 20esimo posto (7.3 punti), mentre la Spagna sale al 31esimo posto (6.5).

Insomma, l’Italia è indietro su tutti i tre parametri di cui si compone  l’indice, che misurano l’ambiente politico e giuridico, i diritti di proprietà fisica e la proprietà intellettuale.

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