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Produrre chip è costoso (e vantaggioso): Cina, Corea e Taiwan spenderanno 400 miliardi di dollari entro il 2027

La necessità di produrre chip e di spendere sempre di più

I chip non solo alimentano le tecnologie esistenti, ma sono anche i principali driver dell’innovazione e della competitività. Investire nella ricerca e nella produzione di chip e di macchinari per la loro produzione garantisce agli Stati un’economia più robusta, resiliente e competitiva.

Secondo l’ultimo studio diffuso da SEMI, è l’associazione industriale globale che serve la catena di approvvigionamento produttivo per le industrie di micro e nanoelettronica, tra il 2025 ed il 2027 si stima che Cina, Corea del Sud e Taiwan investiranno complessivamente più di 400 miliardi di dollari in apparecchiature per produrre chip.

Chip che saranno destinati alla produzione di computer, allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) e alle memorie (fondamentali per conservare dati e programmi su computer e dispositivi di archiviazione).

La spesa per queste apparecchiature è attesa raggiungere i 125 miliardi di dollari già entro il 2025 e tra i principali fornitori a livello globale troviamo ASML nei Paesi Bassi, Applied Materials, KLA Corp e Lam Research negli Stati Uniti e Tokyo Electron in Giappone.

Cina, Corea del Sud, Taiwan e resto del mondo

Ma il vero campione del mercato rimane la Cina. Il Report SAMI ha stimato che il grande Paese asiatico manterrà la posizione di leadership indiscussa in Asia, con una previsione di spesa superiore ai 100 miliardi di dollari nel periodo di tempo considerato, in particolare sotto la spinta dell’esigenza primaria di accrescere la propria autosufficienza tecnologica in questo settore.

Subito dopo c’è la Corea, con i big di casa Samsung e SK Hynix, per una spesa stimata di 81 miliardi di dollari entro il 2027.

Taiwan segue a breve distanza, con 75 miliardi di dollari di spesa. Qui di casa c’è il gigante TSMC, che sta anche realizzando nuovi stabilimenti negli Stati Uniti, in Giappone ed in Europa.

A livello regionale, tra il 2025 ed il 2027 le due Americhe potrebbero arrivare a spendere 63 miliardi di dollari, il Giappone 32 miliardi e l’Europa circa 27 miliardi di dollari.

Supply chain fattore chiave per vincere la partita digitale

Competitor regionali che puntano ad insidiare il predominio cinese, andando a raddoppiare gli investimenti rispetto al dato del 2024, soprattutto grazie alle politiche di incentivi rivolte alle imprese di settore per garantirsi forniture sicure ed affidabili.

Si comprende quanto le nostre economiche siano dipendenti dai chip e dalle apparecchiature necessarie alla loro produzione. Ne consegue che la supply chain sono diventate nel tempo il punto chiave della trasformazione digitale di settori strategici come le comunicazioni, la Difesa, i trasporti e l’energia.

La corsa che si è innestata ormai da tempo per raggiungere posizioni di vantaggio sui principali competitor si potrà vincere solo a suon di miliardi.

Chip, un 2024 già da record

Come riportato da Nikkei Asia, solo nei primi sei mesi del 2024, la Cina ha già investito 25 miliardi di dollari in nuovi impianti e apparecchiature di produzione di chip, più di Corea, Taiwan e Stati Uniti messi assieme.

Entro la fine dell’anno in corso, si stima che Pechino potrebbe arrivare ad investire in questo settore oltre 50 miliardi di dollari.

Una mossa obbligata per la Cina, perché le restrizioni imposte da Washington a partire dal Chips Act (a cui è seguito quello europeo) rischiano continuamente di mettere ad un angolo la potenza asiatica, che necessità quindi di una produzione nazionale più forte.

Al momento i grandi produttori di chip occidentali possono vendere alla Cina solo le tecnologie più vecchie, ma non quelle di ultima generazione per la produzione di chip avanzati destinati ad esempio allo sviluppo dell’AI e le memorie NAND.

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