Article 29 Working Party, l’organismo che riunisce i Garanti Privacy della Ue, si è dato un anno di tempo per verificare gli effetti reali del Privacy Shield, il nuovo scudo per la protezione dei dati personali nei rapporti transatlantici Usa-Ue siglato da pochi giorni e accolto tiepidamente in Europa.
Ancora molti i dubbi da parte delle autorità europee sugli effetti commerciali per le aziende e i consumatori europei del nuovo accordo, che sostituisce il Safe Harbor, inefficace a difendere i diritti di cittadini e imprese dopo gli abusi del Datagate. Ma il timore che possa continuare la raccolta a strascico di dati di cittadini Ue da parte del governo Usa non è superato.
Ma tant’è il Privacy Shield è stato approvato qualche giorno fa dalla Commissione Europea ed è pronto per entrare in vigore. I Garanti Ue restano scettici, in particolare per quanto riguarda la mancanza da garanzie specifiche per la tutela dei dati personali dei cittadini e delle imprese del Vecchio Continente.
Pesa inoltre il dubbio che la nuova figura dell’ombudsman, il difensore civico preposto a giudicare su eventuali abusi sul trattamento dei dati personali, sia realmente in grado di gestire la situazione.
In un comunicato il gruppo dei 29 ha comunque fatto sapere che intende aspettare un anno prima di esprimere i suoi rilievi formali al nuovo accordo, il che farà sicuramente piacere alle grandi corporation americane che appoggiano l’accordo che per loro significa miliardi di dollari in scambi commerciali.
Un anno di tempo prima di eventuali rilievi formali è un compromesso al quale, secondo indiscrezioni, hanno lavorato in tandem dietro le quinte il governo americano e quello irlandese.
Vedremo a luglio del 2017 come andrà a finire.