Key4biz

Privacy, Schrems vince contro facebook

La sentenza della Corte Ue sul caso Schrems-facebook

La circostanza che Maximilian Schrems si sia espresso sul suo orientamento sessuale in occasione di una tavola rotonda pubblica non autorizza il gestore di una piattaforma di social network online a trattare altri dati relativi al suo orientamento sessuale ottenuti, se del caso, al di fuori di tale piattaforma, al fine di aggregarli e analizzarli per proporgli della pubblicità personalizzata”, così si legge nell’incipit della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea contro facebook del Gruppo Meta.

Il caso è stato sollevato dalla Corte suprema austriaca, che ha chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione di interpretare il Regolamento generale sulla protezione dei dati (il Gdpr).

Il caso

Tutto nasce in occasione di una tavola rotonda aperta al pubblico, alla quale Schrems ha partecipato a Vienna il 12 febbraio 2019, su invito della rappresentanza della Commissione europea in Austria, dove l’interessato ha fatto riferimento al suo orientamento sessuale.

Schrems intendeva in tal modo criticare il trattamento di dati personali effettuato da Facebook, tra cui il trattamento dei suoi propri dati. Questa tavola rotonda è stata diffusa in streaming e una registrazione è stata successivamente pubblicata sotto forma di «podcast», nonché sul canale YouTube della Commissione. Tuttavia, l’interessato non ha mai menzionato tale aspetto della sua vita privata nel suo profilo facebook.

Le motivazioni della sentenza

Secondo la Corte Ue, “la circostanza che una persona si sia espressa sul suo orientamento sessuale in occasione di una tavola rotonda pubblica non autorizza il gestore di una piattaforma di social network online a trattare altri dati relativi all’orientamento sessuale di tale persona ottenuti, se del caso, al di fuori di tale piattaforma a partire da applicazioni e siti Internet di partner terzi, ai fini di aggregarli e analizzarli per proporre a tale persona della pubblicità personalizzata”.

I giudici di Bruxelles, in questo caso, hanno applicato il principio della «minimizzazione dei dati», che vieta l’aggregazione, l’analisi e l’elaborazione di dati ai fini di pubblicità mirata ottenuti da piattaforme social.

Rimane da valutare se, in occasione della tavola rotonda, “il sig. Schrems abbia manifestamente reso pubblico il suo orientamento sessuale”, ma in questo caso, secondo il tribunale europeo, spetta alla Corte suprema austriaca verificarlo.

Circostanza che, tuttavia, si legge sempre nella sentenza, “non autorizza di per sé, il trattamento di altri dati personali relativi all’orientamento sessuale di tale persona”.

Anche il Dsa contro facebook

Anche perché la pubblicità online è ormai regolamentata dal Digital service act (Dsa), che mira a creare un nuovo equilibrio tra la tutela dei dati personali ed esigenze del mercato advertising.

Di fatto, il Dsa prescrive che i fornitori di piattaforme online non possono presentare pubblicità ai destinatari del servizio basate sulla profilazione, utilizzando dati sensibili, dati genetici e dati biometrici e cioè tutte le categorie speciali di dati personali elencate nel Gdpr

Exit mobile version