Il Garante Privacy italiano non sta indagando su Facebook. A confermarlo a Key4biz sono gli uffici dell’Autorità presieduta da Antonello Soro che smentiscono quanto riportato dal Wall Street Journal.
“Al momento – riferiscono a Key4biz – non c’è nessuna istruttoria aperta a carico di Facebook”.
Si precisa inoltre che l’Italia non fa parte del gruppo di lavoro sulla privacy costituito da Germania, Olanda e Belgio che ha già intrapreso azioni in questa direzione.
A smentire la notizia anche Facebook.
Un portavoce del gruppo ha infatti dichiarato: “Siamo al corrente delle indagini delle autorità garanti della privacy in Belgio, Olanda e Amburgo. Non abbiamo ad oggi ricevuto alcuna comunicazione riguardante indagini da altre Autorità garanti della privacy in Europa. Se e quando le riceveremo, risponderemo di conseguenza”.
Facebook ha inoltre ricordato d’aver aggiornato di recente “le condizioni d’uso e policy per renderle più chiare e concise, per rispecchiare le nuove funzioni di prodotto e per evidenziare come stiamo ampliando il controllo che le persone hanno sulla pubblicità. Come azienda che ha la sua sede internazionale a Dublino, controlliamo costantemente gli aggiornamenti di prodotto e di policy con il nostro regolatore, il Commissario Irlandese per la Protezione dei Dati, che supervisiona il nostro rispetto della Direttiva sulla Protezione dei Dati dell’Ue come implementata nella legge irlandese”.
L’azienda di Mark Zuckerberg, secondo quanto riportava il Wall Street Journal, era sospettata di violare la riservatezza dei propri iscritti, raccogliendo informazioni personali dai diversi servizi offerti, a partire da Facebook, passando per WhatsApp e Instagram.
Il WSJ asseriva che alle indagini già in corso nei tre Paesi europei si erano aggiunte anche quelle dell’Italia, della Francia e della Spagna.
L’Italia ha però smentito, chiarendo che “non ha avviato alcuna procedura autonoma” nei confronti del social network.
Facebook resta comunque un ‘sorvegliato speciale’.
Il social media più popolare del mondo vanta 1,2 miliardi di utenti su scala globale. Solo in Europa gli iscritti sono più di 300 milioni.
Da tempo si nutrono forti dubbi sulla policy per la privacy dell’azienda e sui metodi utilizzati per raccogliere le informazioni degli iscritti e usarle per l’invio di messaggi pubblicitari mirati. Sotto la lente anche l’uso dei popolarissimi “like” che permetterebbero di ‘tracciare’ le abitudini di chi naviga su internet.
La notizia arriva a ridosso dello studio accademico, commissionato dall’Autorità belga della privacy, che accusa Facebook di violare la normativa Ue sul data protection.
Ma per il gruppo di Zuckerberg, il report in questione è ‘inaccurato’ e ‘impreciso’.
Facebook ha spiegato aver individuato nello studio “errori reali” e di non essere stata consultata, nemmeno per fare chiarezza sulle tesi presentate nella ricerca: “Neanche ci hanno invitato a commentare prima di rendere pubblico il report. Comunque speriamo di essere coinvolti e che loro siano pronti ad aggiornare lo studio in corso”.
Le critiche al social network riguardano il Follow, usato come tracker, l’assenza di opt-out sui dati della localizzazione, e soprattutto quei 13 milioni di siti con i tasti “Mi piace” e “Condividi”, accusati di inoculare cookies anche se i bottoni non vengono digitati.