Anche negli Usa potrebbe aprirsi una spaccatura sul fronte della privacy tra telco e OTT: i fornitori di servizi internet come Verizon, Comcast e AT&T potrebbero presto essere obbligati a chiedere il consenso esplicito degli utenti prima di condividere i loro dati con terze parti, inclusi gli inserzionisti. La proposta della FCC è passata per 3 voti favorevoli e due contrari ma per essere ratificata servirà un’altra votazione.
La misura riclassifica i fornitori di servizi a banda larga alle comuni compagnie telefoniche ed esclude dalla sua portata gli OTT come Google, Facebook o AOL, che potranno continuare a raccogliere i dati degli utenti e condividerli anche senza il loro consenso.
Mentre per il presidente FCC Tom Wheeler “i consumatori hanno il diritto di dire se vogliono che i loro dati vengano usati”, la nuova norma non farà che “imporre un nuovo fardello sugli ISP”, ha dichiarato il membro repubblicano dell’agenzia Ajit Pai.
Forti le critiche anche da parte delle associazioni di categoria: Michael Powell, presidente della National Cable & Telecommunications Association, ha bollato la misura come un ‘nonsense’ dato che non si applica alle web company “Non si può ritenere che un utente abbia differenti aspettative sulla privacy quando si siede al computer e accede a Facebook”, ha affermato Powell.
Per David Cohen di Comcast la decisione “non fornirà significativi miglioramenti alla protezione della privacy dei consumatori internet e impedirà agli ISP di portare la concorrenza nel mercato della pubblicità online”, dominato da Google Facebook.
Secondo l’Investors Service di Moody’s, la misura darà un notevole vantaggio competitivo agli inserzionisti digitali e avrà pertanto un impatto negativo sui fornitori di banda larga fissi e mobili nonché, sul lungo periodo, sui modelli di business della pubblicità televisiva.
Favorevole invece il commento delle associazioni per la privacy: “Per via della loro posizione, gli ISP hanno accesso quasi illimitato al nostro traffico internet, che consente loro di costruire i profili completi dei loro utenti, di sorvegliare i siti visitati e di monitorare i servizi che utilizzano online” ha affermato Gaurav Laroia di Free Press Policy Counsel.
La FCC, dal canto suo, si è giustificata affermando di non avere l’autorità per regolare le web company.