L’accesso della polizia ai dati contenuti in un telefono cellulare non è necessariamente limitato alla lotta contro i reati gravi, ma una autorizzazione da parte di un giudice o di un’autorità indipendente è comunque necessaria e il ricorso a questa possibilità deve essere proporzionato. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue esprimendosi su un ricorso riguardante un caso in Austria.
“L’accesso da parte della polizia, nell’ambito di un’indagine penale, ai dati personali conservati in un telefono cellulare può costituire un’ingerenza grave, o addirittura particolarmente grave, nei diritti fondamentali dell’interessato – rileva la Corte – Tuttavia, esso non è necessariamente limitato alla lotta contro i reati gravi”.
La Corte evidenzia come il legislatore nazionale debba definire gli elementi da prendere in considerazione ai fini dell’accesso, come la natura o le categorie dei reati pertinenti. Inoltre, per garantire il rispetto del principio di proporzionalità in ciascun caso concreto, “il cui esame implica una ponderazione di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, tale accesso deve – prosegue la Corte – essere subordinato a una previa autorizzazione da parte di un giudice o di un’autorità indipendente, salvo in casi di urgenza debitamente comprovati. L’interessato deve essere informato dei motivi dell’autorizzazione non appena la comunicazione di tali informazioni non rischi più di compromettere le indagini”.