Una densa cappa di curioso e preoccupante silenzio avvolge quelle che – per molti aspetti – possono essere forse considerate le due maggiori “macchine culturali” pubbliche italiane, ovvero la Rai e Cinecittà.
Totale assenza di dibattito pubblico (anche da parte delle associazioni rappresentative dei vari interessi, economici e culturali), sostanziale disinteresse dei partiti (apparentemente), poco o nulla trapela (almeno ufficialmente) delle strategie in atto.
Procediamo con ordine: Rai prima e Cinecittà Luce poi.
Rai: Fuortes risponde a Barachini
Ci limitiamo qui a segnalare alcune notizie: è di ieri, sul sito web “Informa” della “Agenda del Giornalista” (diretta da Massimiliano Lanzi Rath), la notizia – pubblicata in esclusiva – che sarebbe giunta in Commissione di Vigilanza Rai una risposta dell’Amministratore Delegato Carlo Fuortes alla lettera indirizzatagli una decina di giorni fa dal Presidente della Commissione di Vigilanza Alberto Barachini (Forza Italia), che poneva rilievi sulla prima infornata di nomine di dirigenti apicali a Viale Mazzini, che ha senza dubbio penalizzato la parità di genere, con 7 maschi su 7 nomine manageriali (vedi “Key4biz” del 10 settembre 2021, “In Rai prima infornata di nomine dirigenziali. Ma né donne né strategie”).
L’altro ieri, mercoledì 22, la risposta è giunta in Vigilanza: in premessa, si assicura l’impegno a far sì che il tema della parità di genere costituisca “uno degli elementi essenziali della missione di servizio pubblico affidata alla nuova governance Rai”. La Presidente Marinella Soldi e l’Ad Carlo Fuortes invitano il Parlamento ad una valutazione sul loro operato dopo “un arco temporale strategico di medio-lungo termine”. A chiusura della lettera, garantiscono “massimo senso di responsabilità” sul tema. Insomma, chiedono tempo: come dire? Suvvia, sono appena arrivati… E inoltre precisano che, più che di “nomine”, si sarebbe trattato “di spostamenti interni al top management (che è largamente in prevalenza maschile) necessari ad assicurare la continuità della macchina organizzativa”.
Per quanto riguarda specificamente le nomine, Fuortes e Soldi spiegano che la scelta di Ludovico Di Meo per la guida di San Marino Tv è arrivata a valle di un “job posting”, per il quale sono giunte 14 candidature (solo 2 donne ed 1 senza i requisiti); che Giuseppe Pasciucco è stato indicato come direttore staff, “ritenendo opportuno dare priorità alla focalizzazione sui costi”; Marco Brancadoro, nuovo Cfo, e Giorgio Russo, Pianificazione Strategica e Controllo di Gestione, sono stati scelti per “le competenze contabili/finanziarie” in ottica di piena operatività e con criterio di crescita interna; Roberto Ferrara è andato a ricoprire la casella vacante dei Canoni e Beni Artistici dopo il licenziamento di Nicola Sinisi; per quanto riguarda Pierluigi Colantoni, nuovo Direttore della Comunicazione, secondo i diarchi Rai, era “il candidato maggiormente idoneo in considerazione sia dell’esperienza maturata nell’ambito di riferimento, sia dell’incarico già rivestito di direttore della Direzione Sviluppo Nuovi Formati, le cui attività infatti confluiranno nella Direzione Comunicazione” (su quel che ha realizzato – poco assai – la Direzione Nuovi Formati, non emerge particolare autocritica…); infine la scelta di Stefano Marroni come nuovo Capo Ufficio Stampa (al posto di Anna Fraschetti che è andata in pensione il 17 agosto 2021) sarebbe il risultato di una ricerca tra caporedattori che evitassero criticità alle Testate, arrivando ad individuarsi “un professionista di indubbio peso e valore, che vanta anche una precedente esperienza nel mondo della carta stampata e che ha ricoperto in azienda importanti incarichi”…
Sarà.
Complessivamente, delle spiegazioni semplici e finanche un po’ banali, in fondo a riconferma di un normale esercizio di discrezionalità.
Riteniamo che la procedura del “job posting” non sia proprio vincolante: se l’Amministratore Delegato – con la benedizione del Cda – avesse voluto manifestare un segnale, anche simbolico, rispetto alla parità di genere, avrebbe potuto metterlo in atto. Non è avvenuto.
Sull’argomento, si segnala che alcuni lamentano l’assenza di una presa di posizione della consigliera di amministrazione “in quota Pd” (in verità “in quota”… Enrico Letta e Andrea Orlando; si ricordi che mantiene l’incarico di Presidente del Fondo Innovazione di Cassa Depositi e Prestiti – Cdp): c’è chi sostiene che abbia adottato una linea di prudenza comunicazionale, dato che potrebbe essere cooptata (così ha anticipato Gianluca Roselli sulle colonne de “il Fatto Quotidiano” di domenica scorsa) come Vice Sindaco di Roma in caso di vittoria del “dem” Roberto Gualtieri… Se questa ipotesi si concretizzasse, tra qualche tempo Camera e Senato dovrebbero essere chiamate ad eleggere un nuovo consigliere di amministrazione di Viale Mazzini… E scommettiamo che entrerebbe un membro “in quota” Fratelli d’Italia, dopo la “conventio ad excludendum” di qualche mese fa nei confronti del partito guidato da Giorgia Meloni…
E poco emerge, della strategia di Fuortes, dall’incontro coi sindacati di lunedì scorso
Si ha notizia che Carlo Fuortes si sia vantato di non aver portato nessuno “dall’esterno”: in occasione di un incontro, lunedì scorso, con i rappresentanti sindacali (delle sigle Slc della Cgil, Fistel della Cisl, Uilcom della Uil, Fnc della Ugl, Snater, Libersind-Confsa; non hanno partecipato Usigrai ed Adrai), ha sostenuto “credo moltissimo nelle professionalità interne della Rai. Non è demagogia. Non ho portato con me in Viale Mazzini nemmeno la mia segretaria. Mi fido totalmente del personale Rai”. Su questo tema si potrebbe aprire comunque un dibattito: se è vero che privilegiare le risorse interne è cosa buona e giusta, è altrettanto vero che una qualche iniezione di risorse specializzate dall’esterno non andrebbe criminalizzata a priori, se ben mirata e coerente con la strategia dell’Amministratore Delegato (strategia che, fino ad oggi, non è ancora emersa con chiarezza).
Dall’incontro sindacale del 20 settembre, è emerso assai poco della strategia cui Fuortes sta pensando: ha garantito che per il futuro la soluzione non saranno i “tagli lineari ai budget”, bensì l’ottimizzazione dei costi e gli “investimenti intelligenti”, come quello per i diritti web dei prossimi Campionati Mondiali di Calcio. In argomento, i sindacati hanno però lamentato “l’esempio poco virtuoso delle recenti Olimpiadi di Tokyo dove, per risparmiare qualche milione di euro, Rai ha deciso di lasciare ad altri i diritti web, perdendo così ampie fette di pubblico e l’attenzione più ampia dell’opinione pubblica del Paese”.
Permane prioritario il problema delle risorse (di cui Fuortes dovrà parlare il prossimo 12 ottobre in audizione monotematica con la Vigilanza Rai), con canone bloccato a 90 euro e tetti pubblicitari in discussione.
Non si toccherà il “canone”, ma i “tetti” pubblicitari?!
Sull’argomento “canone”, l’Ad ha precisato (forte di confronti avuti sul tema con Palazzo Chigi) che va escluso categoricamente alcun intervento legislativo in merito, dato che il canone Rai non è per sua natura annoverabile fra gli “oneri impropri” e, in quanto tale, non rischia alcun taglio dalla bolletta elettrica.
Per quanto riguarda invece i “tetti” pubblicitari, l’Ad non si è sostanzialmente espresso. Si ricordi che è in gestazione lo schema di decreto legislativo trasmesso al Senato ad inizio agosto, che recepisce la Direttiva Europea n. 1808 del 2018 (vedi “Key4biz” di venerdì 17 settembre 2021, “Netflix, non si sa quanto fattura in Italia ma teme l’incremento degli obblighi di investimento”): il decreto andrebbe a ridurre le risorse pubblicitarie di Viale Mazzini (nell’ordine di 60/80 milioni di euro, secondo alcune stime), perché impedirebbe di concentrare gli spot negli orari più affollati e sulle reti più viste (in primis, ovviamente Rai1), contrastando quella pratica che alcuni hanno definito di “dumping”. In sostanza, Rai verrebbe obbligata a distribuire in modo più omogeneo – tra canali e fasce orarie – la pubblicità che riesce a raccogliere. A fronte di questa riduzione, i “broadcaster” privati vedrebbero invece innalzata la propria soglia dall’attuale 18 % al 20 % dell’orario. Questa riduzione di ricavi Rai potrebbe però essere compensata da un incremento del flusso del cosiddetto “extra gettito” del canone (altra “vexata quaestio”). Insomma, nella sostanza, non cambierebbe nulla, e certo nemmeno si stimolerebbe una crescita delle risorse complessive, allorquando Rai lamenta – ed ha spesso ragione – che il budget di cui dispone non consente il rispetto di tutte le previsioni del “Contratto di servizio” col Mise…
Appunto: restano gli obblighi del pur evanescente e polisemico… “Contratto di Servizio” (si ricordi che quello in essere regola il periodo che va dal 2018 al 2022), obblighi che – ha ricordato l’Ad – “vanno rispettati”. Anche se – osserviamo noi – non ci sembra vi siano rischi reali, in caso di inadempienza rispetto a questi “obblighi”, in assenza di un vero sistema di controllo e sanzioni…
Notizie confortanti, per i sindacati e quindi i lavoratori Rai, sul fronte del “contratto di lavoro”: quello di quadri, impiegati e operai è scaduto, come quello dei dirigenti, mentre i giornalisti devono rinnovare l’integrativo. Fuortes ha confermato lo stanziamento del luglio 2021 di 23,5 milioni di euro per il rinnovo. In particolare, per l’aumento dei minimi e per la vacanza contrattuale. E ha concordato sulla necessità di chiudere “velocemente” le trattative pre-contrattuali.
Rispetto al “piano industriale” ed al “piano editoriale”, invece, non è emerso nulla di… illuminante, e non è ben chiaro come intenda muoversi l’Amministratore Delegato rispetto all’eredità lasciatagli dal predecessore Fabrizio Salini (un controverso “piano industriale” sostanzialmente congelato, e non soltanto causa pandemia). Fuortes si è limitato a segnalare che presenterà i piani “in tempi ragionevolmente brevi”, e che saranno oggetto di confronto coi sindacati.
In materia di investimenti, Fuortes ha rimarcato di aver riallineato il bilancio preventivo in negativo, ereditato dalla precedente gestione e lo ha riportato in pareggio recuperando circa 55 milioni di euro. Una qual certa abitudine invalsa in Rai di presentare “bilanci preventivi” in negativo è per l’Ad un retaggio del passato insostenibile. In questa ottica, pur rimarcando che non sono state toccate le risorse precedentemente stanziate per il rinnovo del contratto di lavoro, Fuortes ha sottolineato come sia necessario un riequilibrio complessivo delle risorse, e su questo percorso ha deciso di incardinare la sua azione.
Sul fronte di Cinecittà, invece, permane la cortina fumogena di mistero, rispetto ai mitici 300 milioni di euro previsti dal “Recovery Plan”
Se poco emerge da Rai, nulla emerge da Cinecittà Istituto Luce.
In effetti, se il Presidente Marinella Soldi e l’Amministratore Delegato Carlo Fuortes sono abbottonati, ancor più ritentivi sono la Presidente Chiara Sbarigia (già Segretaria Generale dell’Apt-Apa, l’associazione dei produttori audiovisivi italiani) e l’Amministratore Delegato Nicola Maccanico (già alla guida della Warner Italia).
La consegna di silenzio è assoluta, e non se ne comprendono le ragioni.
Alcuni hanno peraltro notato che nessuno dei candidati a Sindaco di Roma ha affrontato di petto la questione: tutti si sono limitati a manifestare soddisfazione e speranza su quel che sarà la Cinecittà futura, grazie agli annunciati 300 milioni di euro previsti nel “Recovery Plan” per una non granché precisata rigenerazione degli “studios” di Via Tuscolana.
Soltanto il candidato “outsider” Paolo Berdini, della lista “Roma Ti Riguarda” (sostenuta tra gli altri da Rifondazione Comunista), ha manifestato dubbi e perplessità sulla nuova grandiosa “Hollywood europea”, anche rispetto alle ricadute sociali ed ecologiche dell’operazione sul territorio, insieme al candidato presidente del VII Municipio (San Giovanni e Tuscolano, ove insiste giustappunto Cinecittà) della sua stessa lista, Mario Musumeci. Si ricordi che Berdini (72 anni, apprezzato urbanista e qualificato saggista), è stato Assessore all’Urbanistica di Roma della Giunta guidata da Virginia Raggi, che ha lasciato poi in aperta polemica… In effetti, nel Settimo Municipio, l’impatto del “Recovery Plan” sarà potenzialmente più clamoroso del resto della città: in effetti, il Pnrr prevede ingenti stanziamenti per l’ampliamento (con consumo di suolo ulteriore: investimento pubblico socialmente utile o speculazione immobiliare?) ed il potenziamento e il rilancio degli “studios”. L’intervento che – senza dubbi – inciderà notevolmente sugli assetti urbanistici ed economici del territorio…
Nessuna pubblica evidenza del “piano industriale” della futura Cinecittà: qualche dettaglio, non su carta, è emerso in occasione di un incontro organizzato durante il Festival di Venezia da Cinecittà stessa. Sull’argomento, si segnala in effetti l’ultima sortita del Ministro Dario Franceschini: in quel del Festival di Venezia, il 2 settembre 2021 è intervenuto al panel “Il ruolo degli Studios nel nuovo mercato audiovisivo globale” (clicca qui, per la videoregistrazione, non proprio agevole da rintracciare, sul sito web di “Italian Pavillion”, promosso da Mic e Maeci, Cinecittà, Anica, Ita, Maeci) Il titolare del Mic ha ricordato, una volta ancora, che “nel Pnrr sono previsti 300 milioni di euro, che serviranno per trasformarla. Sia dal punto di vista strutturale, attraverso l’operazione con Cassa Depositi e Prestiti, che ne aumenta il suo volume con altri 40 ettari confinanti, sia da quello tecnologico. Poi ci sarà il collegamento con il Centro Sperimentale di Cinematografia, quindi con la formazione, e la nuova governance, che ringrazio ancora per aver accettato questo impegno. Uno sviluppo dell’area che sarà tutto in chiave di sostenibilità ambientale, uno dei criteri che verranno sempre di più valutati anche dall’industria cinematografica nella scelta di dove fare un film”.
In quel di Venezia, è emerso qualcosa di più preciso: un piano di riqualificazione che riguarda un totale di 10 nuovi palchi acustici ovvero “sound stages” (5 nuovi e 5 completamente rinnovati), oltre ad altri 8 teatri di posa e sale di ripresa da realizzare in una nuova area di 30 ettari (quasi) adiacente al piano esistente di Cinecittà (di proprietà Cdp), che raddoppierà la sua attuale area. Le nuove strutture per le riprese includono pareti a led per la costruzione di set virtuali (“virtual green studios”) a 360 gradi e palchi subacquei all’avanguardia… Queste informazioni trapelano da un video promozionale, che mostra alcune prospettive del “Piano 2021-2026” per gli Studi di Cinecittà, presentato in occasione del convegno, promo che mostra l’edificazione di nuovi teatri di posa e “sound stage”, di spazi innovativi dedicati alla “Virtual Reality”, così come alla formazione…
Al panel (moderato da Sarah Varetto, Evp Comms, Inclusion and Bigger Picture Sky Italia) hanno preso parte, anche loro simpaticamente entusiasti, sia Andrea Scrosati, Coo di Fremantle (e già boss di Sky Italia), Matteo Rovere, regista e produttore Groenlandia, e Stan McCoy, President and Managing Director Mpa Emea (la storica associazione dei produttori statunitensi).
Intanto, dei 300 milioni di euro, arrivano a Cinecittà per il 2021 i primi 34 milioni di euro
Si ricorda che, dei 300 milioni del “Recovery”, si prevede che 159,2 milioni di euro vadano al “Distretto Cinecittà”, 99,8 milioni di euro per l’allargamento degli studi, 40 milioni di euro al Centro Sperimentale di Cinematografia (Csc)… Più esattamente:
159,3 milioni: costruzione di nuovi studi, recupero degli studi esistenti, investimenti in nuove tecnologie, sistemi e servizi digitali…
99,9 milioni: costruzione di 6 nuovi teatri ad alta tecnologia con allegati, servizi e relativi sistemi e strade su un’area di 473mila mq…
32,2 milioni: miglioramento delle attività di produzione e formazione del Csc e potenziamento dell’archivio cinematografico nazionale…
8,6 milioni: sviluppo e attuazione della strategia nazionale per la formazione audiovisiva…
Nel progetto, è previsto – tra l’altro – anche un non meglio precisato “campus” denominato Cinecittà Academy: naturale domandarsi se interagirà con la Anica Academy (diretta da Francesca Medolago Albani) che proprio in questi giorni ha avviato i propri corsi…
Si ricordi che poco più di un mese fa, il 13 agosto, l’Unione Europea ha trasferito all’Italia una prima tranche di risorse: fondi per 24,9 miliardi di euro per sostenere i primi 106 progetti previsti nel “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”. La Missione 1 “Turismo e Cultura 4.0” ha ricevuto ben 436 milioni di euro (pari al 6,5 % del totale) per il finanziamento di 11 progetti, identificati come trainanti. Così scriveva il Ministro Dario Franceschini, nel documento di approfondimento alla Missione “Turismo e Cultura 4.0” prevista nel Pnrr: “la cultura e il turismo nella politica nazionale avranno un ruolo fondamentale, in quanto se ne evidenziano gli effetti non solo sull’economia, ma anche su altri settori come la salute, l’istruzione, l’inclusione e la rigenerazione urbana”.
Tra questi una parte del budget destinato a Cinecittà, ovvero 34 milioni di euro: una somma sufficiente, senza dubbio, per avviare i cantieri.
Insomma, in relazione a quel che è già noto, però, quasi nulla di “valore aggiunto” nelle ultime settimane, almeno a livello informativo-documentativo, rispetto a quel che (non) si sa ormai da mesi (si rimanda al nostro intervento su “Key4biz” del 25 giugno 2021, “Raggi di luce nell’oscurità, segnali di trasparenza da Cinecittà e Rai”).
La domanda – “perché tutto questo mistero?” – resta senza risposte ragionevoli…
Torneremo presto sull’argomento, per cercare di fare luce nelle nebbie di Viale Mazzini e di Via Tuscolana.