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L’insieme delle tasse italiane è cresciuto del 3,16% dal 2010
La Camera il 24 aprile 2024 ha approvato la risoluzione di maggioranza sul Def con 197 voti a favore, 126 voti contrari e 3 astenuti. I tagli alle tasse, primi tra tutti quelli sulle imposte che si applicano sugli stipendi e sul reddito complessivo, sono (al momento) prorogati solo per il 2024. Il documento di economia e finanza, quindi, non dice nulla su come cambierà la pressione fiscale nel 2025.
La ragione di questo “congelamento” del Def è la riforma fiscale dell’Unione Europea, approvata dall’Eurocamera il 23 aprile 2024. Insomma il governo Meloni decide di prendere tempo in attesa di recepire le nuove direttive di governance fiscale dell’Ue. Tuttavia per l’opposizione la scelta dell’esecutivo di omettere dal Def le politiche fiscali dei prossimi anni sarebbe la prova che il governo in carica non avrebbe un piano economico concreto per il futuro Ma negli ultimi anni la pressione fiscale in Italia è aumentato o diminuita?
Carico fiscale, la diminuzione nel breve periodo c’è stata: -0,2%
Dal 2020 la pressione fiscale in Italia è diminuita (di poco), dal 2010 invece il totale delle tasse italiane in rapporto al Pil è cresciuto del 3,16%. Nel 2023 l’ammontare totale delle tasse in rapporto al Pil è stato del 42,5%, lo stesso valore dell’anno precedente. Rispetto al 2020 invece il carico fiscale è diminuito di 0,2 punti percentuali.
Come si vede dal grafico in apertura, oggi si pagano meno tasse rispetto al record raggiunto dalla tassazione complessiva nel 2013, anno in cui la pressione fiscale è stata la più alta degli ultimi dieci anni arrivando al 43,4% del Pil. Se invece confrontiamo il carico fiscale del 2023 con quello del 2018, anno in cui la pressione fiscale in Italia ha toccato il punto più basso, notiamo che oggi l’ammontare complessivo delle entrate fiscali in rapporto al Pil è superiore di 0,8 punti percentuali.
Imposta sul reddito, in due anni è diminuita dello 0,9%
Interessante anche vedere qual è la tassa che, in percentuale, pesa di più in rapporto al Pil e quali sono le tasse italiane che dal 2010 sono aumentate o diminuite maggiormente, sempre in rapporto al prodotto interno lordo. Nel complesso del sistema fiscale italiano l’imposta sul reddito totale delle persone fisiche è la voce fiscale con il rapporto percentuale più alto rispetto al Pil. Nel 2022 le tasse che si applicano al reddito totale di un individuo sono state pari al 11,6% del Pil, in netto calo rispetto al biennio precedente.
Lo vediamo nel grafico qui in alto, che mostra come il rapporto tra Pil e imposte sul reddito complessivo dei cittadini italiani sia diminuito di 0,9 punti percentuali in due anni. Dal 2010 l’anno che ha visto la maggiore pressione fiscale sul reddito totale è stato il 2020, quando il carico di tasse sul reddito complessivo dei cittadini italiani ha raggiunto il record dell’ultimo decennio, 12,5% sul Pil. Insomma la tassa per eccellenza, quella che colpisce direttamente la ricchezza, è diminuita negli ultimi due anni (in rapporto al Pil) ma è superiore di o,3 punti percentuali rispetto al 2010.
Le accise sono le imposte che sono diminuite maggiormente
Dal 2010 il rapporto tasse-Pil è cresciuto per ogni voce fiscale che compone il sistema tributario italiano, l’unica che mostra una diminuzione marcata rispetto al 2010 è l’imposta sulla fabbricazione e la vendita di prodotti, l’accisa. Guardiamo il grafico qui sopra, dal 2010 l’impatto delle accise sul Pil è cresciuto ogni anno, ha raggiunto il punto più alto nel 2015 ed è rimasto stabile con leggeri aumenti fino al 2019.
Da quest’anno il rapporto delle entrate provenienti dalle accise sul Pil è iniziato a scendere, dal 5,2% del 2019 al 4,1% del 2022: una flessione di 1,1 punti percentuali, la più ampia tra tutte le voci fiscali a carico dei cittadini. Infatti l’esecutivo di Mario Draghi a partire da marzo 2022 ha diminuito le imposte fisse sui carburanti per aiutare i consumatori contro i rincari energetici, il Governo Meloni subentrato a Draghi a ottobre 2022, ha confermato il taglio.
Pressione fiscale, l’Iva è la tassa che è cresciuta di più
L’Iva è l’unica tassa che mostra, nel giro di un anno, il più alto aumento in rapporto al Pil. Come si vede dal grafico qui in alto, il rapporto dell’Iva sul Pil è passato dal 6,6% del 2021 al 7,1% del 2022. Nessun altra tassa ha portato, in cosi poco tempo, a un aumento delle entrate complessive paragonabile a questo.
La ragione dell’exploit dell’Iva è l’obbligo per i commercianti di accettare i pagamenti digitali, introdotto nel 2021. Ad esempio, il fatto di poter pagare con la carta di debito (il bancomat) anche il caffè ha fatto emergere il nero, spesso praticato ai piccoli pagamenti, per questo il rapporto del’Iva rispetto al Pil è cresciuto cosi tanto in cosi poco tempo.
Il caso dei dazi doganali, il primo aumento in un decennio
Dal 2010 al 2021 il rapporto tra le tasse sulle importazioni e il Pil è sempre stato 0,1%, come si vede dal grafico qui sopra. Poi, nel 2021 si verifica un aumento di 0,1 punti percentuali. La ragione è la riforma europea delle tasse doganali, entrata in vigore nell’estate del 2021.
Prima di questa revisione infatti le tasse doganali sui prodotti comprati in Paesi extra Ue si pagavano solo se gli acquisti erano superiori ai 22 euro, ma l’Europa per contrastare la concorrenza dei colossi dell’e-commerce ha deciso di togliere questo tetto minimo.
Chi paga più tasse in Europa
Nel 2022 il rapporto tasse-Pil è variato in modo significativo tra i paesi europei, con le quote più elevate di tasse in percentuale del Pil registrate in Francia con il 47,7%; in Belgio con il 44,8% e Norvegia con il 43,6%. L’Italia, nella classifica europea del carico fiscale, si posizione al sesto posto, dopo Finlandia e Grecia entrambe con il 42,8%.
Come potete vedere dal grafico qui in alto il Paese europeo con la minore pressione fiscale rispetto al Pil è l’Irlanda, Paese che è ultimo in Europa anche per quanto riguarda il rapporto tra tasse ambientali e Pil.
I dati si riferiscono al 2010-2023
Fonte: Eurostat