Francia, la maggioranza dei militanti di estrema sinistra non votera’ per Macron
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – La coalizione di estrema sinistra “La France insoumise” (“La Francia non sottomessa”, ndr”) ha consultato la sua base sulla scelta da fare al secondo turno di ballottaggio delle elezioni presidenziali francesi ed e’ una doccia fredda per Emmanuel Macron, il candidato indipendente di centrosinistra che domenica prossima 7 maggio affrontera’ al ballottaggio la candidata del Front national di estrema destra, Marine Le Pen: e’ questo oggi il principale sviluppo della campagna elettorale in Francia, a cui tutti i giornali dedicano grande spazio; il quotidiano progressista “Le Monde”, in particolare, da’ conto nel dettaglio del risultato della consultazione online pubblicato ieri sera martedi’ 2 maggio. La piattaforma internet della “France insoumise” aveva invitato i suoi circa 430 mila iscritti a scegliere fra tre opzioni: scheda bianca o nulla, astensione oppure voto a favore di Macron. Oltre la meta’ hanno partecipato e il 36,12 per cento ha indicato di preferire la scheda bianca o nulla e il 29,05 e’ in favore dell’astensione; solo il 34,83 per cento dei militanti di estrema sinistra si e’ detto invece pronto a votare per Macron. La coalizione di estrema sinistra con un comunicato ha anche voluto precisare che lo scopo della consultazione online non era quello di “determinare una consegna di voto per il ballottaggio”, ma solo di “dare voce alle scelte” dei propri militanti. Del resto lo stesso Jean-Luc Me’lenchon, il candidato presidenziale della “France insoumise” che al primo turno di domenica 23 aprile ha raccolto il 19,58 per cento delle preferenze, pur dicendo che un voto per Marine Le Pen sarebbe “un terribile errore” aveva in ogni caso rifiutato di dare alcuna indicazione di voto ai suoi elettori, suscitando un uragano di critiche nella sinistra francese. Nei giorni scorsi Me’lenchon ha pero’ chiesto a Macron un “gesto” nei confronti degli elettori di estrema sinistra: ma il candidato del nuovo movimento “En Marche!” (“In Marcia!”, ndr) ne ha respinto l’appello. Macron, che si presenta con un programma social-liberale di centrosinistra, in particolare ha rifiutato di abbandonare la riforma del Codice del lavoro che se eletto intende applicare per decreto; tuttavia ha promesso che le sue riforme terranno conto “degli inquieti, dei perdenti, di coloro che oggi non hanno voce”. d’altro canto il risultato della consultazione online sta gia’ creando dissapori nella coalizione di estrema sinistra: il Partito comunista francese (Pcf), che ne fa parte, ha espresso il proprio disappunto per bocca del segretario della sezione parigina, Igor Zamichiei: “E’ una cattiva notizia”, ha detto, di fronte al rischio che Marine Le Pen arrivi al potere.
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Germania-Russia, il cancelliere Merkel incontra il presidente russo Putin a Sochi
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – Il cancelliere tedesco Angela Merkel si e’ recato in visita ufficiale ieri a Sochi, dove ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin. L’incontro, il 25 esimo ufficiale tra i due leader, e’ servito soprattutto a fare il punto della crisi siriana e delle relazioni tra Mosca e l’Unione europea. “Siamo in costante comunicazione”, ha detto Putin riferendosi alle conversazioni telefoniche con il cancelliere. Quest’ultima ha ribadito che la crisi ucraina e il rispetto degli accordi di Minsk sono la chiave per il recupero delle relazioni tra la Russia e i paesi Ue. Merkel ha espressamente chiesto a Putin di intervenire sui separatisti del Donbass per garantire il rispetto del cessate il fuoco nell’Est ucraino. “Solo il rispetto dell’accordo di Minsk puo’ portare alla revoca delle sanzioni”, ha detto Merkel, che ha preso atto della divergenza di posizioni: “Siamo di diverso parere riguardo le cause del conflitto. Nonostante cio’ abbiamo raggiunto un punto fermo per evitare un’ulteriore escalation”. Per quanto riguarda la Siria, i due interlocutori hanno concordato in merito all’esigenza di coinvolgere gli Usa nel processo di pace, ma Putin e il presidente statunitense Donald Trump non hanno ancora avuto modo di confrontarsi di persona in merito alla questione: l’occasione dovrebbe giungere all’inizio di luglio, in occasione del summit del G20 ad Amburgo. Merkel ha commentato le presunte interferenze russe nei processi elettorali dei paesi occidentali: “Non sono una persona che si fa intimorire”, ha detto il cancelliere tedesco. Putin, pero’, ha ribaltato le accuse: “La Russia non interferisce nei processi politici interni di altri paesi, e subisce anzi essa stessa tentativi di questo tipo. Gradiremmo che nessuno interferisca nella nostra vita politica e nella vita politica interna. Sfortunatamente – ha detto Putin – stiamo assistendo all’opposto: da molti anni riscontriamo tentativi di influenzare i processi politici nazionali in Russia, sia diretti, sia attraverso le cosiddette organizzazioni non governative”. Merkel e Putin hanno anche sottolineato l’importanza delle relazioni commerciali tra i rispettivi paesi, pur nel contesto delle sanzioni europee alla Russia. In particolare, ha sottolineato Putin, Berlino dipende da Mosca per un terzo del suo fabbisogno di gas naturale.
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La Commissione europea alza il “conto” della Brexit a cento miliardi di euro
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – L’Unione Europea, secondo un’analisi del “Financial Times” basata sulle richieste di alcuni paesi membri, ha corretto al rialzo, a cento miliardi di euro, la somma che intende chiedere al Regno Unito nel negoziato sulla Brexit per saldare i suoi conti. I negoziatori della Commissione, sollecitati da diversi Stati, in particolare Francia e Germania, hanno rivisto i loro calcoli iniziali, di circa sessanta miliardi, aggiungendovi fondi per l’agricoltura e spese amministrative per il 2019 e 2020. Per il quotidiano la revisione riflette un inasprimento delle posizioni dei paesi membri, tra i quali inizialmente c’erano perplessita’ sui rischi politici di un divorzio costoso per Londra e che ora, invece, sembrano dare priorita’ a come colmare il buco di bilancio che l’uscita della Gran Bretagna creera’. Parigi e Varsavia, in particolare, hanno spinto per l’inclusione dei pagamenti agricoli post Brexit mentre Berlino e’ contraria a cedere allo Stato uscente una quota dei beni dell’Ue. Le stime sono molto variabili in considerazione della ripartizione dei contributi e del tipo di passivita’ previste; fonti diplomatiche considerano tale flessibilita’ utile al raggiungimento di un’intesa. La questione, tuttavia, si presenta come uno dei principali ostacoli. Nell’incontro privato della scorsa settimana col presidente della Commissione, Jean-Claude Junckker, la premier britannica, Theresa May, ha respinto l’idea di un conto di uscita sostenendo che le condizioni finanziarie sono legate a un accordo commerciale. Il segretario per l’Uscita dall’Ue, David Davis, ha dichiarato che il Regno Unito “non paghera’ cento miliardi di euro”. Il capo negoziatore della Commissione, Michel Barnier, ha finora affermato che i pagamenti non avverranno prima della fine del processo della Brexit e che potrebbero essere sfalsati; oggi dovrebbe fornire maggiori dettagli sul suo mandato negoziale. Il giornale della City, la cui stima precedente era compresa tra 50 e 60 miliardi, arriva a 91-113 miliardi includendo 10-15 miliardi di pagamenti per le aziende agricole, la mancata cessione di quote di beni, ad esempio immobili, e l’anticipo di garanzie e prestiti a paesi come il Portogallo o l’Ucraina, da rimborsare dopo la restituzione. In un decennio circa, con le restituzioni e i rimborsi, l’importo netto scenderebbe a 55-75 miliardi. Le stime sono in linea con quelle dell’istituto Brueghel, di 82-109 miliardi a breve termine e 42-65 a lungo termine.
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Regno Unito, il Partito verde punta al referendum sull’accordo finale sulla Brexit
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – Con un articolo della co-leader, Caroline Lucas, pubblicato sul quotidiano “The Independent”, il Partito verde britannico annuncia il suo nuovo impegno sulla Brexit e l’intenzione di mettere la democrazia al centro del dibattito politico. Il partito riconosce che il referendum sull’appartenenza all’Unione Europea ha dato al governo l’indicazione per avviare un negoziato, ma che non e’ stato una decisione necessariamente irreversibile. “Il referendum e’ stato l’inizio, non la fine del processo democratico, ed e’ giusto che il popolo debba avere voce in capitolo sull’accordo finale con un referendum di ratifica, con l’opzione di restare nell’Ue”, scrive Lucas. “Alla base del piano dei conservatori per la Brexit c’e’ l’ossessione di porre fine alla libera circolazione” delle persone, anche a costo del “caos economico e costituzionale”, accusa l’esponente politica. Lucas sottolinea, inoltre, che la Scozia e l’Irlanda del Nord hanno votato per la permanenza nell’Ue e che i Tory stanno trasformando “un voto di misura per l’uscita nella Brexit piu’ estrema”. La leader verde attacca anche il Labour, principale forza di opposizione, per essersi allineato alla posizione di lasciare il mercato unico e alla speranza infondata di un approccio “a la carte”, escluso dall’Ue. Molte delle promesse della campagna referendaria dell’anno scorso, prosegue Lucas, sono gia’ state smentite; dunque, anche gli elettori, “cosi’ come hanno il diritto di ribaltare le decisioni prese nelle precedenti elezioni, dovrebbero avere la possibilita’ di valutare cio’ che la Brexit significhera’ in pratica e decidere di conseguenza”. Nel proporre un referendum di ratifica, Lucas argomenta che tutti hanno accettato che il Parlamento debba esprimersi; perche’, quindi, non fare esprimere direttamente il popolo? La leader evidenzia la specificita’ della proposta verde, unica nel panorama politico, in cui il Labour “ha firmato un assegno in bianco” ai conservatori per una Brexit “dura” mentre i liberaldemocratici “parlano di Europa ma non di molto altro”, ed esorta gli elettori a non credere a quanti sostengono che la scelta e’ solo tra due opzioni.
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Brexit, Madrid chiede che Gibilterra rinunci ai suoi privilegi
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – A Brexit concluso, Gibilterra dovra’ rinunciare alle condizioni che la rendono “concorrente sleale” nei confronti della confinante Spagna ed entita’ territoriale equiparabile a un “paradiso fiscale”. E’ la richiesta che il governo spagnolo include nelle condizioni da applicare per i negoziati che porteranno all’uscita di Londra dall’Unione europea. Madrid ha in questo senso un vantaggio diplomatico che intende esercitare a fondo, scrive il quotidiano “El Pais” presentando la notizia in apertura dell’edizione online. Approvando le linee guida del negoziato con il Regno Unito, il Consiglio europeo ha accettato infatti anche la clausola secondo cui qualsiasi decisione sul futuro dei rapporti tra Gibilterra e Bruxelles dovra’ essere sottoposto all’approvazione del governo spagnolo. E la segreteria di Stato per i rapporti con l’Ue ha presentato le sue condizioni in un documento acquisito dalla testata. “Gibilterra e’ una questione di Stato” e il regime speciale di cui gode la colonia “e’ una condizione che la Spagna ha dovuto accettare all’epoca, nel 1986, per poter aderire a quella che allora era la Comunita’ europea”. In questi trenta anni, avverte il documento, lo statuto del “Pinon” ha acquisito dei privilegi “ingiustificati”. Madrid ricorda che Gibilterra gode della liberta’ di circolazione dei lavoratori, delle merci, dei servizi e dei capitali ma non fa parte dell’Unione doganale e non e’ sottoposta alla legislazione del Regno Unito: in altre parole “ha sviluppato un regime autonomo estremamente permissivo in materia fiscale, doganale e di registro delle societa’ che in pratico lo ha reso un paradiso fiscale”. Il documento parla anche di altro, riporta l’articolo segnalando che il primo tema che Madrid vuole iscrivere nell’agenda del Brexit e’ quello dei diritti dei cittadini europei residenti nel Regno Unito e di quelli britannici nella Ue. I dati ufficiali, al ribasso rispetto a quelli veri, parlano di 102.000 spagnoli oltre Manica e di 286.000 britannici in Spagna.
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Italia, Grillo d’accordo con Le Pen sull’euro, ma rifiuta di sostenere il Fn
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – Il Movimento 5 stelle ha numerosi punti in comune con il Front national (Fn), che da tempo lo corteggia; ma il fondatore Beppe Grillo rifiuta un suo appoggio pubblico: e’ questa la conclusione di una analisi del quotidiano economico francese “Les Echos”, che oggi mercoledi’ 3 maggio pubblica un ampio dossier in vista del turno di ballottaggio delle elezioni presidenziali che si terra’ in Francia domenica prossima. La candidata Fn Marine Le Pen, infatti, per convincere gli elettori francesi di essere in grado di realizzare il proprio programma euroscettico, nel corso di tutta la campagna elettorale ha cercato alleati al di fuori della Francia: e le sue speranze si sono appuntate particolarmente sull’Italia. Non soltanto verso la Lega nord, il cui leader Matteo Salvini si professa come un fervente ammiratore della Le Pen; ma anche verso il Movimento 5 stelle (M5s), che potrebbe arrivare al potere a Roma vincendo le prossime elezioni parlamentari. Del resto, ricorda il corrispondente da Roma di “Les Echos”, Olivier Tosseri, questo corteggiamento e’ stato confermato e spiegato in un’intervista a Marion Mare’chal-Le Pen, la nuora della leader Fn e astro nascente del partito di estrema destra. In effetti i programmi politici dei due movimenti sono piu’ che compatibili, sull’Europa sono piuttosto simili: e l’articolo li passa in rassegna puntigliosamente. Dunque una vittoria in Francia del Fn rafforzerebbe il M5s in Italia, come scrive “Les Echos” citando il politologo italiano Pietro Salvatori; ma cio’ non vale in senso inverso: “Un aperto sostegno del M5s alla Le Pen e’ impossibile”, afferma Salvatori, perche’ il movimento di Grillo “punta piuttosto ad essere percepito dall’opinione pubblica come indipendente dalla classica opposizione destra/sinistra, e invece il Fn e’ troppo connotato politicamente”.
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Usa, Clinton accusa la Russia e l’Fbi d’averle “soffiato” la presidenza e si proclama parte della “resistenza”
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – L’ex segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha concesso ieri una lunga intervista all’emittente televisiva Cnn, la prima dopo la sua clamorosa sconfitta alle elezioni presidenziali dello scorso novembre. Nei giorni scorsi, Clinton era gia’ riemersa dal suo “isolamento” partecipando ad alcuni eventi pubblici, durante i quali aveva imputato la sua sconfitta al sessismo a suo dire ancora troppo diffuso nell’elettorato Usa. Ieri la Clinton ha proseguito sulla stessa linea, imputando il suo fallimento alle presunte intromissioni degli hacker russi nel processo elettorale statunitense e alle indagini dell’Fbi riguardo la sua gestione irregolare della corrispondenza del dipartimento di Stato. “Se le elezioni si fossero tenute il 27 ottobre, oggi sarei il vostro presidente”, ha detto Clinton alla sua intervistatrice, Christiane Amanpour, che l’ha intervistata nel corso di un evento internazionale sui diritti delle donne a New York. Clinton ha esordito assumendo “piena responsabilita’” per la sconfitta contro Donald Trump. Di fatto, pero’, ha fatto il contrario, rifiutando di ammettere che il suo messaggio, la sua campagna o il suo profilo politico fossero in qualche modo fallati. L’ex segretario di Stato ha preferito invece additare una serie di fattori esterni, inclusa la misoginia degli elettori statunitensi e le “false equivalenze” dei media. A negarle la presidenza, ha affermato l’esponente del Partito democratico, e’ stata in particolare la pubblicazione da parte di Wikileaks delle email di John Podesta, presidente della sua campagna elettorale e figura di primo piano del partito, e la decisione del direttore dell’Fbi, James Comey, di riaprire l’indagine sulle e-mail del dipartimento di Stato a pochi giorni dal voto. Alla richiesta dell’intervistatrice di una ammissione di responsabilita’ personale, Clinton ha replicando promuovendo il suo prossimo libro: “Leggerete le mie confessioni e la mia richiesta di assoluzione nel mio prossimo libro”, ha spiegato Clinton, che poi e’ partita all’attacco del presidente in carica, accusandolo di non riuscire a gestire l’onere del suo incarico e di dilettantismo nella gestione di questioni quali l’assistenza sanitaria e il nucleare nordcoreano. Quanto al suo futuro politico, Clinton si e’ proclamata “una cittadina attivista” e “parte della resistenza” al presidente in carica: parole che di fatto confermano il suo rifiuto di riconoscere la legittimita’ delle elezioni dello scorso novembre.
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Usa, la riforma della sanita’ “ostaggio” dei centristi repubblicani
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – Il fallimento del primo tentativo di riforma dell’Affordable Care Act (“Obamacare”) da parte della leadership repubblicana alla Camera Usa e della Casa Bianca, infrantosi contro le resistenze dell’ala conservatrice della maggioranza, aveva spinto i media e la stessa Casa Bianca a ritenere proprio i conservatori del “Freedom Caucus” il principale ostacolo all’attuazione dell’agenda presidenziale. Le ultime settimane hanno dimostrato il contrario: i centristi del Partito repubblicano non sono mai stati piu’ influenti all’interno del Congresso, e le loro sponde alla compattissima minoranza democratica – ad esempio la scorsa settimana, per evitare lo “shudown” del governo federale per eccesso di indebitamento – costituiscono un ostacolo apparentemente insormontabile per il presidente e la sua agenda. A provarlo e’ proprio il nodo della riforma sanitaria: il presidente Donald Trump ha impegnato settimane in estenuanti negoziati e concessioni per convincere i deputati conservatori ad appoggiare la riforma che dovrebbe rimpiazzare l’Obamacare; quegli sforzi sono stati vanificati in appena 24 ore da un deputato repubblicano del Michigan, Fred Upton, che ieri ha apertamente contestato le modifiche marginali apportare al progetto di riforma negli ultimi giorni. La maggioranza repubblicana alla Camera, che ri-calendarizzato il voto della riforma, non puo’ scontare piu’ di 22 defezioni, pena un ennesimo, disastroso fallimento politico sul fronte cruciale della sanita’. La presa di posizione di Upton, pero’, da’ copertura a numerosi “moderati” del partito che avevano espresso malumore nelle ultime settimane, spesso per ragioni di opportunita’ elettoralistica: molti degli obiettori dell’ultimo minuto, infatti, sono deputati repubblicani che dovranno lottare per la riconferma alle elezioni di medio termine del 2018; i deputati temono che la proposta di riforma della sanita’ promossa dal presidente possa effettivamente privare milioni di cittadini della copertura assicurativa, come sostenuto il mese scorso dall’Ufficio di bilancio del congresso. Se cosi’ fosse, a subire le ripercussioni elettorali immediate della riforma sarebbero proprio quei deputati, che al rischio di perdere il loro scranno parlamentare preferiscono dunque sacrificare l’agenda della Casa Bianca, e la credibilita’ del loro partito. Trump, che sino ad oggi ha ceduto alle sollecitazioni al dialogo dei suoi consiglieri, pare sempre piu’ propenso ad andare allo scontro diretto coi suoi avversari interni tra cinque mesi, quando il rischio di arresto delle attivita’ di governo per eccesso di spesa tornera’ a incombere su Washington.
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Germania, proseguono le polemiche sugli scandali nelle Forze armate
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – La procura federale a Karlsruhe ha assunto la direzione delle indagini a carico dell’ufficiale delle Forze armate Franco A., accusato di aver pianificato un atto terroristico. Il militare e’ sospettato di far parte parte di una piccola cellula di estremisti di destra, secondo informazioni della “Redaktionsnetzwerk Deutschland” (Rnd). Un briefing e’ stato convocato dal ministero della Difesa. In un rapporto di 25 pagine si parla di furto d’armi, e di affissione sulle pareti di proprieta’ delle Fa di simboli incostituzionali. Dopo le critiche del fine settimana da parte del ministro Ursula von der Layen (Cdu) ai vertici militari, il clima ai vertici della Difesa e’ di alta tensione: Rainer Arnold, portavoce della politica della Difesa del gruppo parlamentare dell’Spd, ha puntato l’indice contro le “generalizzazioni” del ministro e le ha chiesto di porgere le proprie scuse per le dure parole rivolte alle Forze armate. Il commissario dell’Spd, Hans-Peter Bartels, ha messo invece in discussione la carica stessa del ministro: “Se la signora von der Leyen afferma ci sia un problema di leadership nelle Forze armate ne prendiamo atto, salvo naturalmente sottolineare che la leadership inizia al vertice della catena militare”. Von der Layen ha annullato la visita negli Stati Uniti originariamente in programma per oggi, durante la quale avrebbe dovuto incontrare il segretario alla Difesa Jim Mattis; il ministro si rechera’ invece a Illkirch, in Francia – dove era di stanza il militare francese arrestato – assieme all’Ispettore Generale Volker Wieker. Per domani e’ prevista una riunione dei vertici militari a Berlino per discutere delle conseguenze dei recenti casi che hanno minato l’immagine delle Forze armate, a partire da quelli di molestie e nonnismo in diverse caserme. Franco A. era gia’ noto agli organi di vigilanza militari dal 2014 per le sue tendenze di destra, ed era stato posto sotto controllo dal Mad, il servizio di controspionaggio militare. Ciononostante, il militare era comunque riuscito a spacciarsi per un rifugiato siriano di origini francesi in Baviera, ottenendo un sussidio e un alloggio dallo Stato. Von del Layen aveva duramente criticato la leadership militare nel fine settimana durante una trasmissione della “Zdf”, parlando di un “problema di atteggiamento” e di “un erroneo spirito di corpo”.
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Brasile, nuova pagina nei processi sulla corruzione: revocato il carcere preventivo all’ex ministro
03 mag 10:53 – (Agenzia Nova) – Il Supremo Tribunal Federal brasiliano (Stf) ha preso ieri una decisione che sembra destinata ad incidere sulla stagione dei processi per corruzione aperti dalla nota inchiesta “Lava Jato”. L’alta corte ha deciso di concedere la liberta’ all’ex ministro Jose’ Dirceu, sottoposto a carcerazione preventiva dal 2015. Dirceu e’ gia’ stato condannato in primo grado in due processi per una pena complessiva che supera i 32 anni, ma – al pari di altri grandi inquisiti – aveva avanzato la richiesta di habeas corpus generando attesa in una opinione pubblica sempre piu’ coinvolta nella cronaca giudiziaria. gia’ figura di primo piano del governo di Inacio Luis Lula da Silva, Dirceu era stato condannato da Sergio Moro, autentica star della task force di magistrati che hanno affondato le mani nella complessa trama di corruzione ai piu’ alti livelli della politica e dell’imprenditoria. L’Stf, unica autorita’ sinora deputata a governare l’andamento dei processi che riguardano le piu’ alte cariche dello Stato, ha deciso con una risicata maggiorana, 3 a 2, e l’accusa non l’ha presa bene. Il procuratore Deltan Dallagnol ha pubblicato su facebook un testo in cui esprime “frustrazione” per la fiducia posta nella giustizia. La prigione preventiva, scrive, “e’ un rimedio amaro ma necessario per proteggere la societa’” contro le recidive o nuove infrazioni. In gioco, non c’e’ solo la sorte di Dirceu. Nelle ultime settimane il Supremo ha deciso di rilasciare anche il noto imprenditore Eike Batista, l’ex tesoriere del Partido progressista Joao Cla’udio Genu, il potente allevatore Jose’ Carlos Bumlai, considerato vicino all’ex presidente Lula. E cresce l’attesa per le decisioni su altri casi scottanti, su tutti quello di Eduardo Cunha, ex presidente della Camera. I media sottolineano che se non dovesse tornare in liberta’, aumenterebbero i motivi di una sua collaborazione con la giustizia. E le testimonianze di Cunha, gia’ figura chiave per l’impeachment contro l’ex presidente Dilma Rousseff, potrebbero lambire anche il nome dell’attuale capo di Stato Michel Temer.
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