La Cassa Depositi e Prestiti soggetto aggregatore delle torri di trasmissione Tv e Tlc del Paese? È senza dubbio una strada percorribile se si vuole mantenere le infrastrutture strategiche sotto il controllo pubblico.
Sembra questa la lettura più plausibile delle dichiarazioni del sottosegretario Antonello Giacomelli che ieri in riferimento alla possibile creazione di un ‘campione nazionale delle torri’ ha precisato che “le infrastrutture di comunicazione strategiche” devono essere “di proprietà pubblica o a controllo pubblico, a garanzia della concorrenza, del mercato e della libera iniziativa. A maggior ragione nel settore delle torri, dove seguiamo con attenzione quello che sta avvenendo”.
Un messaggio che però, se letto nel contesto della vendita del 45% di Inwit – società che gestisce le torri di trasmissione di Telecom Italia – resta molto ambiguo. Le parole di Giacomelli possono essere lette da un lato come un invito alla Cassa Depositi e Prestiti ad assumere un ruolo come soggetto aggregatore, ma anche, dall’altro, come una sveglia all’indirizzo di Rai Way, che rischia di essere tagliata fuori da qualsiasi aggregazione emerga dall’operazione.
Ma il messaggio a chi è veramente diretto? E perchè, se nella partita non c’è alcun soggetto pubblico? Perchè, insomma, entrare a gamba tesa in una partita tra aziende private e in un settore che, in tutto il mondo, è gestito dalle regole del mercato, proprio in virtù delle importanti sinergie che derivano dalla concentrazione delle torri sotto pochi operatori?
Il successo delle quotazioni di Rai Way e Inwit – in fase di collocamento, la prima ha raccolto 244,85 milioni di euro, con una capitalizzazione pari a circa 802,4 milioni mentre per Telecom il ricavo è stato di 875,3 milioni di euro – dimostra che le opportunità di business sono importanti e le sinergie anche tra torri di settori diversi, sono evidenti. Se così non fosse non si spiegherebbe l’interesse di Ei Towers, controllata Mediaset, a entrare nel capitale di Inwit. La società tra l’altro ha offerto 5 euro per azione contro i 3,75 euro del prezzo d’Ipo, pronta a pagare circa 850 milioni di euro per il 29% di Inwit.
Mediaset, dal canto suo, a febbraio dello scorso anno aveva tentato la scalata a RaiWay mettendo sul piatto 1,22 miliardi di euro, e non ha mai nascosto l’obiettivo di creare un operatore unico delle torri in Italia che, così come già avvenuto in altri Paesi europei, possa gestire meglio il mercato e la concorrenza estera. Il gruppo di Cologno Monzese dovette scontrarsi col niet del Ministero dell’Economia e della Rai e successivamente della Consob e dell’Antitrust, ma il consigliere Gina Nieri aveva già da allora sottolineato che “un operatore unico in termini industriali ha un fondamento e crea valore, quindi prima o poi ci si arriverà“.
Nella partita per l’acquisizione di Inwit, che dovrebbe concludersi a inizio estate, comunque, la CDP si muove in tandem con Cellnex: la società spagnola (ex Abertis) che già ha acquistato le torri di Wind e di Atlantia, ha presentato un’offerta insieme al fondo F2i, di cui la Cassa Depositi e Prestiti è azionista con una quota vicina al 16%.
L’offerta, sull’intero pacchetto del 45% messo in vendita da Telecom, è inferiore di circa 300 milioni di euro rispetto a quella della controllata Mediaset. Ma si tratta ancora di offerte non vincolanti: quelle che conteranno davvero sono quelle che arriveranno entro metà marzo dopo l’accesso alla data room.