Ci sono anche il piano Italia 1 Giga e Italia 5G fra i progetti con i fondi del PNRR in ritardo sul tabellino di marcia elencati nella Relazione del ministro degli Affari Ue, Coesione, Sud e PNRR Raffaele Fitto.
Al netto della recente polemica con la Corte dei Conti, che aveva messo nel mirino le lungaggini e i ritardi dell’attuazione del piano PNRR da parte del Governo (che ha reagito in modo piccato alle critiche), è lo stesso ministro responsabile a certificare nero su bianco le difficoltà di attuazione del piano. Si ricorda che la gara per il progetto “Italia a 1 Giga” ha avuto un valore di 3,8 miliardi, a fronte del “piano 5G Italia” da 2 miliardi.
Squilibri e domanda assente
Dalla relazione del ministro Fitto emerge che per il piano Italia 5G pesano lo squilibrio fra offerta e domanda, investimenti non attrattivi, impreparazione del tessuto produttivo. Vi sono anche difficoltà normative, amministrative e gestionali ecc. Sarebbe auspicabile una ridefinizione del CID e degli OA (errori, rimodulazione target, indicatori per rendicontazione ecc).
Il Council Implementing Decision gli Operational Arrangements sono l’ossatura vera e propria del piano, e per modificarli serve un lungo negoziato con le strutture tecniche della Commissione europea che non è ancora nemmeno partito, visto che il governo presenterà in un unico “pacchetto organico” sia le richieste di modifica sia i nuovi progetti su cui intende dirottare i fondi delle misure considerate irrealizzabili nei tempi previsti (la scadenza finale è il 31 agosto).
Bandi non attrattivi
Problemi simili pesano sul progetto ‘Italia a 1 Giga’: bandi non attrattivi, squilibrio fra domanda e offerta, impreparazione del tessuto produttivo. E ancora, difficoltà normative, amministrative e gestionali ecc.
In generale, i progetti a rischio, che necessitano di revisioni o modifiche, impiegano in totale fondi per quasi 30 miliardi. Quelli che viaggiano a rilento e potrebbero in prospettiva avere le stesse difficoltà sommano ad altri 48 miliardi. Se si considera che l’intero Piano di ripresa e resilienza vale 190 miliardi fino al 2026 si capisce che circa il 40% dei fondi è vincolato a misure che, in tutto o in parte, non stanno procedendo come previsto.