La ripresa economica e sociale auspicata nella definizione del PNRR sollecita alcune riflessioni sul tema ‘transizione digitale’ e segnatamente sui servizi digitali erogati dalle pubbliche amministrazioni.
Per intendere il tema, va rilevato che le infrastrutture di rete e il supporto elaborativo tecnologico (leggasi CLOUD) sono condizioni utili, in parte necessarie, ma non sufficienti.
Infatti, come da tempo ho segnalato, la migrazione in cloud non comporta alcun automatismo tecnologico in ordine all’omologazione strutturale dei servizi (basi di dati, procedimenti amministrativi informatizzati, servizi digitali innovativi).
I servizi digitali di cui parliamo non sono quelli rilasciati dalle piattaforme cloud e high tech in genere.
Parliamo dei procedimenti amministrativi informatizzati che ciascuna amministrazione a livello nazionale e locale deve erogare per norma, quelli, per intenderci, che erano in parte elencati nelle storiche Carte dei servizi, ora scomparse dai siti web delle amministrazioni e sostituite da generici riferimenti a ‘servizi’ o altro.
È poi l’annosa questione della farragine della legislazione e regolamentazione pubblica che anno dopo anno ha affaticato in maniera insopportabile il sistema: nessun governo è riuscito a semplificare tagliando con l’accetta norme di vario livello e integrazione. Né aiuta la dimensione normativa europea che peggiora di molto la semplificazione. Il moltiplicarsi di norme e istituti di controllo UE sull’applicazione delle medesime gonfiano i costi dell’Unione e non restituiscono comportamenti immediatamente esecutivi. Ciò che serve in materia non sono gli storici testi unici a livello nazionale ma lo snellimento dovremmo dire ‘operativo’ delle norme che si accavallano in maniera esponenziale.
Per capire il disagio che la presenza ridotta di servizi amministrativi digitali comporta, omettendo il parziale fallimento dello SPID per inesistenza dei servizi, a parte alcuni in amministrazioni da tempo informatizzate, segnalo un esempio di onerosa difficoltà di servizi digitali destinati al cittadino in ambito sanitario.
Prendiamo il caso della richiesta di una tessera sanitaria smarrita o rubata. Il cosiddetto ‘sistema tessera sanitaria’ ci invita a compilare la domanda on line, presso il portale agenzia delle entrate o il portale del MEF.
Ma, giunti alla fine, con dati da inserire del tutto noti all’anagrafe tributaria, il procedimento online si blocca per … non è dato sapere. Allora proviamo lo SPID. Ma per avere le credenziali attive dello SPID, ed entrare per ottenere la tessera sanitaria, occorre inserire i dati della tessera sanitaria…
Allora, con la riffa della prenotazione giornaliera e del ‘regolapersone’ affannoso online, il cittadino si reca fisicamente all’ufficio e ottiene un documento cartaceo, da ottimi funzionari, che si traduce dopo alcuni giorni nell’invio dell’amata tessera. E qui ora il servizio pare funzionare.
Con questa, il cittadino può chiedere l’assistenza/iscrizione nominativa di un medico di base.
Entra nel portale, compila, invia ma…legge che data la situazione Covid, potrebbe dover attendere a lungo e dovrebbe eventualmente controllare lo spam: ma chi? Il cittadino o l’ufficio?
Naturalmente il medico di base non può attivarsi e il cittadino deve rivolgersi al privato.
Proviamo allora a percorrere una strada diversa, altra amministrazione e procedimento per utilizzare la tessera sanitaria come identificativo per accedere ai vari servizi e…questo è il procedimento richiesto.
Anche ammettendo che il cittadino comune, di varia età e alfabetizzazione digitale comprenda, il procedimento iniziale si articola magicamente in cinque altri procedimenti che, a loro volta, si sottoarticolano. Certo, serve il lettore di Smart Card, non lo sapevi e il PIN, l’hai conservato? Ma, soprattutto, come attivo la tessera sanitaria?
Qui ci fermiamo, per buona pace di un sistema tormentato dal disastro pandemico e tuttavia ricco di professionalità e buona volontà.
Si tratta di comprendere come siano nati i cosiddetti ‘servizi digitali amministrativi’ che nel tempo sono o non sono stati realizzati, nonostante l’importante spesa pubblica del settore.
Suggeriamo che, come a suo tempo fece l’allora e attuale Ministro della Funzione pubblica, chiedendo di azzerare la miriade di siti e portali fatti con i piedi, mi pare nel 2010, voglia procedere oggi a una sana rivisitazione delle policy dei servizi digitali, ovviamente diversificate sul territorio nazionale, nel rispetto delle competenze locali ma con riferimento alle comuni norme nazionali.
I servizi digitali sono la vera essenza della digitalizzazione e lo spreco negli anni di risorse umane ed economiche non può essere coperto e risolto oggi da interventi di funzione infrastrutturale, pur utili ma di scopo e natura diversa.
La digitalizzazione non si misura sull’uso di Internet o sul possesso di cellulari e tablet da parte di masse di utenti alienati nel Web.
I servizi digitali amministrativi sono il cuore dello Stato. Mettiamolo a battere.