Acqua

PNRR e acqua: 900 milioni di euro per interventi da realizzare entro il 2026, ma in Italia avanza la siccità

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Inizia il razionamento di acqua in Piemonte e Lombardia. Fiume Po ai minimi storici, mentre siamo nella peggior siccità degli ultimi 70 anni secondo l’Anbi. Il ministero delle Infrastrutture chiude il primo bando per gli interventi di efficienza idrica, ma i fondi del Pnrr sono esigui e di tempo non ne abbiamo più.

La più grave siccità degli ultimi 70 anni

Dopo mesi di temperature di diversi gradi sopra la media stagionale e una siccità che dura dal 2021, anche lì dove di solito piove con una certa frequenza, è accaduto l’inevitabile: iniziano a calare i livelli di fiumi e laghi in tutta Italia, con il Po che ormai registra una portata bassissima, tanto che emergono qua e la reperti storici vecchi di secoli e millenni.

Quella che stiamo vivendo, secondo l’Anbi, l’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, è la peggior siccità degli ultimi 70 anni.

Unendo il fenomeno meteorologico e climatico all’inefficienza drammatica della nostra rete idrica (che va da un 25% di perdite in media al Nord ad un clamoroso 46% al sud, passando per un imbarazzante 70% in località come Frosinone e Latina nel Lazio), ecco che il quadro inizia a prender forma e il pericolo di un progressivo processo di inaridimento/desertificazione del suolo si fa sempre più concreto.

Dai razionamenti all’impatto sull’idroelettrico

È di questi giorni la notizia che Utilitalia, la federazione di aziende che distribuiscono l’acqua potabile, ha già chiesto ai sindaci di 125 Comuni di Piemonte e Lombardia di valutare sospensioni notturne della fornitura idrica.

Tutto questo ha effetti a cascata sull’ambiente e sull’economia nazionale, perché la natura soffre molto e con essa l’agricoltura, lo stress vegetativo è ai massimi, mentre è chiaro che non c’è abbastanza acqua per irrigare i campi coltivati, soprattutto dove l’agricoltura nazionale è più intensiva, proprio attorno al fiume Po.

Ulteriore problema è legato alle temperature dei fiumi e dei laghi troppo alte, anche di +2°C rispetto alla media stagionale, cosa che mette in crisi il settore idroelettrico e le centrali lavorano poco o sono proprio ferme. Stesso discorso per le centrali termoelettriche.

I cambiamenti climatici sono ormai una realtà e non ci possiamo più nascondere di fronte alle nostre debolezze e all’ignavia. Bisogna agire e subito.

Il Mims batte un colpo ma non basta: bisogna ridurre i tempi e servono più investimenti

Il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims) sembra essersi accorto della minaccia portata dalla siccità al nostro Paese, ma leggendo bene il testo del comunicato emerge che i 900 milioni di euro che complessivamente il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha messo a disposizione per tutelare l’acqua e accrescere l’efficienza della rete idrica nazionale serviranno per dare il via a decine di progetti che non saranno realizzati prima del 2026.

Ad oggi, sono 119 le proposte di interventi ricevute dal Ministero e selezionate con il bando chiuso lo scorso 31 maggio. per aumentare l’efficienza delle reti idriche, ridurre le perdite d’acqua e digitalizzare e migliorare il monitoraggio delle reti.

Un secondo bando di 270 milioni di euro si chiuderà il prossimo ottobre.

Ufficialmente, si legge nella nota, “i lavori, per complessivi 900 milioni di euro, devono essere appaltati entro settembre 2023 e realizzati entro marzo 2026, secondo le tempistiche stabilite dal Pnrr. Prosegue a ritmo serrato l’impegno del Mims per l’attuazione del Pnrr, che vede nella tutela e nella valorizzazione delle risorse idriche una delle principali aree di intervento, per potenziare la resilienza dei territori alla crisi climatica, migliorare la qualità della vita delle persone e ridurre le disuguaglianze”.

Le regioni interessate sono 17, per un totale di 3.363 comuni. In particolare, 28 proposte riguardano interventi da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno.

Affermazioni che cozzano sia in termini di risorse assegnate, piuttosto esigue, considerando la gravità della situazione idrica nazionale già rilevata negli anni passati, sia di efficacia nell’intervento, perché se per “ritmo serrato” si intendono 3-4 anni, a fronte di una drammatica siccità già conclamata e reiterata nel tempo, allora la situazione si fa sempre più negativa e preoccupante.

Stringere i tempi degli interventi, il 20% del territorio nazionale a rischio desertificazione

Come per le fonti energetiche rinnovabili, fondamentali per potenziare la nostra indipendenza energetica, per cui è prevista la semplificazione burocratica per l’autorizzazione agli impianti, così bisognerebbe fare per l’infrastruttura idrica e gli interventi previsti.

Basti pensare che le 119 proposte pervenute superano di molto la dotazione del Pnrr, 630 milioni del primo bando contro i 2,1 miliardi di euro di interventi progettuali presentati.

Bisogna fare presto e soprattutto bisogna investire di più in efficienza idrica (i 4 miliardi di euro circa indicativi del Pnrr sono insufficienti), realizzando infrastrutture resilienti e digitalizzate, riducendo a zero gli sprechi, cambiando il nostro modo di gestire questa preziosa risorsa per la vita, nostra e di tutti gli esseri viventi animali e vegetali.

Secondo i dati diffusi dall’agenzia Ansa ad inizio anno, nel nostro paese il 20% del territorio ormai è a rischio desertificazione (ma per le regioni meridionali il rischio salirebbe al 41%).

Le zone più in pericolo sono quelle situate nel meridione, ma non mancano riferimenti anche al settentrione. Secondo le previsioni del World Resources Institute, infine, l’Italia raggiungerà una situazione di stress idrico già entro il 2040.

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