Le Nazioni Unite chiedono un vero impegno contro la plastica
Al mondo oggi si producono più di 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica all’anno. Meno del 10% è riciclato, con il risultato che crescono le discariche legali e illegali, a danno dell’ambiente, della salute di esseri umani e non umani.
Secondo il Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), la quantità di rifiuti di plastica è destinata ad aumentare nel prossimo decennio, poiché le compagnie petrolifere, che spesso producono anche prodotti in plastica derivanti dai combustibili fossili, cercando nuove occasioni di guadagno.
Basti pensar che circa il 98% della plastica monouso, come bottiglie o imballaggi, deriva proprio da combustibili fossili.
Essendo la plastica un prodotto globale, come il suo inquinamento, è a livello mondiale che il problema va affrontato e risolto. Per questo parte oggi a Nairobi, in Kenya, il terzo ciclo di negoziati per arrivare ad un Trattato globale contro l’inquinamento da plastica.
Obiettivo finale è contenere la produzione di plastica, ridurre in generale l’inquinamento e il suo impatto sull’ambiente e la salute degli esseri viventi, tra cui noi.
I fronti globali
L’Unione europea e decine di altri Paesi, tra cui Giappone, Canada e Kenya, hanno chiesto un trattato forte con “disposizioni vincolanti” finalizzate a ridurre la produzione e l’uso di polimeri plastici vergini (derivati da prodotti petrolchimici) e per eliminare o limitare la plastica più difficile da trattare, come il PVC, e più inquinante.
Una posizione che potrebbe favorire la transizione energetica ed ecologica in tutti questi Paesi a cui però si oppongono in maniera decisa i maggiori produttori/esportatori di petrolio e prodotti petrolchimici, tra cui l’Arabia Saudita, che al contrario vogliono che l’utilizzo della plastica non sia limitato in alcun modo.
La stessa proposta di riciclare e riusare la plastica, anche in termini di circolarità industriale, va in questa direzione più conservativa.
Trattative difficili, verso la “bozza zero”
Si lavora di fatto alla produzione di una prima bozza, la “bozza zero” (zero draft) del documento finale, in cui si dovranno elencare tutte le possibili azioni politiche da porre in atto e che alla fine dovranno caratterizzare un trattato giuridicamente vincolante dalla fine del 2024.
I sauditi puntano il dito sul problema della scarsa capacità di gestire i rifiuti di plastica, sostenendo che gran parte dei problemi deriva dall’inefficienza della circolarità industriale.
Gli Stati Uniti sostengono la necessità di far nascere piani nazionali da coordinare con la piattaforma globale di obiettivi concordati tra tutti i membri delle Nazioni Unite.
Sempre sulla circolarità dei rifiuti di plastica insiste anche il Consiglio internazionale delle associazioni dell’industria chimica: “Il trattato dovrebbe concentrarsi sulla fine dell’inquinamento da plastica, non su uno stop della sua produzione”.
Prima di affrontare i punti più sensibili del trattato, tra cui certamente le limitazioni alla produzione di plastica e quindi anche un taglio nell’utilizzo di combustibili fossili, bisognerà comunque superare una miriade di obiezioni procedurali che al momento stanno rallentando e non poco i colloqui.
Le associazioni ambientaliste, da parte loro, vorrebbero invece lasciare indietro le questioni procedurali per concentrarsi di più su quelle sostanziali, quali appunto il taglio della produzione di plastica e il minor ricorso ai combustibili fossili.