Il Paese al mondo che produce più plastica è la Cina, con il 29% del totale nel 2016. Subito dopo si piazza l’Europa, con il 19%, seguita dal Nord America, con il 18%. Sono i dati forniti da PlasticsEurope, l’associazione europea dei produttori di materie plastiche, secondo cui a livello mondiale siamo arrivati a sfiorare le 335 milioni di tonnellate di plastica prodotta nel 2016 (+4% sul 2015).
Nell’anno 2000 non raggiungevamo le 200 milioni di tonnellate.
Ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani del mondo e, ad oggi, si stima che ve ne galleggino più di 150 milioni di tonnellate. Se continuiamo così, si legge in un recente studio del WWF, nei nostri oceani e mari nel 2025 avremo una proporzione di “una tonnellata di plastica per ogni 3 tonnellate di pesce”, mentre nel 2050 avremo, in peso, negli oceani del mondo, più plastica che pesci.
Nel 2016, il CNR ha calcolato che per ogni chilometro quadrato di mare italiano si concentrano fino a 10 chilogrammi di rifiuti di plastica, come nel caso del Tirreno settentrionale, tra Corsica e Sardegna, mentre attorno alla Sardegna, la Sicilia e le coste pugliesi si stimano almeno 2 kg di materiali plastici generici per chilometro quadrato.
Dal 1950 a oggi, abbiamo prodotto 8,3 miliardi di tonnellate di plastica, buttandone in natura circa 6,3 miliardi (e come se ogni abitante della Terra trascinasse con se circa una tonnellata di plastica). Il 79% di questa plastica è finita appunto nelle discariche e in tutti gli ambienti naturali, il 12% è stato incenerito e solo il 9% riciclato.
L’inquinamento da plastica è uno dei più grandi problemi che ci troviamo ad affrontare come specie, ma è anche una sfida enorme che avremo il compito di superare come generazione. Oggi, 5 giugno, in tutto il mondo si celebra la Giornata mondiale dell’ambiente, che per l’edizione 2018 è stata dedicata appunto alla lotta all’inquinamento da plastica (#BeatPlasticPollution).
Tra le tante iniziative c’è quella dell’ENEA, la nostra Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che nei giorni scorsi ha diffuso una piccola guida, dal titolo “Plastica, impariamo a conviverci. Agisci P.U.R.E. tu!”, per migliorare il nostro comportamento a livello individuale e di consumatori, all’insegna di uno stile di vita più ecosostenibile e coscienzioso dei problemi caudati all’ambiente e a noi stessi dalla produzione fuori controllo di prodotti inquinanti.
Sono quattro le azioni quotidiane suggerite per adottare un modello moderno di green life: “Privilegia, Usa, Riduci, Evita” (P.U.R.E.).
Partiamo dal primo punto, “Privilegia”. La prima cosa che dobbiamo fare è imparare a scegliere, acquistare in maniera più consapevole e critica. Ogni nostra scelta lascia un’impronta sull’ambiente e dobbiamo iniziare a ridurla il più possibile, a favore di uno stile di vita più ecosostenibile, a partire dall’utilizzo di materiali (non monouso) che ad esempio non ci sopravvivano (la plastica impiega dai 400 agli 800/900 anni prima di biodegradarsi).
Ad esempio, meglio privilegiare i capi di abbigliamento in fibra naturale che quelli sintetici (per ogni lavaggio in lavatrice si possono scaricare fino a 700 mila microfibre), oppure meglio preferire l’acqua del rubinetto a quella imbottigliata in plastica (per ogni litro di acqua imbottigliata se ne consumano almeno 5 di acqua di processo e si usano 35 g di plastica, pari a 100 cm3 di petrolio, producendo 80 grammi di CO2).
Se vuoi il caffè in cialde privilegia quelle biodegradabili (ce ne sono in commercio), e in generale scegli prodotti con imballaggio (packaging) ridotto, biodegradabile o compostabile, sostituendoli se possibile con prodotti alla spina e ricaricabili.
La seconda mossa, secondo l’ENEA, è nell’“Uso/riuso” dei prodotti, che non deve essere orientato all’“usa e getta”, ma al lungo periodo, quindi si consiglia l’uso di qualcosa e il suo riuso fino a fine vita, ad esempio contenitori di lunga durata, stoviglie riutilizzabili o biodegradabili, shopper bag riutilizzabili, biodegradabili o compostabili.
Fondamentale, in quest’attività, è la lettura delle etichette, su cui generalmente c’è tutta una complessa simbologia relativa al tipo di plastica utilizzata per la produzione del manufatto: ad esempio, il nastro di Moebius (le tre frecce che si rincorrono formando un triangolo) è il simbolo della riciclabilità, mentre i numeri presenti al suo interno (da 1 a 7) indicano il polimero utilizzato secondo un codice prestabilito che, in alcuni casi, è accompagnato anche da sigle.
Subito dopo, bisogna “Ridurre” il nostro consumo. È inutile impegnarsi sui punti uno e due se poi non riduciamo il nostro impatto sull’ambiente. La nostra specie rischia di finire sommersa nella plastica, di ritrovarsela come sostanza organica all’interno del nostro stesso organismo.
La prima cosa da fare, quindi, è comprare meno e consumare meno. Acquistando prodotti alimentari freschi si ha la possibilità di mangiare più sano e nutriente e allo stesso tempo di produrre molti meno scarti, quindi rifiuti.
Non comprando più prodotti alimentari usa e getta, di solito provvisti di un imballaggio eccessivo, si contribuisce alla riduzione sensibile dell’immondizia prodotta ogni giorno.
E si arriva così alla quarta ed ultima mossa di questo vademecum dell’ENEA, “Evitare” di compiere gesti stupidi, primo fra tutti produrre rifiuti ed inquinare. In natura non esiste il concetto di rifiuto, siamo noi ad averlo introdotto (in maniera massiccia e fuori misura subito dopo la Seconda guerra mondiale).
La goccia di petrolio che serve per creare un bicchiere di plastica, che si usa per pochi minuti e poi si accartoccia e si getta nella pattumiera (nel migliore dei casi), impiega 70 milioni di anni a formarsi. Riflettiamo sul fatto che si fabbricano oggetti che si utilizzano per pochi minuti con materiali che durano per sempre.
Ognio giorno usiamo milioni di cotton fioc non biodegradabili e rappresentano il 46% degli oggetti rinvenuti in mare. Lungo le spiagge italiane ne sono stati stimati più di 100 milioni.
Dal primo gennaio 2019 scatterà il divieto di commercializzare in Italia cotton fioc non biodegradabili.
L’Unione europea ha infatti proposto nuove regole che introdurranno il divieto di commercializzare alcuni prodotti di plastica: “laddove esistono alternative facilmente disponibili ed economicamente accessibili, gli oggetti monouso saranno esclusi dal mercato”.
Oltre ai bastoncini per le orecchie a alle cannucce, il divieto si applicherà a posate, piatti, mescolatori per bevande e aste per palloncini, tutti prodotti che dovranno essere fabbricati esclusivamente con materiali sostenibili.