L’OCSE contro la plastica
Oscurato dalla guerra in Ucraina, nei giorni scorsi si è tenuto uno storico incontro delle Nazioni Unite in Kenya, nella capitale Nairobi, con la sottoscrizione da parte di 175 Paesi del mondo di un accordo sulla riduzione della produzione e del consumo di plastica, con l’obiettivo di porre fine a questo terribile tipo di inquinamento.
Si tratta di una risoluzione che intende affrontare, in ogni suo punto critico, l’intero ciclo di vita della plastica. Ora si dovranno portare avanti dei negoziati, ovviamente molto difficili, che forse un giorno porteranno alla firma di un vero e proprio trattato vincolante per tutti.
Al momento, comunque, i Paesi che hanno sottoscritto l’accordo sono tenuti almeno ad avanzare ed implementare piani nazionali di riduzione dei rifiuti in plastica.
Il nuovo Rapporto su produzione, consumo, rifiuti e inquinamento
Proprio nei giorni precedenti il summit africano, l’Ocse ha diffuso in rete un nuovo Rapporto dal titolo “Global plastic outlook”, che ha riassunto lo stato dell’arte di questo materiale, la sua produzione, l’impiego ed il consumo globali, la destinazione in discariche (legali e illegali) o ad altri utilizzi finali.
Il problema, secondo lo studio, è che già oggi al mondo più di 120 Paesi hanno emanato leggi che vietano ad esempio la plastica monouso (o usa e getta), o impongono una tassazione dedicata.
Di seguito il dataset completo a sostegno della ricerca.
Di fatto, però, il consumo di plastica nel mondo è quadruplicato negli ultimi 30 anni, soprattutto grazie all’aumento di domanda proveniente dagli Stati emergenti, e la produzione è raddoppiata negli ultimi 20 anni, raggiungendo 460 milioni di tonnellate.
Dal 2000 al 2019 i rifiuti sono cresciuti a 353 milioni di tonnellate, per il 3,4% delle emissioni di gas serra globali.
I due terzi di questi rifiuti sono generati da materiale plastico con durata inferiore a cinque anni, il 40% dagli imballaggi, il 12% dai beni di consumo, l’11% dal settore della moda e dell’abbigliamento.
Altro grande problema, è che solo il 9% di questi è avviato al riciclo, un altro 19% viene incenerito, il 50% finisce nelle discariche legali e il 22% in quelle illegali, disperdendosi così nell’ambiente e inquinando l’ecosistema.
Rimanendo in ambito di ecosistemi danneggiati da questa terribile forma di inquinamento, l’OCSE ci ha fatto sapere che nel 2019 circa 6,1 milioni di tonnellate di rifiuti sono finite in ambienti acquatici, 1,7 milioni di tonnellate direttamente negli oceani.
Attualmente, ci sono 30 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica in mari e oceani, altri 109 milioni di tonnellate nei fiumi.
Green by design, una possibile via di uscita
A leggere questi numeri si rimane disarmati, anche sfiduciati forse, ma soluzioni al problema comunque vengono avanzate da ogni parte, facendo intendere che è sempre una questione di volontà politica, la società seguirà, con i giusti valori e i comportamenti virtuosi.
Secondo Core77, ridurre l’inquinamento da plastica è possibile anche a partire dalla progettazione di prodotti, by design.
Innovando a partire dalla progettazione significa immaginare un nuovo prodotto, quindi anche nuovi composti e impieghi alternativi, tutte caratteristiche che potrebbero appartenere ad una nuova idea di industria e produzione in cui la plastica conti sempre meno.
Immaginare nuovi prodotti, infine, potrebbe anche favorire un riciclo più consistente e rapido, che implichi un taglio netto al volume di rifiuti che generiamo ogni anno, anche favorendo la nascita di nuovi posti di lavoro in un’economia più circolare.
Parliamo di design sostenibile, o design for sustainability, o semplicemente ecodesign, che parte dalla progettazione di un prodotto, di un sistema o di un processo, per arrivare ad un’economia e un’industria caratterizzate da un impatto ambientale ridotto.
Il concetto di progettazione sostenibile, quindi, intende far leva su principi green per ridurre ad esempio le quantità di risorse necessarie per arrivare ad un prodotto finito, ma anche per potenziare altri aspetti chiave come riuso, manutenzione, riciclo, dematerializzazione del prodotto-servizio, utilizzo di energie rinnovabili e riduzione delle emissioni inquinanti, attraverso la scelta dei materiali giusti, fino all’analisi e alla certificazione.