Trattato mondiale per ridurre l’inquinamento da plastica. A Nairobi più dubbi che certezze
“La plastica danneggia direttamente ciascuno degli 8,1 miliardi di abitanti di questo fragile pianeta, ma i nostri leader hanno scelto, nei fatti, di considerare le aziende petrolchimiche come gli unici portatori d’interesse degni di ascolto”, ha dichiarato Graham Forbes, capo delegazione di Greenpeace ai negoziati che si sono tenuti nella sede del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente a Nairobi, dal 13 al 19 novembre.
Secondo le associazioni ambientaliste di tutto il mondo, la terza sessione del Comitato negoziale internazionale (INC) sull’inquinamento da plastica è finita in un nulla di fatto, o poco più.
Tutto è rimandato al quarto round, previsto per aprile 2024 in Canda, nella speranza che il quinto, calendarizzato per novembre del prossimo anno in Pakistan, sia l’ultimo, quello definitivo di chiusura dei negoziati e di firma del trattato mondiale per iniziare davvero ad agire contro l’inquinamento da rifiuti di plastica.
Per arrivare a questo ambizioso risultato, però, c’è bisogno di affrontare la potente industria dei combustibili fossili, soprattutto quella petrolifera.
Iran, Russia, Arabia Saudita (e USA) hanno volutamente rallentato i negoziati?
E secondo france24.com, un piccolo numero di Paesi ne ha tenuti in pugno poco meno di 170. In particolare, Iran, Russia e Arabia Saudita avrebbero volontariamente rallentato i negoziati, impedendo un confronto serio e deciso sul tema del ruolo dei produttori di petrolio nella produzione di plastica a livello mondiale, con conseguenze responsabilità in termini di inquinamento di acqua, aria e terra.
L’accusa lanciata dalle associazioni ambientaliste a questi Paesi grandi produttori di petrolio, tra cui in realtà ci sono anche gli Stati Uniti, è di aver messo in pratica delle tattiche di sabotaggio dei lavori, soft ma efficaci.
Ad esempio, improvvisamente si è visto aumentare a dismisura il numero delle proposte da inserire nella bozza di trattato (la cosiddetta “bozza zero“), in cui dovrebbero entrare tutte quelle misure che concretamente aiuterebbero nella lotta all’inquinamento da rifiuti di plastica (prodotti derivati dall’industria petrolchimica, ricordiamolo).
Così, invece di veder ridurre il volume di pagine del testo finale, si è assistito al proliferare di queste. Cosa che farà perdere sostanzialmente del tempo ad aprile in Canada, quando i negoziati ripartiranno.
Più coraggio, meno interessi di parte per risolvere il problema plastica
Come ha sottolineato Forbes: “Se vogliamo proteggere il nostro clima, la nostra biodiversità e la nostra salute, dobbiamo ridurre la produzione di plastica almeno del 75% entro il 2040: questo è indiscutibile, ma oltre la metà del tempo a disposizione per i negoziati è già trascorsa e stiamo procedendo verso il fallimento. I governi stanno permettendo agli interessi legati ai combustibili fossili di guidare i negoziati verso un trattato che, senza alcun dubbio, aggraverà la crisi climatica e accelererà un cambiamento climatico incontrollato”.
Sostanzialmente, serve “un livello di coraggio e leadership che non abbiamo ancora visto” da parte dei rappresentanti dei nostri Paesi seduti al tavolo dei negoziati.
L’obiettivo di ridurre l’inquinamento da plastica in tutto il mondo, va di pari passo con quello di tagliare la produzione globale di questo materiale (e a sua volta quella del petrolio). Motivo per cui i Big del fossile stanno rallentando i lavori delle Nazioni Unite.
Iran, Arabia Saudita e Russia si sono detti disponibili a trattare su riuso e riciclo della plastica, ma non sul taglio della produzione. Gli Stati Uniti non si sono esposti allo stesso modo, ma hanno scelto per le loro proposte un linguaggio moderato, considerato troppo ambiguo dagli ambientalisti, del tipo: “bisogna fare qualcosa, ma senza scardinare l’ordine attuale delle cose”.
Se UE e USA non prendono posizione il trattato è a rischio
Se Europa e Stati Uniti non prendono una posizione forte, sarà difficile che ad aprile prossimo si riuscirà ad avere una bozza di trattato accettabile in seno alle Nazioni Unite.
A proposito di Europa. Un una nota ufficiale si legge: “Gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno deciso di procedere con la preparazione di una bozza di testo del trattato prima del prossimo ciclo di negoziati di aprile. Con questo passo, il processo che porta a un accordo globale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, avviato nel marzo 2022, sta entrando in una fase più avanzata. I negoziati sul testo completo potranno iniziare alla prossima riunione dell’INC in Canada nell’aprile 2024”.
“La Commissione europea ha proposto nuove norme per contrastare i rifiuti derivanti dalla plastica e dagli imballaggi in plastica, nonché dalle microplastiche – continua la nota – in linea con il piano d’azione per l’economia circolare dell’UE nell’ambito del Green Deal europeo”.
Nel 2021 ogni persona nell’UE ha generato in media 35,9 kg di rifiuti di imballaggio in plastica. Allo stesso tempo, il tasso di riciclaggio è stato solo del 39,7%. Inoltre, la quantità complessiva di rifiuti di plastica continua ad aumentare vertiginosamente, con una produzione di plastica che dovrebbe triplicare entro il 2060. Tra il 2011 e il 2021, la quantità pro capite di rifiuti di imballaggio in plastica generati nell’UE è aumentata del 26,7%.
Il voto del Parlamento UE sul nuovo regolamento sui rifiuti di imballaggio di plastica. Stop Pfas
Ieri il Parlamento europeo ha adottato la sua posizione sul nuovo regolamento dell’Unione europea in materia di imballaggi, per affrontare l’aumento dei rifiuti e promuovere il riutilizzo e il riciclaggio.
La risoluzione votata contiene obiettivi generali di riduzione dei rifiuti prodotti dagli imballaggi proposti nel regolamento: il 5% entro il 2030, il 10% per il 2035 e il 15% entro il 2040. I deputati hanno suggerito obiettivi specifici e più ambiziosi di riduzione dei rifiuti per gli imballaggi in plastica: 10% entro il 2030, 15% entro il 2035 e 20% entro il 2040.
I deputati vogliono vietare la vendita di sacchetti di plastica molto leggeri (inferiori a 15 micron), a meno che non siano necessari per motivi igienici o forniti come imballaggio primario per alimenti sfusi, per aiutare a prevenire lo spreco di cibo.
Vogliono inoltre limitare fortemente l’uso di alcuni formati di imballaggio monouso, le confezioni in miniatura degli hotel per i prodotti da toilette e le pellicole termoretraibili per le valigie negli aeroporti.
Per prevenire effetti negativi sulla salute, i deputati chiedono di vietare l’uso delle cosiddette “sostanze chimiche per sempre” aggiunte intenzionalmente (sostanze alchiliche per- e polifluorurate o PFAS) e del bisfenolo A negli imballaggi a contatto con gli alimenti.