Di seguito il contributo dell’avvocato Alessandro La Rosa, responsabile del dipartimento di Diritto della proprietà intellettuale dello Studio Previti, intervenuto al Seminario ‘Internet e diritto – Tutela giuridica dell’attività creativa diffusa tramite strumenti informatici e telematici: problematiche e soluzioni dottrinarie e giurisprudenziali‘ il 3 maggio a Roma, organizzato nell’ambito del corso Informatica giuridica del Dipartimento di Giurisprudenza LUISS in collaborazione con l’Istituto Giuridico dello Spettacolo e dell’Informazione e con l’Osservatorio Web e Legalità.
Nell’occasione, La Rosa ha parlato di responsabilità degli intermediari del web.
In questo articolo La Rosa approfondisce la sentenza del Tribunale di Roma del 27 aprile 2016 nel caso RTL Vs Break.com.
Il Tribunale delle Imprese di Roma con la sentenza n. 8437/2016 torna a delineare gli esatti confini della responsabilità civile e risarcitoria degli operatori che agiscono in ambito digitale sfruttando a fini di lucro opere audiovisive altrui. La sentenza interpreta in chiave evolutiva il dato normativo comunitario (art. 16 Direttiva 2000/31/CE), per giungere a riconoscere che la lettera della norma non può ritenersi acriticamente applicabile a tutti gli intermediari che forniscono anche servizi di memorizzazione di dati (“hosting”).
I giudici romani osservano che l’interprete è chiamato a rileggere le norme europee alla luce dello scopo realmente perseguito sia dalla direttiva 2000/31 che dall’insieme delle direttive che espressamente si occupano della tutela della proprietà intellettuale in ambito digitale (direttiva 2001/29/CE e direttiva 2004/48/CE): tutte rivolte a garantire ai titolari di diritti (d’autore) “un alto livello di protezione” (punti 31 e 35 direttiva 2001/29/CE) nonché l’enforcement della tutela autorale.
Ne segue che i c.d. “aggregatori” di contenuti che intervengono sugli stessi – ancorché caricati dagli utenti – non possono essere esentati da responsabilità (anche risarcitoria) nel momento in cui compiono attività di editing sui medesimi materiali (organizzandoli in categorie, selezionandoli, indicizzandoli, mettendoli in correlazione tra loro, collocandoli in specifiche aree del portale) al punto da creare “un prodotto audiovisivo di alta qualità e complessità dotato di una sua precisa e specifica autonomia”; un prodotto audiovisivo quindi autonomo e funzionale allo sviluppo del proprio business commerciale di tipo prevalentemente pubblicitario.
La tesi opposta (sostenuta dalla difesa della piattaforma americana coinvolta) sarebbe “anacronistica ed insostenibile”, in quanto “un sistema così avanzato ed in continua evoluzione è del tutto incompatibile con la figura del semplice hosting”.
Anche tale figura di operatore dovrà però beneficiare del regime di inesigibilità di un obbligo generale di sorveglianza (art. 15 direttiva 2000/31/CE); tuttavia esso non potrà andare esente da responsabilità, ogni qual volta venga messo a conoscenza, da parte del titolare dei diritti lesi, del contenuto illecito delle trasmissioni; momento a partire dal quale il provider dovrà attivarsi spontaneamente per rimuovere lo stesso. E’ sempre la fonte comunitaria a chiarire che il livello di attenzione degli intermediari deve essere compatibile col “dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da loro […] al fine di individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite” (considerando 48). Parimenti la direttiva c.d. enforcement (2004/48/CE) impone un obbligo risarcitorio in capo “a chi sapeva, o avrebbe ragionevolmente dovuto sapere, di violare l’altrui diritto” per l’esistenza di ragionevoli motivi per esserne consapevole (considerando 27 e articolo 13).
La soluzione per il componimento degli interessi confliggenti deve necessariamente passare attraverso una collaborazione effettiva tra i titolari degli interessi contrapposti ispirata ai fondamentali principi di diligenza e ragionevolezza espressamente richiamati dalle direttive europee e dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale.
In linea con le indicazioni dei giudici comunitari, il Tribunale di Roma ha accertato che in presenza di dati identificativi univoci come la denominazione delle opere e la costante presenza dei marchi identificativi delle emissioni televisive in questione il provider “diligente” ben avrebbe potuto identificare i materiali contraffatti. Infatti il considerando 26 della Direttiva 2004/48/CE espressamente attribuisce al titolare dei diritti il diritto di ottenere il risarcimento dei danni nei confronti di “chi sapeva, o avrebbe ragionevolmente dovuto sapere, di violare l’altrui diritto” o di chi è “implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un’attività di violazione” (art. 13 direttiva cit.).
Così, anche la Corte di Giustizia UE nel caso L’Oréal-eBay (C – 324/09) riconosce l’esclusione del regime di limitazione della responsabilità degli ISP laddove sussistano “circostanze in base alle quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l’illiceità”. Dunque nessun limite preventivo alla libertà d’impresa di tutti i player del mercato in questione, purché venga garantito il rispetto dei diritti fondamentali coinvolti.