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Le economie di tutto il mondo stanno rallentando più del previsto. La crescita del Pil mondiale pagherà alla Russia e alla sua “operazione speciale” un tributo di 2.800 miliardi di dollari di “redditi reali”, quindi calcolati tenendo conto dell’adeguamento del potere d’acquisto all’inflazione. Una cifra enorme che corrisponde circa al Pil della Francia. A metterlo nero su bianco è l’Ocse nel suo ultimo Economic Outlook di settembre 2022 che prevede per il 2023 una crescita globale non superiore al 2,2%. A pagare il “prezzo della guerra”, nome con cui l’organizzazione di Parigi titola il suo ultimo report, c’è soprattutto la Russia. Le stime al 2023 prevedono per il Pil della Federazione una contrazione del 4,5%.
Pil Italia, previsto per il 2023 un aumento dello 0,4%
E se i Paesi dell’Eurozona arrancano con una crescita media del Pil al 2023 di 0,3 punti percentuali in Germania, Paese dipendente dal gas di Putin per il 55%, la crescita subisce un brusco arresto e perde lo 0,7%. Per l’Italia invece è prevista una crescita del Pil al 2023 rivista al ribasso di 0,8 punti percentuali ma che riesce tuttavia ad attestarsi, con lo 0,4%, al di sopra della media europea che naviga a vista sullo 0,3%. Nel grafico in apertura le proiezioni dell’Ocse relative al Pil delle principali economie mondiali.
Pil mondiale, frena anche l’economia del gigante cinese
L’organizzazione ha abbassato le sue previsioni di crescita in quasi tutti i 38 paesi che rappresenta, che includono la maggior parte delle economie avanzate del mondo. Secondo Álvaro Santos Pereira, capo economista dell’OCSE, si prevede una crescita di appena il 3,2% per la Cina per quest’anno e del 4,7% per il prossimo anno, uno dei tassi più bassi per il paese dagli anni ’70. Sull’economia della Repubblica Popolare guidata da Xi Jinping pesano ancora il protocollo Covid-19 e i relativi lockdown a tolleranza zero con 41 città responsabili del 32% del Pil cinese “bloccate” e la debolezza del mercato immobiliare. Per questo Xi Jinping all’ultimo incontro al vertice con Putin ha dichiarato di voler vedere aprirsi un tavolo per la negoziazione della pace in Europa.
Usa, la ricchezza crescerà solo dello 0,5%
Si blocca anche l’economia degli Stati Uniti. Negli Usa, nonostante l’immediato inasprimento della politica monetaria con l’aumento dei tassi d’interesse ad opera della Fed che mira a tirare giù l’inflazione entro il 2024 di almeno 1,4 punti percentuali, la crescita prevista del Pil al 2023 è dello 0,5%, solo 0,2 punti superiore a quella dell’Eurozona.
Polonia, il paese che accoglie i profughi ucraini cresce dell’1,8%
Anche per la Polonia le previsioni mostrano una brusca frenata alla crescita della ricchezza del Paese che confina con l’Ucraina e che ha accolto milioni di profughi ma decisamente inferiore rispetto alla flessione del Pil nell’Eurozona. Per il 2022 la crescita sarà del 4,4%, 1,4 punti percentuali in più rispetto alla media mondiale e le previsioni al 2023 prevedono una variazione positiva dell’1,8%, più del Giappone che si arresta all’1,4, il triplo della Francia dove la crescita del Pil al 2023 non andrà oltre lo 0,6%, secondo la previsione dell’Ocse.
Pil mondiale influenzato dalla guerra
Tuttavia la frenata, malgrado la tenuta dell’economia polacca, è decisamente consistente; Infatti senza guerra il valore del tessuto economico polacco sarebbe cresciuto secondo gli analisti del 6,3%. La Polonia è uno dei paesi europei più in crescita, in trent’anni non mai subito una diminuzione del Pil e solo la pandemia e poi la guerra hanno frenato il “miracolo economico polacco”. Oggi grazie alla forte presenza sui mercati esteri, aumentata del 22,3% nel 2021, il Paese guidato dal premier Mateusz Morawiecki alleato di Fratelli D’Italia nel Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei, entro la fine del 2022 prevede di non avere più bisogno del gas russo grazie alla diplomazia attiva nei Paesi dell’Africa e del Medio Oriente e al previsto completamento del gasdotto Baltic Pipe che collega la Norvegia alla Polonia.
Per l’Europa il primo ostacolo è la carenza di gas
L’indipendenza dal gas russo è la condizione essenziale per sopravvivere alla crisi energetica. I rischi per l’Europa sono altissimi e reali. Prima di tutto a vedersi obbligate a sospendere o interrompere la produzione ci sono le piccole e media imprese ad alta intensità energetica. L’Unione Europea al momento sembra aver accantonato il price cap, nonostante le pressioni di Italia, Belgio e Grecia, e si sta concentrando su un piano per limitare i profitti delle compagnie energetiche per incanalare il denaro verso i consumatori, mentre è sempre più probabile un razionamento dell’energia nel tentativo di domare la crisi.
Crisi energetica, Volkswagen sposta la produzione?
Ma anche i big dell’industria non sono immuni dalla necessità di adottare soluzioni drastiche per sopravvivere alla crisi, è il caso della più grande casa automobilistica europea la Volkswagen che ha dichiarato che è pronta a spostare la produzione verso la Spagna e il Portogallo e le zone costiere del nord Europa per poter beneficiare della vicinanza agli stabilimenti che trasformano il gas liquefatto che arriva via mare.
I dati si riferiscono al: 2022
Fonte: Economic Outlook Ocse